mercoledì 25 gennaio 2012

L'immagine di Fiorucci: tra citazione e innovazione


Dalla fine degli anni sessanta, quando Elio Fiorucci fondò a Milano la sua azienda di abbigliamento e la celebre griffe, il suo stile grafico e comunicativo è stato, paradossalmente, l’assoluta mancanza di stilemi definiti e il ricorrere continuo a una specie di bric à brac comunicativo. Un fai da te estremamente efficace comunque. Quello di Fiorucci è stato, infatti, un continuo ricercare dentro la grafica per trarne ‘vecchie’ immagini che diventano ‘nuove’ con il riuso contestualizzato. Il mondo più genuinamente ‘fiorucciano’, in quei primi anni di attività, che vedono l’espansione dell’immagine aziendale e il proliferare di negozi in tutto il mondo, si rifà dunque alle correnti umorali della Pop Art e dell’underground americano, anch’esse filtrate dall’esperienze grafiche, soprattutto americane anch'esse, degli anni Quaranta e Cinquanta, dai fumetti di Brick Bradford e Dick Tracy ad esempio.




I grafici e gli illustratori che lavorarono allora per Fiorucci (Oliviero Toscani, Augusto Vignali, Carlo Pignagnoli, Sauro Mainardi, Mizio Turchet ecc.) scoprirono l’esistenza preziosa di quei metaforici ‘magazzini di immagini già date’ che, variamente intrecciati e mescolati, potevano contribuire a formare una poetica grafica nuova. l'innovazione e la reiterazione del già visto.




L'immagine di Fiorucci si affermò dunque contraddicendo tutti i parametri della grafica sistematica di scuola ‘italiana’, senza assumere il ‘marchio’ come elemento centrale e irrinunciabile. Ogni manifesto, ogni sticker (ne furono disegnati e prodotti centinaia), ogni etichetta, disegnava il logotipo Fiorucci in modo diverso e originale, legandosi solo alla fantasia e alla voglia del momento e mostrando un’anarchica e salutare irriverenza per il concetto ‘sacro’, allora, di Immagine Coordinata.
Senza ‘metodo’ Fiorucci riuscì a costruire un metodo grafico ‘fortissimo’. Un’immagine perfettamente riconoscibile che si declinava per sommatoria di immagini diverse. Quella che allora i teorici chiamavano ‘grafica debole’, diventava, per reiterazione e capacità di diffusione capillare, una grafica fortissima e vincente.








2 commenti:

  1. ciao! post molto interessante!!! posso chiederti da quale libro hai tratto le informazioni? (la mia tesi di laurea si basa sulla trasformazione della grafica,e vorrei fare un capitolo sull'immagine coordinata della Fiorucci). ti lascio la mia email cunka90@hotmail.it.
    grazie!

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    1. Sicuro che la tua mail sia esatta?
      Il sistema ci dice di no. Comunque ecco quello che ti avevo risposto:

      La scheda su Fiorucci è presa da un mio libro di qualche anno fa (2005)edito da Electa Mondadori e inserito dentro Panorama.
      Si intitolava Grafica. Graphic Design... ed era il numero 7 della serie Grandi Arti Contemporanee. Non credo sia ancora reperibile.
      Fiorucci dovrebbe comunque avere qualche pubblicazione
      specifica sulla sua immagine.

      Saluti

      andrea rauch

      ciao

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