Jean-Michel Folon nasce a Uccle, in Belgio, nel 1934. Interrotti gli studi di architettura, alla fine degli anni Cinquanta, si trasferisce a Parigi e inizia l’attività di illustratore. Nel 1970 espone alla Biennale di Venezia. Da questo momento inizia il grande momento internazionale dell’artista, che lo porterà a essere conosciuto e amato ovunque. Dal 1990 si era dedicato prevalentemente alla scultura. Muore nel 2005.
Folon Firenze, matite colorate, 1990
La scultura Folon l’aveva scoperta all’inizio degli anni Novanta quando, insieme a Leo Lionni, aveva visitato, a Bologna, la fonderia Venturi. Abbastanza timidamente espresse allora il desiderio di cimentarsi con il bronzo. L’affermazione lasciò tutti dubbiosamente perplessi: un disegnatore lieve, aereo, delicato come Jean-Michel, come poteva affrontare una tecnica artistica così pesantemente grave come la scultura? Come far volare i suoi omini, gli arcobaleni, gli uccelli, le fiammelle?
Io mi ricordo..., bronzo, Firenze, Forte di Belvedere, 2005
L'uomo che vola, bronzo, Firenze, Forte di Belvedere, 2005
Naturalmente tutti avevano torto (mancanza di fantasia?) e lui ragione, perché da allora gli omini, gli uccellini, gli arcobaleni di Folon si trasferirono su pietra e bronzo, senza rinunciare in nulla alla leggerezza. Erano, se così si può dire, acquarelli di bronzo.
Undicesimo pensiero, bronzo, Firenze, Forte di Belvedere, 2005
Rinunciò però, seguendo il sogno della scultura, quasi completamente alla grafica. Nella grande antologica di Firenze, ultima sua grande mostra prima della morte, 2005, singolarmente non era esposto nemmeno un manifesto. Come nulla c’era dei libri che, tra gli anni Sessanta e Settanta, disegnò per Olivetti: La Metamorfosi di Kafka e Cronache Marziane di Bradbury.
E questo anche se il posto che Folon occupa e occuperà nella storia dell’arte è dovuto al suo modo di fare grafica, al suo essere grafico. Molto di più che al suo essere scultore.
Metamorfosi, illustrazione per volume, Olivetti, 1973
In volo, acquarello, 1975
La Sfinge, acquarello, 1977
Spoleto Festival, manifesto, 1977
Jean-Michel Folon fu davvero, dagli anni Sessanta, l’ultimo grande affichiste. Continuò e concluse l’opera di Cassandre e Savignac. Solo che mentre Savignac usava il suo stile e la sua verve per parlare del prodotto, Folon usava il prodotto per parlare del suo stile. In ogni manifesto, in ogni disegno, in ogni animazione, c’era una sorta di magica autoreferenzialità.
L’adesione al tema era un modo per trasportare l’oggetto nel suo universo grafico rarefatto, nei suoi deserti acquarellati, tra frecce, omini blu, sfingi silenziose e nuvole di panna montata.
Nuvole, acquaforte-acquatinta, 1990
Nuages, acquaforte-acquatinta, 1988
Anni d’oro: periodo in cui, Folon insegnò al mondo come fare l’acquarello, dal punto di vista tecnico, narrativo, poetico. Poi l’universo disegnato di Folon cercò di sostituirsi al mondo reale e l’artista cominciò a interessarsi quasi solo al consolidarsi dello stile. Fu un periodo di appannamento creativo (da cui lo salvò, si può dire, la scultura); il poeta e artista Folon non voleva più confrontarsi con l’arte della strada perché il tempo gli serviva, allora, per lavorare su se stesso.
Testi tratti da: Andrea Rauch, Il mondo come Design e rappresentazione, Usher Arte, 2009
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