Sempre lo stesso disegno...
Andrea Rauch
Scarabottolo con il minimo sforzo, cambiando cioè solo due vocali, diventa scarabattola che sarebbe, secondo la definizione del dizionario una “… vetrinetta che contiene argenteria o oggetti più o meno preziosi”, oppure, altra definizione che va ad aggiungersi alla prima, “… edicola a vetri che espone immagini e oggetti sacri.”
Ignoro l’etimologia della parola, ma so che esiste anche la versione maschile, scarabattolo, con lo stesso significato. Qui il cambiamento si riduce della metà, una sola vocale. Lecito, anzi doveroso, ipotizzare che la stessa etimologia porti al nostro Scarabottolo.
Dunque Guido potrebbe a giusto titolo essere definito una “vetrinetta che contiene oggetti più o meno preziosi”. E la definizione, anche se azzardata, avrebbe certo una sua pertinenza, se pensiamo che nelle più tradizionali 'scarabattole' (ad esempio quelle del presepio napoletano) gli oggetti vanno a comporre un unicum compositivo complesso, variegato, caotico, ma pur sempre avvertibile e riconoscibile. Cosa che fa anche Guido, ricomponendo un quadro d’insieme che è, d’altra parte, la somma di ogni singola tessera di mosaico.
Guido Scarabottolo alla Libreria Babele |
Le copertine di Guido Scarabottolo quindi sono singoli elementi narrativi che vivono una vita propria e autonoma in sintonia con il libro che ricoprono, ma sono anche brandelli del discorso complessivo che l’artista svolge con il disegno: ed è quest’ultimo un discorso autoreferenziale, che riguarda solo l’artista, e ha con i libri ‘copertinati’ contatti precisi, ma che potremmo definire, anche, casuali e ininfluenti.
Si potrebbe quindi parlare, come abbiamo fatto altre volte, dell’elegante understatement di Guido, di quel suo mai prendersi troppo sul serio, si potrebbe raccontare della sua ironia, del suo tono di voce sempre in punta di piedi, della sua riservatezza, della sua gentilezza e disponibilità. Si potrebbe parlare ancora una volta del ‘maestro silenzioso’, di quel suo entrare in rapporto quasi panico con gli oggetti (la sedia che si siede su una sedia, i deserti ingombrati da oggetti di design…), oppure della sua tecnica di disegno, della sua ricognizione nel mondo della riproduzione tecnica, ma questo non ci aiuterebbe ad andare a parare dove volevamo.
Di più ci aiuta una frase dello stesso artista, incastonata nella prefazione del suo “Sotto le copertine”:
“Provate a immaginare un pittore che durante la sua vita fa un solo grande disegno, composto da tutti i disegni che ha, quotidianamente, fatto. Sempre lo stesso disegno.”
Guido Scarabottolo e Laura Accordi alla Libreria Babele |
Ecco, provate a immaginarlo e avrete forse il ritratto del Guido Scarabottolo che tutti amiano. Sempre lo stesso disegno. Sempre però differente. Sempre in grado di tessere un discorso a tutto tondo sulla sua arte ma anche di rappresentare, con proprietà, il tema del momento, l’oggetto della commissione.
Tutti i pezzettini che Guido ogni giorno ci mostra con il suo lavoro fanno parte di quel grande, unico, disegno totale, che ritrae la cifra stilistica, la personalità, l’anima dell’artista.
Sono tutti oggetti che si offrono alla nostra vista uno per uno, copertina per copertina, disegno per disegno, ma tutti vengono accostati l’uno all’altro e raccolti, visione d’insieme, in un’ideale “ ... vetrinetta che contiene argenteria o oggetti più o meno preziosi”. In una scarabattola, come volevasi dimostrare.
Guido Scarabottolo e il Beato Angelico a San Giovanni Valdarno |
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