venerdì 9 novembre 2012

Letteratura d'urto: 2. Orecchio Acerbo

Secondo abstract del convegno  Letteratura d'urto, dopo quello di Andrea Rauch di Prìncipi & Princípi. Interviene Fausta Orecchio, direttore editoriale della casa editrice romana Orecchio Acerbo



Libri per ragazzi che non recano 
danno agli adulti / libri per adulti 
che non recano danno ai ragazzi.
Indicazioni
Fausta Orecchio

Stati di grave bulimia televisiva. Sindrome acuta di insufficienza immaginatoria. Distonia o rimbecillimento da abuso di videogiochi.
Irritazioni cellulari da SMS. Coaudiuvante nel trattamento delle dipendenze da psicofamiliari (anfemammine, erononnine, coccaziine ecc.). Intolleranze alimentate (razziali, politiche, religiose ecc.). Elettroencefalodramma da iperattività. Squilibri emotivi connessi a stress per mancanza di mancanze. Stati apatici da eccesso di conformismo. Danni nel campo visivo. Abbassamento della soglia di solidarietà.

Questo è quanto riportato alla voce “indicazioni” nel bugiardino inserito in molti dei nostri libri. Un bugiardino che racconta bene, pur se in modo scherzoso, il nostro progetto editoriale. Un progetto di confine, per l’appunto, come recita il titolo del mio intervento oggi.
Di confine fra il linguaggio della parola scritta e quello delle immagini, fra l’infanzia e il mondo adulto, fra la ricerca e la vendibilità. Di confine fra il rispetto nei confronti della fantasia e autonomia dei bambini e la consapevolezza che crescono in un mondo che non è affatto ideale. Di confine, quindi, fra la pressione fortissima di una visione autoritaria che vede i bambini solo come vasi vuoti da riempire di buoni propositi, e l’altra iperprotettiva, e forse non meno autoritaria, che immagina l’infanzia come un universo poetico fatto solo di sospiri e sussurri, brezze e mari incantati, voli della fantasia e arcobaleni multicolori.



Orecchio acerbo è nato alla fine del 2001 e, da allora, sono passati undici anni e 129 titoli. E 51 premi di cui 9 Andersen e 2 menzioni al Bologna Ragazzi Award. E ultimo fra tutti, “Bruno” di Nadia Terranova e Ofra Amit – un libro sul grande scrittore Bruno Shulz immaginato da bambino – che è in questi giorni finalista al Premio Napoli.

Ma quello che vi sentirete dire è: belli, ma difficili, belli, ma non sono per bambini. Tuttavia gli insegnanti, i librai e gli educatori che hanno proposto i nostri titoli ai bambini, che ci hanno lavorato insieme con loro, hanno vinto la loro scommessa. E i riconoscimenti che ci hanno dato più di una volta le giurie di piccoli lettori – talvolta, come nel caso del Premio LegaAmbiente o Cassa di Cento, migliaia di bambini - dimostrano che quel “non sono per bambini” è spesso detto da adulti che hanno dimenticato che vuol dire essere bambini.


Noi pensiamo che questi pregiudizi si basino su quello che è invece il punto di forza del nostro progetto editoriale: libri che dalle mani dei piccoli passino a quelle dei grandi e viceversa. Libri che possano essere letti insieme, libri ponte. E qualche volta, anche i numeri ci hanno dato ragione. Certo, non si tratta di cifre astronomiche, ma sono comunque per noi importanti, come nel caso di “ In bocca al lupo” di Fabian Negrin, “La portinaia Apollonia” di Lia Levi, “1989”, “La riparazione del nonno” di Benni e “Il libro sbilenco”. Fra gli ultimi anche “L’autobus di Rosa” di Fabrizio Silei e Maurizio Quarello, che racconta la storia di Rosa Parks, la prima donna nera che si rifiutò di cedere il proprio posto a un bianco. "L’autobus di Rosa" è stato pubblicato contemporaneamente in 9 paesi diversi.


 In questi anni per noi l’importante non è mai stato “cosa” ma “come”. O meglio, forse, “cosa” e “come”. Sono convinta che la cosa fondamentale, per i piccoli come per i grandi, sia affinare i sensi  e che a questo possano in parte contribuire i libri. Il senso dell’umorismo, per esempio. Per ridere, prima di tutto di se stessi, bisogna liberarsi di molti pregiudizi, imparare a diffidare dei dettami, da quelli ideologici a quelli personali, famigliari. È un esercizio difficile. Abbiamo pubblicato molti libri come “Il naso” di Olivier Douzou o “Il manuale dei calzini selvaggi” di Pablo Prestifilippo, che non affrontano nessun tema “importante”, ma credo possano essere utili per coltivare il senso dell’umorismo e del grottesco. E il senso del bello. Saper riconoscere una cosa bella/vera da una brutta/falsa è un’arma importante. Emozionarsi di fronte a qualcosa di bello è il primo passo per arrabbiarsi di fronte a qualcosa di brutto. Il senso del visionario, del surreale che attraversa la gran parte dei libri di Fabian Negrin. Esercitarsi nella visione dell’invisibile, per non rassegnarsi a un buon senso che appiattisce la realtà esclusivamente a ciò che i nostri occhi possono distinguere.



Insomma, l’idea è che per crescere in un mondo che per l’appunto, “non è affatto ideale”, e magari provare a migliorarlo, non bastano i cinque sensi, bisogna averne molti di più, affinarli. E affilarli, come coltelli, ogni volta che ci si accorge che non funzionano più.


È nella convinzione che l’importante non sia “cosa” ma “come” che in questi anni non abbiamo mai abbandonato la politica d’autore: Stefano Benni, Lorenzo Mattotti, Fabian Negrin, Lia Levi, Remy Charlip, Shel Silverstein, sono solo alcuni fra i nomi che hanno caratterizzato il nostro catalogo in questi anni. Una politica d’autore, tuttavia, che non punta solo sui nomi più conosciuti, ma anche sui giovani talenti al loro primo libro, per lasciare sempre uno spazio alla ricerca e all’innovazione, vale a dire quel territorio fertile da tempo abbandonato dai grandi gruppi editoriali, che considerano i libri – e fra questi, soprattutto quelli rivolti ai bambini – solo un ricco e fertile mercato.



Orecchio acerbo oggi è una realtà, ma ancora troppo pochi sono quelli che hanno avuto occasione di incontrarla. Contiamo anche su di voi, per farla diventare una realtà sempre più significativa. Non solo per la critica, e non solo fuori dall’Italia, ma anche per i lettori grandi e piccoli di questo paese.

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