lunedì 30 gennaio 2012

Storia lunatica

Nel 1812 fu pubblicata Kinder und Hausmärchen la raccolta delle Fiabe dei Fratelli Grimm. Una data da ricordare, duecento anni tondi tondi, e che sarà certo ricordata, usata e abusata durante tutto l'anno. Noi cominciamo subito. Uscirà infatti il 2 febbraio in libreria il libro di Andrea Rauch, La luna, rielaborazione di una fiaba, appunto, dei Fratelli Grimm. L’albo, nella collana Fiabe, sarà messo in vendita al prezzo di 12,00 euro.



Una luna che viene da lontano
Andrea Rauch

Mi si scuserà se, almeno per questa volta, sarò costretto a usare spesso il pronome io e il possessivo mio, ma, visto che la storia è strettamente personale, mi ci vedo necessariamente costretto.


Dunque, in questi giorni viene consegnata al distributore, perché la mandi in libreria, una fiaba dei Fratelli Grimm, rielaborata e progettata da chi scrive questa nota: La luna.
Perché scelsi (poi dirò anche perché uso il passato remoto) una fiaba relativamente poco nota è presto detto e me ne faccio forte anche nel retro di copertina del libro: perché Italo Calvino, nella sua prefazione storica al volume delle fiabe dei Grimm edito da Einaudi, giudicò La luna fiaba “perfetta” tra quelle dei due scrittori tedeschi.

Prove, 1977
Lasciamo la parola a Calvino: “Se dovessimo dichiarare quale è per noi la storia più bella del libro, e la più completa di tutte le anime che lo compongono, diremmo che è La luna: mito cosmogonico pagano, novella paesana, iconografia medievale dell’al di là cristiano, comicità dell’assurdo, sono concentrati in un paio di pagine dove la “voce” popolare e la sofisticazione letteraria fanno una cosa sola.

Appena letta questa nota andai subito, com’è ovvio, a prendere visione della fiaba e Calvino aveva ‘quasi’ ragione: nel senso che l’andamento del racconto mi sembrò ‘quasi’ perfetto, eccetto per l’intervento, deus ex machina, di un improbabile San Pietro che mi parve stonare con il nitore, questo sì ‘quasi’ perfetto, del racconto. Mi presi dunque la libertà di riscrivere i Grimm e, secondo una tradizione comune a tutti i tempi e modi della favolistica, di cambiare qua e là qualche particolare della storia. Quando il testo fu, a mio giudizio, bello e definito, ne disegnai un menabò che mi sarebbe servito come guida alle illustrazioni. Suddivisi il testo per le aperture necessarie e schizzai le situazioni. Non solo: mi presi la briga di elaborare anche due o tre immagini ‘definitive’ che sarebbero state le prime del lavoro. Era l’estate del 1977, quasi trentacinque anni fa.

Menabò, 1977


Prova, 1977

Prova, 1977

Non mi ricordo perché quel lavoro fu abbandonato quasi subito. Forse per mancanza di editore, oppure perché ne fui distolto da impegni nuovi e più urgenti. Oppure per caduta di interesse. O magari per una miscela di tutto questo. Fatto sta che quel menabò fu chiuso in un cassetto dove ha dormito della grossa per più di trent’anni, finché lo scorso anno, appena cominciata l’avventura di Prìncipi & Princípi mi è tornato alla mente, l’ho ricercato nei miei cassetti, ho riletto quell’antico canovaccio e, dopo aver scorso le illustrazioni preparate nel 1977 (irrimediabilmente invecchiate!), ho deciso di percorrere una strada nuova, riferita più alla mia storia personale di grafico che a quella di illustratore.

Menabò, 1977



Il risultato, elaborato in pochi giorni dopo i trent’anni di silenzio, è quello che avete sotto gli occhi e se le prime illustrazioni si erano riferite ad una generica ispirazione (o copia!) dei modi di Tomi Ungerer e Michael Foreman, questa definitiva stesura ripercorre una delle vie maestre della grafica, quell’ars combinatoria che, dalla tipografia costruttivista di El Lissitskji, percorre la storia del visual design del novecento, riaffiora con Otl Aicher e la scuola di Ulm, e da lì si estende a tutti i sistemi di segnaletica urbana e direzionale recenti.

El Lissitskji

Otl Aicher

Le tevole della Luna sono assemblaggi di elementi geometrici (perlopiù circonferenze ma anche quadrati, segmenti di linea, pallini…) che diventano, o perlomeno che cercano di diventare, emblematici. Un po’ il procedimento che Leo Lionni aveva usato per Piccolo Blu e Piccolo Giallo (si parva licet…); elementi minimi che si mescolano tra loro, prendono forza e significato dalla vicinanza o dal contrasto con altri elementi simili, finiscono per raccontare una storia esemplarmente simbolica, e possono, con il variare delle posizioni nella pagina, assumere altri significati e suscitare nuove emozioni. Senza dover ricercare, come trent’anni prima, i propri padri nobili nei disegni di Tomi Ungerer o Michael Foreman

Menabò, 1977


1 commento:

  1. è molto interessante vedere come si sviluppa la creazione, questo passaggio da illustrazioni figurative ad astratte è davvero bello e significativo.

    RispondiElimina