lunedì 18 febbraio 2013

Corvi e quaglie



Gabriele Poeschke, responsabile della Sezione Italiana dell'Internationale Jugendbibliothek di Monaco di Baviera ci comunica che, per il secondo anno consecutivo un nostro albo, questa volta La Quaglia e il sasso, è stato inserito nella prestigiosa selezione annuale dei White Ravens, la raccolta dei cento albi, a giudizio di quell'istituzione, più belli del 2012.

Ne siamo naturalmente lieti e orgogliosi anche se il merito va tutto all'autrice del libro, Arianna Papini che sta covando la sua quaglia con l'affetto e l'attenzione che le riconosciamo per tutta la sua opera. 

La quaglia e il sasso sta ricevendo molti consensi un po' ovunque (ha ricevuto, ad esempio, una menzione speciale al Premio Cento per l'Illustrazione), e abbiamo registrato con soddisfazione l'interesse della critica e del pubblico.
La selezione White Ravens per il 2012 sarà presentata durante l'International Children's Book Fair di Bologna nel prossimo mese di Marzo.  

domenica 17 febbraio 2013

Illustrazione d'antan. 12. Henri de Toulouse-Lautrec


Henri de Toulouse-Lautrec-Montfa nasce ad Albi nel 1864 e muore a Château de Malromé nel 1901. Comincia a interessarsi al disegno e alla pittura nel 1879 durante la convalescenza necessaria per riaversi da due rovinose cadute che gli provocheranno deformazioni permanenti alle gambe. Nel 1881 si trasferisce a Parigi, dove entra in contatto con gli artisti legati all’impressionismo: Edouard Manet, Pierre-Auguste Renoir, Edgar Degas, Vincent Van Gogh.


In questi anni Toulouse-Lautrec frequenta assiduamente il mondo intorno a Pigalle, con i tabarins, la vita di strada, le case di tolleranza, che gli forniranno i soggetti ideali per la sua arte, sempre attenta alla vita reale e pervasa di una forte carica espressiva. Proprio all’interno del più famoso dei tabarins, il Moulin Rouge avvierà nel 1891 una intensa attività di grafico affichiste. In poco meno di dieci anni immortalerà tutti i protagonisti di quel mondo notturno. I manifesti, i dipinti e le illustrazioni di questo periodo costituiscono un corpus essenziale sia per la storia della grafica sia per quella, più generale, della Belle Epoque, della sua arte e dei suoi protagonisti.

Loie Fuller

L’attività di affichiste di Toulouse-Lautrec, come si è visto, dura pochi anni e la sua opera grafica è cospicua ma non sterminata. Eppure il mondo dei caffé concerto che raffigura è straordinario e indimenticabile.
Toulouse-Lautrec disegna il movimento e la tensione dei drappi di scena con dinamicità drammatica. Il mistero con cui l'artista circonda la sua Loïe Fuller la rende oggettivamente imprendibile e desiderabile. I segni di matita e di colore trasformano il gesto della danzatrice in un vortice di materia che pare risucchiarla e annullarne i contorni. Il disegno non è qui solo oggetto di comunicazione e di propaganda ma oggetto di percettibile desiderio.

La Goulue


I protagonisti si muovono sul foglio dell’artista come sulla loro scena usuale. Avanzano in proscenio, arretrano, sono ora in primo piano, ora di profilo, ora sagomati da tagli di luce suggestivi.
Valentin “le desossé” muove il suo profilo spigoloso, segue con l’andamento dinoccolato e fluido la danza ammiccante e scatenata della Goulue che, al centro, mostra il turbinare delle sue sottane.


La troupe di M.lle Eglantine si scatena in un Galop can can indiavolato. Aristide Bruant viene ritratto con una lunga sciarpa gigionesca rossa e il cappellaccio nero floscio, figura romantica e, in tutta evidenza, maledetta.


C’è sempre un pizzico di artificio teatrale nelle figurazioni di Toulouse-Lautrec. C’è il ricordo di un’allegria cercata con ostinazione, ci sono le musiche e i suoni e c’è un fondo (più che un fondo!) di malinconia epocale, di rassegnato languore. Gli attori avanzano colorati sulla scena ma sappiamo che poi cancelleranno il trucco e mostreranno la faccia del loro disagio quotidiano.

È un mondo che sta finendo, un mondo di nani e ballerine tristi, che sanno di non aver posto nel nuovo che avanza. Un mondo di soffusa, sconsolata malinconia.

Yvette Guilbert

venerdì 15 febbraio 2013

In arte... Valentina



Per ricordare Guido Crepax, a dieci anni dalla scomparsa, un po’ ovunque si tengono mostre della sua opera di grande fumettista. Qualche settimana fa avevamo già segnalato la mostra sulla Milano di Valentina, conclusa da poco a Nuages: oggi, 16 febbraio, alle ore 17,30 inaugura a Firenze In arte… Valentina, presso la Galleria-Libreria d’Arte Babele, via delle Belle Donne, 41/r.
Tra le opere in mostra, si potranno ammirare 22 tavole originali realizzate a inchiostro di china e 6 litografie, provenienti dall’archivio Crepax, tratte da storie che raccontano la passione di Valentina Rosselli, il personaggio più noto tra quelli disegnati dall’artista milanese, per le arti. Valentina, non a caso fotografa di professione, con il suo compagno di vita Philip Rembrandt, non a caso critico d’arte, ci conducono, in questi disegni, a “dare del tu” a personalità artistiche dello spessore di Moore e di Kandinsky.
“Dalla mostra - spiega Laura Accordi, direttrice di Babele e curatrice della mostra - emerge la personalità di un disegnatore veramente appassionato d’arte, che dialoga con i grandi maestri del Novecento e che sente l’esigenza di avvicinare il pubblico al mondo dell’estetica in maniera delicata e spontanea”.

mercoledì 13 febbraio 2013

Libri recuperati. 31. Tre galline sotto la luna

Libri che non avevamo segnalato perché il nostro blog non esisteva ancora. Libri che abbiamo segnalato altrove. Libri che meritano comunque di essere segnalati e ricordati. Libri mai usciti in Italia. Libri memorabili per testi e immagini. Libri.


31. Marcello Ceccarelli, Paola Pallottino. Tre galline sotto la luna 


Paola Pallottino è tra i massimi esperti, a livello internazionale, di illustrazione e immagine. Lunghissimo il suo palmares e di assoluto prestigio e autorevolezza. Attualmente insegna all'Accademia di Belle Arti di Bologna e la sua opera più conosciuta, Storia dell'illustrazione italiana, recentemente ristampata da Usher Arte, è fondamentale per l'approfondimento della materia.

Paola Pallottino non è però solo questo. In altre epoche ha scritto i versi di alcune delle più belle e famose canzoni di Lucio Dalla (4 marzo 1943, ad esempio), e ha pubblicato alcuni bei libri per ragazzi da lei illustrati.
Abbiamo ripescato queste Galline sotto la luna, scritto da Marcello Ceccarelli e pubblicato da Marsilio nel 1974. Un modo elegante per imparare a far di conto. Anche se le galline, finite arrosto, non crediamo sarebbero d'accordo, quasi quarant'anni dopo, con la fine della storia.

C'è 1 cane ferocissimo nella campagna sotto la luna,

con 2 ladruncoli di polli travestiti da ladri veri

 
e 3 galline placide e grasse che sognano il loro pranzo di Pasqua.

Arrivano 4 contadini ansanti e furibondi che gridano: Al ladro! Al ladro!

mentre 5 ombre furtive scivolano via nella notte.

Ecco all'inseguimento 6 carabinieri, 2 con i baffi e 4 senza...

(Arrivano anche il Maresciallo e il cane, quindi sono 8)
... e 9 con 1 cacciatore che vuol fare anche lui bella figura.

(Il cane vede le galline)
e subito ne mangia 1 in ricompensa della sua bella corsa

(Intanto 1 carabiniere...)
si avvia tutto fiero verso il paese insieme ad altri 2 suoi compagni.

(Le galline saranno il pranzo di Pasqua. 
Abbiamo visto finalmente tutti i personaggi della grande Festa:
  1 generale con medaglie, 1 cardinale con paramenti, 1 cacciatore con fucile, 
1 maresciallo con sciabola, 6 carabinieri (2 con baffi e 4 senza), 
4  contadini robusti e bruni, 2  contadine floride e bionde, 2 galline arrosto, 
8 fiaschi di vino rosso e 1 vasetto di fiori.
Totale 27 attori della favola che mangiano o sono mangiati)

mentre i 3 fuori dall'uscio annusano il buon odore che sale verso la luna.


Marcello Ceccarelli, Paola Pallottino, Tre galline sotto la luna, Marsilio Ragazzi, 1974.


Krampus: la Festa dei Diavoli



Racconta una leggenda delle Alpi che, in un non ben precisato momento della storia, un gruppo di giovinastri si travestissero da diavoli, con vesti lacere, maschere e grandi corna, e, così conciati, se ne andassero nei paesi delle valli vicine a far scorrerie e catturar prede. Finché non si accorsero che uno dei travestiti era il Diavolo in persona, riconoscibile solo dal piede caprino che spuntava da sotto le vesti.

Da allora, per una curiosa legge del contrappasso, i Krampus del Sud Tirolo o del tarvisano non vanno in giro per depredare le valli ma fanno ala, il 5 dicembre, al Santo Vescovo Nicola che sfila in processione e porta doni ai bambini che, durante l’anno. si sono comportati bene.
Ma anche i Krampus attuali conservano la loro vena iraconda, terribile, incrollata e incontrollabile. Infatti, appena lasciato il corteo di San Nicola, si gettano per le vie della città e dei paesi, colpendo con i loro bastoni i passanti, inseguendo le ragazze, spaventando chi si presta al loro gioco. Fino a quando, nel cuor della notte, scompaiono per ritornare, presumibilmente, nell’inferno che li aveva vomitati.


Quella dei Krampus è una delle tante feste popolari che caratterizzano i giorni intorno al solstizio d’inverno, quando, quasi in ogni cultura, si cerca di esorcizzare le forze contrarie al risveglio della natura, di allontanare l’inverno e il freddo, di augurarsi al più presto il ritorno della bella stagione. Materializzare gli spiriti e i demoni serviva anche ad iniziare i giovani al mondo adulto, e a trarre auspici sulla fertilità dei cicli naturali delle vallate.

Poi, naturalmente, in una sorta di sincretismo alla buona, quella che era una ritualità tipicamente pagana si è mescolata con altre tradizioni (quella di San Nicola-Babbo Natale, con i doni portati ai bambini buoni, che si mescola a sua volta con la tradizione cristiana dei doni portati da Gesù Bambino, oppure con le tante storie silvane e montane di Befane e streghe).


Il corteo dei diavoli, in varia forma, è assai diffuso nelle culture soprattutto germaniche. In molte città della Baviera, con modalità simile a quella dei Krampus altoatesini, la festa si celebra in altra data estremamente significativa, il 31 dicembre, quando si è alla sesta delle dodici notti che preparano l’Epifania.

lunedì 11 febbraio 2013

L'alfabeto a Carpi



Continua il girovagare per l'Italia della bella mostra L'alfabeto delle fiabe, scritta da Bruno Tognolini, disegnata da Antonella Abbatiello, voluta da Topipittori. In questi giorni la mostra fa tappa a Carpi nel Palazzo dei Pio, che ospita la Biblioteca per i ragazzi, di cui avevamo parlato in un recente post.

La mostra è ricchissima di parole e di colori, stupendamente allestita. Topipittori, nel suo blog, ne pubblica un resoconto esauriente corredato da un ricchissimo apparato di fotografie. Imperdibile.

Bruno Tognolini
Antonella Abbatiello

domenica 10 febbraio 2013

Illustrazione d'antan. 11. Vittorio Accornero


H. C. Andersen, Il brutto Anatroccolo, Quaranta novelle, Hoepli, 1952

Vittorio Accornero de Testa nacque nel 1896 a Casale Monferrato e svolse un’attività intensa di pittore e illustratore. Fu inoltre scenografo e costumista. Nel 1981 avemmo la fortuna di conoscerlo, lui già molto anziano, in occasione della grande mostra Pinocchio e la sua immagine, che inaugurò, a Firenze, le celebrazioni per il centenario della scrittura del capolavoro di Collodi. Vittorio Accornero sarebbe morto di lì a poco, nel 1982.

GrimmIl drago sette testeNuove novelle, Hoepli, 1950

GrimmIl forte GiovanniNuove novelle, Hoepli, 1950

La sua formazione di scenografo non è un elemento soltanto biografico. In tutta la sua opera di illustratore (disegnò per Hoepli, per quei grandi libri in tela azzurra che ancora si trovano nella grande libreria milanese, tra l’altro, le favole di Perrault, di Andersen, dei Fratelli Grimm, oltre al già citato Pinocchio, per l’editore Mursia, 1964, che resta forse il suo capolavoro),  la dimensione scenografica è l’aspetto più rilevante, negli esterni e negli interni.

Sia gli uni che gli altri sono ampi, ariosi, caratterizzati da vaste prospettive. Se gli esterni vedono i personaggi muoversi sullo sfondo di lontane catene di monti, di filari di alberi, di colline ora dolci ora improvisamente appuntite, sul cucuzzolo delle quali sta spesso appollaiato il ‘paesello’ di rigore, gli interni mostrano con evidenza l’abitudine a ricreare nello spazio, apparentemente ristretto ma talvolta anche sovrabbondante del palcoscenico, le situazioni più diverse.

GrimmLa guardiana d'oche della fonteNuove novelle, Hoepli, 1950

GrimmLo spirito nella bottigliaNuove novelle, Hoepli, 1950

GrimmSelvaggettaNuove novelle, Hoepli, 1950

Accornero mette al servizio di questa sensibilità scenografica un’acquarellatura lieve ed elegante, a cui va gran parte del merito del fascino che le sue tavole lasciano in chi le osserva. In particolare negli esterni diurni gli oggetti (case, tetti, campanili, cupoli, comignoli, banderuole, alberi) si stagliano netti in un’aria limpidissima; e altrettanto maestro Accornero è nei notturni, crepuscolari o illuminati da una luce lunare che mette ancor più in risalto i particolari.

GrimmLa lattuga asininaNuove novelle, Hoepli, 1950

Collodi, Le avventure di Pinocchio, Mursia, 1964

Meno felice è talvolta la caratterizzazione dei personaggi, e anche questo è coerente con l’attività di scenografo e costumista svolta dall’artista. I protagonisti delle storie si muovono tutti, infatti, come in uno scenario ripreso in campo lungo: difficilmente occupano lo spazio in modo invadente e si limitano, per lo più, a disporsi, disciplinati, sulla propria porzione di palcoscenico.

Collodi, Le avventure di Pinocchio, Mursia, 1964

Collodi, Le avventure di Pinocchio, Mursia, 1964

Naturalmente ci sono le eccezioni ed ecco allora Pinocchio che dialoga, in primo piano, anche se di spalle, con Gatto e Volpe, oppure che ascolta le proposte indecenti delle faine: ma sempre, anche in queste tavole che portano in primo piano i personaggi, l’interesse dell’artista è sopratutto rivolto alla scena e ai costumi della rappresentazione.

Collodi, Le avventure di Pinocchio, Mursia, 1964

Collodi, Le avventure di Pinocchio, Mursia, 1964

giovedì 7 febbraio 2013

Qui comincia l'avventura...


Il primo numero del Corriere dei Piccoli, 27 dicembre 1908

Il Corriere dei Piccoli, il mitico e indimenticabile Corrierino fu, dal 1908 al 1995, la palestra essenziale per l’illustrazione  italiana per ragazzi del secolo scorso, la nave scuola per la diffusione e l’affermazione del fumetto in Italia, il compagno di letture e di svago di molte generazioni.

Fortunello (Happy Hooligan) di Frederick Burr Opper

Bibì e Bibò (Katzenjammer Kids) di Rudolph Dirks

Il Corrierino celebrò, nei molti anni della sua avventura editoriale, personaggi famosi e disegnatori illustri, Bibì e Bibò e Bilbolbul, Quadratino e il caprone Barbabucco, Fortunello, Mio Mao e il sor Pampurio, Cirillo e Bonaventura. E quindi le matite famose di Attilio Mussino e di Sto, di Rudolph Dirks e di Antonio Rubino, di Pat Sullivan e di Frederick Burr Opper, di Bruno Angoletta e di Giovanni Manca, di Roberto Sgrilli e di Carlo Bisi.

E non si può fare a meno di ricordare il buffo modo di tradurre i balloons delle strisce americane, quei versetti in ottonari che diventeranno, del Corriere dei Piccoli, la cifra stilistica e il marchio di fabbrica più universalmente noto: “Qui comincia l’avventura/ del signor Bonaventura…” “Sor Pampurio arcicontento/ del suo nuovo appartamento…”, “Checca, mula scostumata/ beve il mosto ed è beata…”, “Nel domestico tukul/ ruba un uovo Bilbolbul…”, “Si ritrova Marmittone/ come al solito in prigione…” e via verseggiando.



Tavola di Antonio Rubino con il caprone Barbabucco (1911)

La storia del Corrierino non è comunque solo una strizzatina d’occhio a quel bambino, un po’ stupidotto e melenso, di cui ci parlavano magari molti libri di testo delle scuole elementari delle nostre epoche. Il mondo disegnato che si affacciava dalle pagine del Corriere dei Piccoli non era quasi mai scollegato del tutto dalla realtà e sapeva bene che si combatteva la prima guerra mondiale, sapeva che si tentava di andare in Africa alla ricerca di un posto al sole, sapeva che c’era un sottosviluppo triste e tragico, che c’era la miseria, la fame, le crisi. E che, in certi momenti, i bimbi d’Italia si chiamarono Balilla e dovettero indossare, anche loro, la camicetta nera e il fez e che, subito dopo, come eserciti di formichine, quei ragazzi andarono in guerra a cercar di “spezzare le reni alla Grecia.” 



Bilbolbul di Attilio Mussino

Sor Pampurio di Carlo Bisi

Nel Corrierino si leggono le tracce di questi passaggi epocali ma il tono è rarefatto, semmai colto e raffinato, forse a causa dell’andamento del verseggiare, e al tempo stesso è popolaresco e picaro. Si parla, con la dovuta nonchalance, di cibo e di fame, di vagabondi cenciosi e di inventori strampalati, di soldatini lavativi, di monelli con il moccio al naso. È il mondo, per nulla rassicurante o pacificato, che non sarebbe certo piaciuto ai bambini della odierna kinder division o a quelli che sarebbero andati, in pellegrinaggio familiare, agli altari del Mulino Bianco, a fare merenda, anzi merendina, con Antonio Banderas.

Marmittone di Bruno Angoletta

Pier Lambicchi di Giovanni Manca

Quella che si rappresenta nelle pagine del Corrierino è una società dei senza arte né parte, dei poveri arruffoni, eroi eponimi di una tutta italica virtù di arrangiarsi che può casualmente farti vincere un milione o farti trovare un nuovo appartamento ma che poi ti lascerà sconsolato al punto di partenza, senza il milione e senza l'appartamento, povero e affamato come da principio, a cullare il sogno di una rivincita, di una mangiata da ricordare, di una vernice miracolosa.



Era una società che poi è andata a modificarsi negli anni del boom economico, quando anche l’editoria popolare aveva rinunciato ai suoi archetipi storici, quasi ancestrali, ed era diventata ‘adulta’ e ‘moderna’. Il Corriere dei Piccoli diventa allora Corriere dei Ragazzi, gli ottonari scompaiono, i fumetti tornano ad essere fumetti. La società che Altan, Grazia Nidasio, Sergio Toppi, Hugo Pratt disegnano per questa nuova avventura è diversa e diverse sono anche le sensibilità che la pervadono. Il Corrierino diventa un prodotto editoriale come tanti, si mescola e si confonde fino a perdersi nel clamore delle edicole.

 Nel 2008 si sono celebrati i cento anni di quella storia editoriale; ci si permetterà di rimpiangere quella prima lunghissima fase, quando “… l’avventura cominciava”.