lunedì 23 gennaio 2012

Maestri 26. Tomi Ungerer

Tomi Ungerer  è nato a Strasburgo, il 28 novembre 1931. Dopo studi irregolari si è trasferito a New York, nel 1954, dove ha illustrato i primi libri e disegnato i suoi, famosissimi, manifesti politici. Ha vissuto a lungo in Canada e in Irlanda. Nel 1998 ha vinto l'Ibby Andersen Award per il miglior illustratore, La sua opera è conservata nel Museo di Strasburgo che porta il suo nome.


Di Tomi Ungerer ne esistono molti, tutti differenti ma in fondo simili. Esiste l’autore di libri per bambini, il progettista di manifesti politici, esiste il disegnatore di ispirazione erotica, quello innamorato del folklore della sua Alsazia, romantico e, in fondo, sentimentale. Esiste il Tomi Ungerer dissacrante e caustico, soprattutto esiste il Tomi Ungerer che s’indigna. Che s’indigna per il razzismo, per la segregazione razziale, per l’imperialismo, per l’ipocrisia del consumismo, per la crudele e bestiale stupidità del nazismo.

Manifesto, 1967

Esistono tanti Tomi Ungerer ma soprattutto esiste il ‘giocattolaio’ Ungerer, gran collezionista (ha da tempo destinato ai Musei di Strasburgo la sua grande raccolta), ma anche gran distruttore di giocattoli, che smonta, seziona, rimonta variandone il senso e scoprendo nuove allusioni. L’autore, illustratore, artista Ungerer è, infatti, un giocattolaio impazzito, un cappellaio matto, che nella realtà delle sue storie, favole o altro, cerca sempre il nonsense, l’alternativa, la sorpresa, il capovolgimento di senso.

No Kiss for Mother, 1973

Mi è sempre piaciuto capovolgere e far deviare le storie: che Biancaneve sia rapita da raccapriccianti nanetti sadici, che la Bella Addormentata copra di insulti un principe libidinoso che l’ha baciata, o che Cappuccetto Rosso, per via di un colpo di fulmine, parta per fare stravizi con il lupo facendo morire di fame la nonna!

E ancora: “Se ho fatto libri per bambini è stato, da una parte per divertire il bambino che io sono, e dall’altra per dare scandalo, per far esplodere i tabù, capovolgere regole: briganti e orchi trasformati, animali di dubbia reputazione riabilitati. Sono libri sovversivi…

Die Drei Rauber, 1962

Zeralda's Ogre, 1967

I Tre feroci banditi che derubano le carrozze non sanno cosa farsene dell’oro depredato, finché Tiffany, la bambina, non insegna loro ad usarlo per aiutare altri bambini abbandonati; Zeralda, la bimba cuciniera, aiuta e incanta l’orco con le sue pietanze saporite, lo converte e alla fine, tagliata a lui la barba e cresciuta lei, convolano a giuste nozze; Allumette, piccola fiammiferaia scacciata da tutti nel mondo del consumismo e dell’antagonismo di classe, esprime un desiderio e tutto cade ai suoi piedi per essere ridistribuito ai poveri del mondo.

Nel mondo di quel ragazzaccio misogino di Tomi Ungerer sono quasi sempre le bambine i deus ex machina che danno sapore, sostanza e significato alle storie.





Penso che bisogna essere misogini per apprezzare meglio le donne. Non si offrono alle donne sufficienti opportunità se non le si detesta abbastanza! Penso anche che un misogino, con il suo distacco, è più disposto a rispettarle. La morte e la donna sono il filo conduttore di tutta la mia opera. La morte è madre o matrigna. È naturale che i miei personaggi facciano dell’equilibrismo su questi due fili, spesso su entrambi allo stesso tempo.

La guerra dei sessi scatenata nei suoi disegni ‘erotici’ non ha, quindi, mai vincitori: tutti sono vinti perché si avviano pian piano alla dissoluzione, al degrado, alla morte. Certo, si può ridere molto, guardando questi disegni, ma il riso è amaro, i corpi sono sfatti e la pelle ricade flaccida.


The Sexmaniak, 1968

The Sexmaniak, 1968

The Sexmaniak, 1968

Ci si avvia alla fine, alla rottamazione dell’esperienza, all’abbandono. Dalla distruzione ironica dei corpi di Sexmaniak alla cupa dissoluzione delle case, degli oggetti, del paesaggio, di Slow Agony.

Slow Agony, 1983
Slow Agony, 1983

Si celebrano, o si esorcizzano, Eros e Thanatos: “Queste case di legno – scrive Antonio Faeti nella prefazione alla grande mostra antologica di Ungerer al Palazzo delle Esposizioni di Roma nel 1991, curata da Paola Vassallisfibrate, esauste, sbocconcellate, da un tempo velocemente divoratore, questo sfascio territoriale e architettonico che oscilla tra gli estremi di una solenne Città del Silenzio e le prossimità di un degrado periferico, omogeneo in senso planetario, dovrebbero anche indicare un terribile traguardo, un punto fermo, un esito quasi definitivo.
Forse quell’esito rovesciato, alternativo, dissacrante di Tomi Ungerer, giocattolaio e artista del nonsense.

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