venerdì 30 novembre 2012

Venere e lo scimmiotto

Cecco Mariniello espone il suo Aperitivo con Afrodite, alla Galleria Libreria Babele (Firenze, via delle Belle Donne 41/r), dal 1 Dicembre 2012 all’8 Gennaio 2013. Inaugurazione della mostra, alla presenza dell'artista, sabato 1 Dicembre, alle ore 17.30.
Curata da Laura Accordi, la rassegna presenta diciassette dipinti a olio e due litografie, sul tema della memoria. Un incontro con l’armonia e la bellezza, dove spicca la riscoperta del mito di Anadyomene, la Venere che emerge dalle acque, in un gioco allusivo di alternanze ironiche fra passato e presente.




La dimensione onirica di Cecco
Carlo Gattai

Artista figurativo, Cecco Mariniello ama definirsi pittore neo-romantico e comico trascendentale. Lontano dall’iperrealismo, rende la rappresentazione della realtà in modo assolutamente personale e originale.
Mariniello guarda ai maestri del manierismo, ai dipinti rococò, alle foto degli anni sessanta; utilizza colori chiari e luminosii; disegna contorni netti e spazi talvolta tanto appiattiti da apparire privi di profondità, che esaltano con sofisticata ironia la dimensione onirica di ciò che vuole rappresentare.



Le figure femminili sono protagoniste e, trasfigurate in varie forme, appaiono come ninfe, sirene, dee e vestali. Archetipo di divinità femminile legato ad Afrodite, emerge una presenza, che diviene quasi ossessiva, d’improbabili pesci, simboli di purezza legati all’acqua e alla simbologia della vita.

Da qualche tempo - spiega Laura Accordi - Mariniello ha ripreso, con grande energia, l’avventura artistica della sua gioventù: il dipinto a olio su tela, in cui si sente libero di esprimersi senza il vincolo di un testoI soggetti di queste opere, destinate a essere proposte non più all’editoria ma al pubblico dei collezionisti, sono figurativi, lo spazio prospettico. E l’ispirazione gioca fra la memoria individuale e il mito, fra gli affetti e la metafisica, fra le emozioni e il grottesco, fra l’ironia e la più coinvolgente liricità”.



Nella pittura - confessa Mariniello - trovo un’oasi felice di libertà, in cui liberamente invento senza dover rendere conto di nulla, a nessuno. La mia fantasia vaga in una terra di confine tra il genere comico e quello lirico, mescolando la luce con l’ombra, l’infanzia con l’età adulta e la tenerezza con la cattiveria. E lì, intanto, l’arte del disegno e del colore cerca di abbandonare ogni stereotipo e di affinarsi in una forma che non sia ripetibile”.

Attraverso figure in cui l’artista s’identifica o immagini simboliche, calate in atmosfere allusive ed evocatrici, liricamente ispirate, Mariniello sembra interrogarsi sulla propria identità, sulla sua vita e sul significato dei rapporti umani.



La fusione di elementi classici e moderni danno alle sue composizioni armonia ritmica e liricità, mentre le componenti simboliche stravaganti infondono la carica paradossale e provocatoria del clima metafisico: lo scimpanzé, che serve champagne alla fanciulla; la balena, che appare dal rigonfiarsi delle onde; immensi e attoniti pesci palla, che sulla spiaggia si misurano con l’affascinato stupore di un ragazzo insonne; l’enorme fiocco rosa della bambina, che aspetta con il cagnolino.

giovedì 29 novembre 2012

Federico Maggioni s'abbuffa

Inaugura sabato prossimo, 1 Dicembre, alle 17,00, la mostra annuale dell'associazione Tapirulan, dedicata quest'anno al Buffet. Al solito sarà allestita nella suggestiva cornice di Santa Maria della Pietà, a Cremona, e presenterà le opere dei 40 autori selezionati a seguito del concorso per illustratori.

Illustrazione di Federico Maggioni per Buffet

Presidente della giuria del concorso è stato quest'anno Federico Maggioni e, anche questa è ormai una tradizione del Premio, la mostra cremonese presenterà una ricchissima selezione del suo lavoro più che quarantennale di illustratore e artista.
Maggioni, per mutuare una terminologia cara al mondo del calcio, è sicuramente un top illustrator, capace di rileggere le storie che illustra con una personalità curiosa e attenta, mai ripetitiva e banale, mai limitata all'estatica contemplazione del proprio ombelico.
I Promessi sposi, illustrazione di Federico Maggioni

Abbiamo più volte parlato dei differenti modi di illustrare i libri, tra chi si mantiene il più possibile vicino alle parole del testo e chi invece rilegge la storia alla luce di una propria metafora. Maggioni, addirittura, crea, se così si può dire, un modo di illustrare 'dedicato' e quasi autonomo per ogni disegno. Le sue tavole vanno poi a ricomporre l'insieme della storia affrontata tramite i segni, gli ammiccamenti, i rimandi, le allusioni di ogni singola illustrazione.

Copertina di Federico Maggioni e Alberto Rebori per Cuore

In mostra a Cremona si potranno ammirare le tavole famose de I promessi sposi, del Cuore e quelle, le nostre preferite, del Cavaliere inesistente. Una lezione di eleganza formale e di profondità d'ispirazione per un grande maestro dell'illustrazione internazionale.

Copertina di Federico Maggioni per Il Cavaliere inesistente

martedì 27 novembre 2012

Gianna e Roberto in pensione?


Dopo quasi sei anni dal suo ingresso nella Libreria dei Ragazzi come socio di maggioranza, Il Castoro arriva a completare la sua partecipazione acquisendo la libreria al 100%.  A conclusione dei festeggiamenti per i quarant’anni della Libreria da loro fondata, Roberto Denti e Gianna Vitali hanno deciso di ritirarsi.

È questo il passaggio più importante del comunicato stampa che Paola Malgrati del Castoro ci ha inviato questa sera verso le otto.
Era già nell’aria. Abbiamo visto Gianna e Roberto poche settimane fa all’Aquila, in una delle tante trasferte in su e giù per l’Italia a raccontarci cos’è o cosa dovrebbe essere l’editoria per ragazzi, e lui ci aveva detto di essere stanco e che forse era il momento di andare in pensione.

Roberto Denti e Gianna Vitali al Museo Luzzati di Genova, 2011

Come se potessimo immaginare Roberto lontano dai libri e dai ragazzi, dal profumo della carta e dell’inchiostro. E oggi cosa dovremmo fare? Stappare una bottiglia di spumante, versarlo ai colleghi in bicchieri di carta, tagliare una fetta di torta e immaginarci Gianna e Roberto in pensione, ai giardinetti a leggere il giornale, aspettando l’ora di pranzo?

Noi continueremo a figurarceli con i loro libri e i loro giudizi, competenti e acuti, di cui a volte avevamo addirittura paura. Continueremo a sperare di vederli in tutti i luoghi dove si elabora l’idea di bambino e l’idea di libro. Noi continueremo a spedir loro le ultime novità in attesa di una telefonata che ci dia un parere e un conforto, se meritato, per il nostro lavoro.

Dopo le parole di rito, i ringraziamenti, il ricordo del cammino comune eccetera, il comunicato del Castoro getta un ponte inquietante verso il futuro, annunciando, nei righi finali “…un nuovo corso che vedrà aprirsi nuovi scenari e che comporterà profonde innovazioni, di cui sarà dato l'annuncio nei prossimi mesi.

Il futuro è già cominciato e il passato già ci manca.

lunedì 26 novembre 2012

I pantaloni rosa di Evelina e Adalberto



In questi giorni, al Pisa Book Festival, ci siamo trovati spesso a raccontare, a bambini e adulti, la storia della rinocerontina Evelina che, distratta com’è, la mattina non riesce a trovare il suo corno rosso ciliegia del martedi (i rinoceronti, come sanno tutti, di notte si tolgono il corno, altrimenti non possono dormire comodi!) e deve mettersi un altro corno, quello verde mela del mercoledi. Evelina non è però dispiaciuta, perché il corno verde mela dà alla sua pelle e ai suoi occhi, un bel riflesso.



Evelina è contenta, ma tutti, alla fermata dell’autobus, al lavoro in ufficio, la guardano storto. Lei non si è adeguata al conformismo generale, è diversa, e la cosa suscita disapprovazione e disprezzo. Evelina comincia a sentire il peso della sua differenza, lei con quel corno verde mela che pure le piace tanto, e se ne vergogna. Ma per fortuna Adalberto, il rinocerontino spettinato e trasandato, con la camicia fuori dei pantaloni, che, anche lui, ha smarrito il corno rosso ciliegia e ha dovuto mettersi il corno giallo scuolabus del lunedi, la vede e la trova bellissima.
A Evelina allora non importa più nulla: la sua diversità non è più uno svantaggio ma una opportunità. Il corno verde mela è un’affermazione di identità da coltivare e rispettare.

Evelina e Adalberto


Al Pisa Book concludevamo il nostro racconto con un pensiero per Davide, il ragazzo romano che in questi giorni, si è suicidato a quindici anni, perché era diverso e non sopportava più gli sberleffi maligni sui suoi ‘pantaloni rosa’.
Ecco, una società che non accetta le diversità, che non riesce a convivere con esse, è una società brutta e sbagliata. Evelina e Adalberto, che della loro differenza hanno fatto un punto di forza gioioso e irrinunciabile, oggi hanno indossato un corno rosa shocking in ricordo di Davide. Lui non potrà vedere Evelina e Adalberto ma loro, con i loro corni rosa, sono davvero bellissimi. Come bellissimo sarebbe stato Davide.

domenica 25 novembre 2012

Caccia alle rane


Michele Petrucci, A caccia di rane, Topipittori 2012, Collana Gli anni in tasca Graphic, pagine 108, 16,00 euro. 

Cominciamo col dire che nel racconto grafico di Michele PetrucciA caccia di rane, le rane non ci sono proprio, o meglio, fanno la loro comparsa solo nel finale, in due pagine che ci raccontano come catturarle.
Però già dal titolo veniva voglia di andare con la memoria ad un tempo in cui le rane c’erano, e molte, saltellavano sulle strade che costeggiavano le risaie, popolavano i torrenti e i fiumiciattoli. Già, ma i fiumiciattoli ci sono ancora? E le risaie?



Davanti alla porta della casa dove abito adesso, ai margini di una campagna che non è quella marchigiana di Michele Petrucci, ma che è pur sempre campagna, nelle sere tiepide d’estate stazionava un enorme rospo grigio verde, immobile e scuro. Sembrava una statua di gesso dipinta, tanto era difficile vederlo muovere. Lentissimo, certo, solo che bastava distrarsi un attimo e puff, il rospo, quasi fosse quello incantato delle favole, se ne spariva nel nulla. Per riapparire una, o due, sere dopo.

Si dirà che ho cominciato a divagare e che tutto questo non ha nulla a che vedere con il graphic novel di Michele Petrucci. Credo invece che tutto questo abbia molto a che fare con il libro di Michele perché la sua narrazione ha la capacità di elaborare un ricordo personale, la sua estate del 1982, e al tempo stesso di suscitare, in chi legge la storia e guarda i disegni, il ricordo di proprie storie e esperienze. Una storia, dunque, che racconta tutte le storie e che si trasforma e adegua continuamente.



Lo dice lo stesso autore ricordando la costruzione del libro : “Il mio libro parla del ricordo e di come il tempo possa modificarlo e spesso abbellirlo. Da alcuni recenti studi si è scoperto che i ricordi non vengono "stampati" nel nostro cervello per poi consumarsi pian piano con il tempo. Il cervello aggiorna continuamente i nostri ricordi, li "ricostruisce"periodicamente.
Per fare un paragone, è un processo che non assomiglia tanto all'emulsione di una pellicola, ma piuttosto a uno spettacolo teatrale che viene continuamente messo in scena e che quindi ogni volta cambia un poco. Il lavoro che ho fatto in A caccia di rane è stato quindi, prima di tutto, un lavoro di ricerca personale, per far affiorare anche i lati meno luminosi e gioiosi (che sono ovviamente tanti) della mia infanzia.

Tutti noi da ragazzi, se abitavamo appena vicino ad una qualsiasi campagna, siamo saliti su un albero, abbiamo avuto paura di un contadino bizzoso e lunatico, abbiamo avuto amici del cuore che abbiamo deluso e che ci hanno deluso. Tutti abbiamo da raccontare un viaggio fantastico con il nostro babbo, tutti siamo stati messi a letto, nei pomeriggi caldi d’estate, per un riposino non sempre gradevole o gradito.



La memoria del bambino Michele del 1982 si lega quindi alla nostra memoria, alle giornate passate a scovare giochi nuovi, a inventarsi un mondo semplice e meraviglioso che allora era a portata di mano, e che non ci appariva né scontroso né ostile. Era il mondo dei nostri pomeriggi ‘a caccia di rane’, quello dove l’Italia diventava campione del mondo battendo in finale la Germania (3-1), dove i flipper si apprestavano a lasciare il passo alle nuove diavolerie elettroniche, dove la televisione cominciava ad offrire i cartoni animati giapponesi (Michele Petrucci ci racconta del Tigre, ma chi di noi ha dimenticato Goldrake o Mazinga?)

Le rane di Petrucci sono, quindi, da una parte una madeleine proustiana che fa affiorare il ricordo, ma anche lo spartiacque tra un mondo e un altro, quello prima e quello dopo le rane. È un viaggio dentro l’infanzia, all’interno della memoria dell’infanzia, nel momento stesso in cui quell’età cerca di sfuggirci tra le dita e abbandonarci per sempre. Ed è un racconto delicato e nostalgico, fatto di poche cose, di esperienze minime, destinate però a lasciare dentro di noi segni indelebili, che basta poco, il ricordo di una rana, a far riaffiorare.

Per saperne di più: http://topipittori.blogspot.it/2012/05/concerto-per-rane-ricordi-e-bambini.html

venerdì 23 novembre 2012

Mai più sola!

Domenica, 25 novembre, si celebra la Giornata contro la violenza sulle donne. I giornali saranno pieni di commenti e statistiche e così possiamo saltarli a pie' pari.

Qui vogliamo solo ricordare che la Giornata venne istituita nel 1999 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite e che il 25 novembre fu scelto in ricordo delle sorelle Miribal "... considerate esempio di donne rivoluzionarie - dice Wikipedia - per l'impegno con cui tentarono di contrastare il regime di Rafael Leónidas Trujillo (1930-1961), il dittatore che tenne la Repubblica Dominicana nell'arretratezza e nel caos per oltre 30 anni".

Le sorelle Miribal, continua Wikipedia "...  il 25 novembre 1960 mentre si recavano a far visita ai loro mariti in prigione, furono bloccate sulla strada da agenti del Servizio di informazione militare. Condotte in un luogo nascosto nelle vicinanze furono torturate, massacrate a colpi e strangolate, per poi essere gettate in un precipizio, a bordo della loro auto, per simulare un incidente. L'assassinio delle sorelle Mirabal è ricordato come uno dei più truci della storia dominicana".

Due manifesti di Andrea Rauch per la Regione Toscana, 2009


mercoledì 21 novembre 2012

Letteratura d'urto: 4. Logos

Quarto estratto dal convegno  Letteratura d'urto, dopo quelli di Andrea Rauch di Prìncipi & Princípi,  Fausta OrecchioOrecchio Acerbo e Giovanna Zoboli, Topipittori. Interviene Lina Vergara Huilcaman, direttore editoriale di Illustrati Logos




Cosa far leggere agli umani?
Lina Vergara Huilcaman

Quando io ero piccola, nessuno mi ha mai detto di leggere o cosa leggere.
Erano altri tempi, tempi in cui i bambini andavamo in bicicletta da soli, giocavamo nei parchi o per strada, tempi in cui non avevamo niente da fare, nemmeno i compiti, perché esistevano i bambini a cui piaceva studiare e quelli a cui invece piaceva andare a spasso.
Avevamo un sacco di tempo libero a disposizione, senza troppi corsi da fare, pochi praticavano sport a livello agonistico, pochi erano in grado o avevano la possibilità di suonare un qualche strumento musicale… eravamo liberi di essere bambini.
E non esistevano i video giochi, alla televisione c’erano pochi cartoni animati e quindi non ci restava che giocare ovunque e comunque con tutto.
E nelle lunghe ore di ozio, in quelle giornate che sembravano non finire mai, mentre tutti erano occupati a fare qualcosa, a qualcuno di noi capitava di ascoltare le storie dei nonni, la radio o di sfogliare dei libri che trovava in giro per casa.

Ana Juan, PromesseLogos

A casa mia c’era uno scaffale di libri della famiglia, dove ognuno di noi poteva andare e leggere quello che gli pareva, me inclusa. Mi hanno insegnato prestissimo a non romperli, ma nessuno ha mai controllato cosa leggessi. Ogni tanto ne compravano qualcuno anche a me, ma senza altro criterio che il desiderio di condividere i loro amori senza badare molto a se avessi o meno l’età per leggerli. Erano semplicemente libri che i miei genitori credevano che dovessi avere e che prima o poi avrei potuto leggere, anche se il poi poteva essere un molto poi.


Perché i libri, almeno nella casa in cui sono cresciuta, non hanno mai avuto una data di consumo.
Se devo pensare a quale sia stato il mio libro preferito, oltre ad Asterix il cui primo volume mi fu regalato quando avevo due anni, credo che in assoluto il più da me sfogliato sia stato l’enciclopedia medica di mia zia che in un qualche momento della sua vita aveva deciso di studiare medicina. Passavo pomeriggi interi a sfogliarla solleticando la nausea con tutte quelle foto sulle deformità, malformazioni e degenerazioni virulente… e da lì, ma anche da altri episodi, mi è rimasto il gusto per l’orrido o estremamente reale come lo chiamo io.
Tutto questo solo per dire che quando di stimolo o incentivo alla lettura si parla, credo che sia necessario soprattutto sapere chi si ha davanti.




Beatriz Martin Vidal, Little Red, Logos

Un bambino dovrebbe essere considerato un essere pensante capace di decidere cosa gli piace, un individuo con gusti già ben definiti seppur possano cambiare nel tempo, e non certo un animaletto da plasmare secondo parametri strambi.
Anche se possiamo generalizzare in tutti gli ambiti e in tutte le categorie, credo che alla base dell’intrattenimento, che è il grande valore della lettura, oltre alla fame di sapere che non tutti possediamo, ci sia il rispetto dell’individualità di ognuno, anche se stiamo parlando di giovani.

Come mamma ho dovuto mille volte adeguarmi al fatto che i miei figli vogliano leggere libri che io non avrei mai acquistato, o dovuto far fronte a liste di letture consigliate per l’estate dall’insegnante di lettere che non tenevano assolutamente conto del livello intellettuale di mia figlia né tantomeno dei suoi gusti. Le letture consigliate sono liste noiose di tutto ciò che ognuno di noi dovrebbe aver letto per essere considerato una persona con un certo grado di istruzione, ma non esiste a mio avviso una lista predefinita di cose che dobbiamo “leggere” per “essere”.



Emmanuelle Houdart, Il guardaroba, Logos

La lettura come forma di intrattenimento e di acculturazione dovrebbe essere libera, perché non credo si possa predefinire o circoscrivere qualcosa come la cultura.
Siamo diventati un popolo standard, senza personalità. Tutti i programmi, le statistiche, la moda, tutto ciò che ci circonda è basato su un ideale di persona che non credo esista se non sulle copertine delle riviste, e sulla base di questo ologramma/persona che è sempre serena, mite, che non causa mai conflitti e che adempie a pieno con tutti i suoi doveri socio-politici basiamo tutte le nostre scelte, anche quelle editoriali.
Ma siamo individui, ognuno con la propria storia personale e la propria singolarità, e siamo talmente troppi che è facile che ciò che piace a me possa piacere anche ad altri, non tutto forse, ma esiste sicuramente uno o più punti di incontro. Nella tolleranza, nel rispetto dell’individualità degli altri.

Ora la domanda è: cosa scegliere da far leggere ai bambini o agli umani in generale?
Dico umani in generale perché nel mio caso, come editore, i libri non hanno età ma gusti.
Logos non fa libri per bambini, non fa libri nemmeno per adulti, solo libri illustrati. Ogni tanto mettiamo un’etichetta per maggiori di 14 anni, ma solo per evitare grane ai librai che potrebbero vendere un libro un po’ forte a una di quelle mamme in missione pedagogica che acquistano i libri senza guardarne bene il contenuto, cosa che va benissimo se dopo non ci si scandalizza.
L’unico criterio di selezione è quel gusto che resta in bocca dopo aver letto, sia esso triste o truce, o buffo o divertente, con una particolare attenzione alle illustrazioni perché ci piacciono, e alla carta, perché siamo tattili quando il budget lo permette.



Roger Olmos, Storia di un bambino buono/ Storia di un bambino cattivo, Testo di Mark Twain, Logos

Illustrati nasce dall’idea che la prima vera lettura del mondo si fa attraverso le immagini, anche se si è già cresciuti.
Quando siamo piccoli e non abbiamo ancora imparato a leggere, quando ancora non veniamo messi in discussione, apriamo gli occhi verso tutto ciò che ci appare.
Occhi grandi come case che cercano di assorbire, decifrare e capire tutto ciò che accade e sono solo immagini. Verranno poi le lettere, i numeri, le note musicali… ma prima di tutto le immagini. Ed è attraverso le immagini che credo si possa stabilire un primo avvicinamento con la lettura, sia che si tratti di bambini che ancora devono imparare a leggere, o che si tratti invece di adulti che non hanno mai amato leggere.

martedì 20 novembre 2012

I gatti pop di Sebastiano Ranchetti

Dopo i 'vecchi cani' di Giovanna Durì prepariamoci ad accogliere i gatti pop di Sebastiano Ranchetti. E tanto quelli erano bianconeri, avviliti, quasi rassegnati, tanto questi sono allegri e squillanti di colore, modulati con i toni della più scintillante cromia pop art.


I gatti di Sebastiano Ranchetti, grafico editoriale e illustratore, ti guardano furbetti, sbadigliano, si stirano, non hanno paura a fissarti negli occhi, sono alteri e sfrontati. Sebastiano ogni anno li confeziona in calendario a ricordarci il nostro inesorabile scorrere del tempo. 

Quest'anno esporrà le tavole in digitale presso ibs.it, a Firenze in via Cerretani 16 r. La vernice di Pop Cats è fissata per sabato 24 novembre alle ore 19. Ci sarà naturalmente l'autore, i testi di Fosco D'Amelio e la voce di Pierangelo Orecchioni








lunedì 19 novembre 2012

Scarabattola/ Scarabottolo

(a. r.) Ho introdotto, con grande piacere, Sotto le copertine, la mostra di Guido Scarabottolo a Fiesole, Museo Archeologico, sabato pomeriggio, 17 novembre. Il giorno prima, 16 novembre, si era inaugurata un'altra mostra di Guido, Devo pensare ancora, alla Libreria Babele di Firenze. Come si usa mi ero preparato una 'scaletta', un piccolo testo che avrei dovuto leggere, e avevo ripassato bene la lezione, per così dire. Poi, naturalmente ho lasciato il foglio in tasca e , come quasi sempre capita, ho parlato a braccio, o forse dovrei meglio dire, a vànvera, secondo la fantasia del momento. Ma perché mai buttare via quel testo? 



Sempre lo stesso disegno...
Andrea Rauch

Scarabottolo con il minimo sforzo, cambiando cioè solo due vocali, diventa scarabattola che sarebbe, secondo la definizione del dizionario una “… vetrinetta che contiene argenteria o oggetti più o meno preziosi”, oppure, altra definizione che va ad aggiungersi alla prima, “… edicola a vetri che espone immagini e oggetti sacri.

Ignoro l’etimologia della parola, ma so che esiste anche la versione maschile, scarabattolo, con lo stesso significato. Qui il cambiamento si riduce della metà, una sola vocale. Lecito, anzi doveroso, ipotizzare che la stessa etimologia porti al nostro Scarabottolo.

Dunque Guido potrebbe a giusto titolo essere definito una “vetrinetta che contiene oggetti più o meno preziosi”. E la definizione, anche se azzardata, avrebbe certo una sua pertinenza, se pensiamo che nelle più tradizionali 'scarabattole' (ad esempio quelle del presepio napoletano) gli oggetti vanno a comporre un unicum compositivo complesso, variegato, caotico, ma pur sempre avvertibile e riconoscibile. Cosa che fa anche Guido, ricomponendo un quadro d’insieme che è, d’altra parte, la somma di ogni singola tessera di mosaico.

Guido Scarabottolo alla Libreria Babele

Le copertine di Guido Scarabottolo quindi sono singoli elementi narrativi che vivono una vita propria e autonoma in sintonia con il libro che ricoprono, ma sono anche brandelli del discorso complessivo che l’artista svolge con il disegno: ed è quest’ultimo un discorso autoreferenziale, che riguarda solo l’artista, e ha con i libri ‘copertinati’ contatti precisi, ma che potremmo definire, anche, casuali e ininfluenti.

Si potrebbe quindi parlare, come abbiamo fatto altre volte, dell’elegante understatement di Guido, di quel suo mai prendersi troppo sul serio, si potrebbe raccontare della sua ironia, del suo tono di voce sempre in punta di piedi, della sua riservatezza, della sua gentilezza e disponibilità. Si potrebbe parlare ancora una volta del ‘maestro silenzioso’, di quel suo entrare in rapporto quasi panico con gli oggetti (la sedia che si siede su una sedia, i deserti ingombrati da oggetti di design…), oppure della sua tecnica di disegno, della sua ricognizione nel mondo della riproduzione tecnica, ma questo non ci aiuterebbe ad andare a parare dove volevamo.
Di più ci aiuta una frase dello stesso artista, incastonata nella prefazione del suo “Sotto le copertine”:
Provate a immaginare un pittore che durante la sua vita fa un solo grande disegno, composto da tutti i disegni che ha, quotidianamente, fatto. Sempre lo stesso disegno.”

Guido Scarabottolo e Laura Accordi alla Libreria Babele

Ecco, provate a immaginarlo e avrete forse il ritratto del Guido Scarabottolo che tutti amiano. Sempre lo stesso disegno. Sempre però differente. Sempre in grado di tessere un discorso a tutto tondo sulla sua arte ma anche di rappresentare, con proprietà, il tema del momento, l’oggetto della commissione.

Tutti i pezzettini che Guido ogni giorno ci mostra con il suo lavoro fanno parte di quel grande, unico, disegno totale, che ritrae la cifra stilistica, la personalità, l’anima dell’artista.
Sono tutti oggetti che si offrono alla nostra vista uno per uno, copertina per copertina, disegno per disegno, ma tutti vengono accostati l’uno all’altro e raccolti, visione d’insieme, in un’ideale “ ... vetrinetta che contiene argenteria o oggetti più o meno preziosi”. In una scarabattola, come volevasi dimostrare.

Guido Scarabottolo e il Beato Angelico a San Giovanni Valdarno

domenica 18 novembre 2012

Commovente?


Come tutti anche noi siamo sensibili ai complimenti e, quando qualcuno ci dice che un nostro libro è bello ci ringalluzziamo tutti. Così siamo molto contenti dei consensi che, in giro, sta riscuotendo il libro di Arianna Papini La quaglia e il sasso, in libreria da una quindicina di giorni.

Quello che ci ha stupito di più è stato comunque il ‘tono’ del consenso. Molti lettori o amici che hanno visto la storia di Arianna l’hanno definita ‘commovente’ (crediamo che non si offenderanno se citiamo, a mo’ d’esempio, Teresa Porcella, Lola Barcelò, Valeria Baudo, Silvana Sola, pareri non certo qualunque).


Perché dunque commovente?  La quaglia e  il sasso è la storia dell’uccellino (o dovremmo dire dell’uccellina?) che cova un grande sasso finché non si schiude. Possiamo aggiungere, senza falsa modestia, che è un bel libro ma probabilmente quell’aggettivo (commovente) non arriva tanto dalla qualità del lavoro di Arianna, ma dal tema trattato. La maternità, o l’assenza della maternità, l’orologio biologico che, a un certo punto della vita, fa tic tac all’interno di ogni donna, il nervo scoperto, molto sensibile, che viene toccato dalla storia possono portare ad una forte reazione emotiva. Ci racconta Arianna che, infaticabile, va qua e là a presentare il libro, che non sono poche le donne che, di fronte a questa piccola grande storia, scoppiano a piangere.


Arianna Papini presenterà ancora una volta La Quaglia e il sasso alla libreria Cuccumeo di Firenze nel pomeriggio di venerdi 23 novembre insieme alla mostra dei suoi disegni. Due giorni dopo, la domenica mattina del 25 novembre, sarà al Pisa Book Festival, al nostro stand, per dedicare il libro e parlare con i lettori. Due occasioni per misurare quanta ‘commozione’ saprà ancora suscitare la nostra piccola quaglia.

giovedì 15 novembre 2012

Letteratura d'urto: 3. Topipittori

Terzo intervento dal convegno  Letteratura d'urto, dopo quello di Andrea Rauch di Prìncipi & Princípi e Fausta Orecchio, Orecchio Acerbo. Interviene Giovanna Zoboli, direttore editoriale della casa editrice Topipittori. Il testo è già stato pubblicato sul blog di Topipittori.


Ascoltare, guardare, pensare: 
il tempo a tre dimensioni della lettura 
Giovanna Zoboli

Più volte, negli ultimi anni, mi è capitato di leggere o ascoltare discorsi in cui letteratura e intrattenimento sono fatti coincidere. A volte esplicitamente fatti corrispondere: a un convegno di letteratura per ragazzi, una voce nota di Radio 3 Rai (canale di cui, peraltro, ammiro incondizionatamente il lavoro), ipotizzava che l'unica salvezza per la letteratura sia quella di confluire nell'ampio fiume dell'intrattenimento.

Nel 2004, quando è nata Topipittori, Paolo Canton e io abbiamo cominciato a fare libri con l'idea che dei libri è andata formandosi in noi nel tempo, fin da bambini. Cioè quella che i libri sono un riferimento imprescindibile nella vita delle persone. Un eccezionale strumento di scoperta, di arricchimento costante e di personale miglioramento. Un canale sempre aperto di dialogo con se stessi e con gli altri. Una educazione silenziosa e meravigliosa al pensiero, allo sguardo e all'attenzione. In poche parole: una chiave insostituibile di accesso al mondo.


Se intrattenimento significa essere “trattenuti in” da qualcosa (pratica che prescrive un intrattenitore, attivo, e un intrattenuto, passivo...) ecco: allora il significato del libro per noi va esattamente in senso opposto. Il libro per noi è qualcosa che costringe, quando ne facciamo realmente esperienza, non a trattenerci dove siamo, ma a muoverci verso, a uscire dal luogo delle nostre conoscenze e certezze, per imboccare strade nuove. E il senso del libro, il suo movimento dal noto all'ignoto, nasce dalla stretta collaborazione fra chi lo fa e chi lo legge: è un confronto costante, dove ci sono due protagonisti entrambi attivissimi.


I nostri libri nascono da questa idea. Gran parte dei nostri libri sono illustrati: l'idea di lavorare con le immagini, oltre che con la parola, fin dall'inizio ci ha dischiuso un campo ricchissimo di possibilità. Perché al pari della parola le immagini ci sono sembrate strumenti eccezionali, efficaci e potenti di senso, narrazione, formazione e strutturazione del pensiero. Concetto, questo, che non sempre è facile comunicare poiché all'immagine, nel nostro tempo e nella nostra cultura, si tende ad associare un significato deteriore. Un pregiudizio duro a morire, che finisce poi per avvallare un uso squalificante dell'immagine nel libro per ragazzi, creando un circolo vizioso.



Per questo, da che siamo nati, abbiamo capito che per sostenere questa idea di libro e in particolare di libro illustrato, è necessario rivolgere tempo ed energie alla formazione di quegli adulti che coi libri per bambini hanno a che fare. Lo abbiamo fatto attraverso corsi, penso al primo, quello tenuto dal 2005 a Bologna, all'Accademia Drosselmeier, sulla parola e l'immagine nel picture book (ma anche a numerosi altri), agli interventi critici su riviste e pubblicazioni, al Catalogone, che editiamo dal 2007, pubblicazione dedicata all'analisi dei libri illustrati, diffusa gratuitamente e destinata in particolare a bibliotecari, insegnanti, genitori, librai educatori (che oggi condividiamo con altri editori; per visualizzare i catalogoni vai sul sito alla pagina: http://www.topipittori.it/it/catalogoni ) e in ultimo, penso al blog (http://topipittori.blogspot.it/ ), aggiornato quotidianamente, e on line dal 2010, che tratta, toccandolo nei modi più diversi, il tema della cultura rivolta ai bambini e ai ragazzi, e che ha i bambini e i ragazzi come protagonisti.


Per quel che riguarda il fare libri, siccome nessuno “nasce imparato” e non esistono scuole per diventare editori. Col tempo pensiamo di aver migliorato le nostre competenze: abbiamo appreso dagli errori, dalla pratica, dallo studio. Oggi ci sembra che i nostri libri siano abbastanza soddisfacenti anche se, ovviamente, quello che ci piacerebbe è fare libri straordinari. E non per puro narcisismo. Ma perché la lettura non dovrebbe mai essere un'esperienza ordinaria. Ogni vera esperienza, per essere davvero tale, per un adulto o per un bambino, deve essere attiva. Il libro non fa differenza. Per questo è necessario che un libro sia straordinario, esattamente come straordinario è l'albero su cui un bambino si arrampica, l'amico con cui gioca, il gioco nuovo per cui costruisce nuove regole, il colore con cui disegna, lo scoglio da cui si tuffa. Tutte attività ben lungi dal poter essere ridotte a intrattenimento, ma veri e propri momenti che danno senso, verità e intensità alla vita.


Se il libro non ha questa forza, difficilmente potrà competere con la potenza che hanno le altre esperienze del bambini. Ed è per questo che bisognerebbe proporsi di dare ai bambini, e di fare per  i bambini, libri straordinari, che poi altro non vuol dire che libri capaci di assorbire, incantare,
sorprendere, coinvolgere, spiazzare, pensare, facendo dell'esperienza del libro un processo da cui si esce trasformati, come trasformati si esce dal gioco. E facendo della lettura uno spazio tridimensionale: reso tridimensionale dalla complessità, dal piacere dell'atto che la lettura comporta: ascoltare, guardare, pensare. Uno spazio, come il gioco, ideale per scoprire.



Anche gli ultimi titoli del nostro catalogo, appena usciti in questo autunno 2012, sono realizzati pensando proprio a soddisfare il bisogno di complessità e di scoperta dei bambini e dei ragazzi.