domenica 15 gennaio 2012

Le cantine di Sussi e Biribissi

Credevamo che uno dei libri della nostra infanzia toscana, Sussi e Biribissi, fosse ormai uno di quei detriti ingombranti che ci stanno tra i piedi per un po’ finché non vengono abbandonati e dimenticati. L’avvento di storie e personaggi nuovi, più in tecnologica sintonia con i tempi, ci sembrava avessero reso incongrue le avventure dei due monelli fiorentini, alla ricerca di un centro della terra che passa per le fogne e riaffiora nella cantina di un convento.

Carlo Chiostri, 1902. Incisione di Man. Zano

 “I due ragazzi, Sussi e Biribissi, - racconta Antonio Faeti in Guardare le figure - sono condotti entro un vero e proprio labirinto di dozzinali cunicoli, dove tini, grate, ragnatele, depositi di cibo, sono gl'incontri più ricorrenti. Si smarriscono nelle fogne, approdano alla ricca cantina di un convento dove consumano il «Chianti vecchio del priore» e, dopo molte altre peripezie di questo genere, riapprodano alla superficie. Il volume si conclude con due precisazioni dell'autore: la prima riguarda il libro di Verne che suggestionò i due protagonisti e che viene simbolicamente «divorato» da un topo avido di avventure, il quale muore subito d'indigestione. Nella seconda, Collodi Nipote c'informa che i due ragazzi, divenuti adulti, lavorano rispettivamente come addetto alle fognature della città, il primo, e come ispettore alle opere del sottosuolo, il secondo.”

Carlo Chiostri, 1902. Incisione di Man. Zano

Credevamo anche che Paolo Lorenzini, Collodi Nipote, autore del libro, avesse ‘succhiato le ruote’ del ben più celebre zio, accodandosi furbescamente alla infinita serie delle ‘pinocchiate’ e dintorni che Bemporad e Salani avevano pubblicato in rigogliosa abbondanza.

Siamo quindi rimasti abbastanza stupiti quando, vagando distrattamente su Facebook, ci siamo imbattuti in un fan club di Sussi e Biribissi e abbiamo dovuto fare ancora una volta i conti con un nostro passato letterario e iconografico meno rutilante e smagato, ma certamente gustoso.  
Sussi e Biribissi, fino agli anni sessanta del secolo scorso (era stato scritto nel 1902), era una delle letture obbligate per ogni adolescenza, insieme alle Storie della Storia del mondo, Gian Burrasca, Pinocchio. Si aggiungevano altri classici ‘minori’ (Ciondolino, Le novelle della nonna…) e poi si passava decisamente a Emilio Salgari, Jules Verne, alla Scala d’oro Utet, alla Biblioteca dei miei ragazzi Salani.

Carlo Chiostri, 1902. Incisione di Man. Zano

Carlo Chiostri, 1902. Incisione di Man. Zano

Sussi e Biribissi, va detto subito, non è certo Pinocchio e il paragone sarebbe ingiusto e irrispettoso. Con quel capolavoro assoluto condivide la lingua e l’andamento colloquiale e vernacolare (sempre Antonio Faeti giudica però la scrittura di Paolo Lorenzini “spesso frettolosa, quasi sguaiata”), ma di quello non ha certo la divina arguzia che ne determina gran parte del fascino. La lingua toscana che Collodi nipote usa non ha la popolaresca forza istintiva di quella del celebre zio; ne mima il vernacolo e i vezzi ma non sempre si eleva al di sopra della caricatura dialettale.

Detto questo, e sgombrato il campo dalla tentazione di confronti ingombranti, c’è da dire che il libro può ancor oggi essere letto senza riandare a quell’esercizio della memoria che si intreccia spesso con la nostalgia sterile per un’epoca che non c’è più, quando Berta filava e i mulini erano bianchi.

Carlo Chiostri, 1902. Incisione di Man. Zano

Carlo Chiostri, 1902. Incisione di Man. Zano

C’è però un punto che accomuna Pinocchio a Sussi e Biribissi; entrambi i libri furono illustrati, nel 1901 e 1902, dal più importante illustratore fiorentino dell’epoca, Carlo Chiostri.

L’edizione di Pinocchio è ancor oggi notissima ed è un punto di vista irrinunciabile per la storia dell’illustrazione italiana. Sussi e Biribissi con i disegni di Chiostri, è stata riproposta per l’ultima volta, crediamo, all’inizio degli anni ’80, nella collana Longanesi I tascabili del Bibliofilo, a cura di Paola Pallottino, e poi se ne sono perse le tracce. Salani ha ripubblicato il libro nella collana Gli istrici ma nella versione molto più recente (1975) illustrata da Roberto Innocenti, allora in una delle sue prime prove di un qualche significato.


Carlo Chiostri, 1902. Incisione di Man. Zano


“…In Sussi e Biribissi - scrisse nel 1972 Antonio Faeti - Chiostri trovò un testo che seppe suscitargli alcune delle immagini più esemplari di tutta la sua produzione. (…)
Chiostri ha composto un'autentica commedia di figure, dove due grottesche parvenze si muovono nel buio più fitto, tra sagome allucinate di oggetti, nella prospettiva sempre chiusa di un'autentica macchia scura in cui l'immagine si presenta costantemente immersa. È, fra i libri da lui illustrati, quello che, forse meglio di tutti gli altri, documenta l'atmosfera di saturnina e solitaria malinconia che sembra soffusa sulla vita e sulle opere di questo disegnatore. Ed è anche un documento iconografico piuttosto denso di allusioni a quella poetica popolare del sottosuolo - per sempre, forse, impersonificata dall'abate Faria che incontra Dantés nel buio della sua cella - che è uno dei costanti riferimenti tematici di Chiostri.”

Carlo Chiostri, 1902. Disegno originale (a destra) e incisione di Man. Zano

Carlo Chiostri, 1902. Disegno originale (a destra) e incisione di Man. Zano

Molti i motivi quindi per riguardare le figure di Chiostri, che ci conduce all’interno di quel suo mondo  dove reale e irreale si mescolano senza soluzione di continuità e dove, sotto l’apparente normalità delle situazioni disegnate, serpeggia il surrealismo dell’ambiguità.
Le tavole di Carlo Chiostri per Sussi e Biribissi furono riprodotte, all’epoca, con le incisioni su legno di Man. Zano. Le riproduzioni non hanno, né avrebbero potuto avere, la sapienza e la morbidezza dei disegni originali, in tempera e acquarello modulati su toni di grigio. Le illustrazioni originali di Chiostri non sono mai state pubblicate e sono visibili nel sito degli archivi Salani.
Ci vollero ottant’anni precisi per veder pubblicate da Giunti le tavole di Pinocchio (che anch’esse erano sempre state presentate, fino al 1981, con le xilografie di Adolfo Bongini); chissà quanto ci vorrà per vedere quelle di Sussi e Biribissi?!

Per l'opera di Carlo Chiostri ancora fondamentale il libro di Antonio Faeti, Guardare le figure, Einaudi 1972, oggi riproposto in nuova versione da Donzelli, 2011.
Si veda anche la Collana di Paola Pallottino, Cento anni di illustratori. C'era una volta un mago, Carlo Chiostri, Cappelli, 1979.

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