Di Tomi Ungerer ne esistono molti, tutti differenti ma in fondo simili. Esiste l’autore di libri per bambini, il progettista di manifesti politici, esiste il disegnatore di ispirazione erotica, quello innamorato del folklore della sua Alsazia, romantico e, in fondo, sentimentale. Esiste il Tomi Ungerer dissacrante e caustico, soprattutto esiste il Tomi Ungerer che s’indigna. Che s’indigna per il razzismo, per la segregazione razziale, per l’imperialismo, per l’ipocrisia del consumismo, per la crudele e bestiale stupidità del nazismo.
Manifesto, 1967 |
Esistono tanti Tomi Ungerer ma soprattutto esiste il ‘giocattolaio’ Ungerer, gran collezionista (ha da tempo destinato ai Musei di Strasburgo la sua grande raccolta), ma anche gran distruttore di giocattoli, che smonta, seziona, rimonta variandone il senso e scoprendo nuove allusioni. L’autore, illustratore, artista Ungerer è, infatti, un giocattolaio impazzito, un cappellaio matto, che nella realtà delle sue storie, favole o altro, cerca sempre il nonsense, l’alternativa, la sorpresa, il capovolgimento di senso.
No Kiss for Mother, 1973 |
“Mi è sempre piaciuto capovolgere e far deviare le storie: che Biancaneve sia rapita da raccapriccianti nanetti sadici, che la Bella Addormentata copra di insulti un principe libidinoso che l’ha baciata, o che Cappuccetto Rosso, per via di un colpo di fulmine, parta per fare stravizi con il lupo facendo morire di fame la nonna!”
Zeralda's Ogre, 1967 |
I Tre feroci banditi che derubano le carrozze non sanno cosa farsene dell’oro depredato, finché Tiffany, la bambina, non insegna loro ad usarlo per aiutare altri bambini abbandonati; Zeralda, la bimba cuciniera, aiuta e incanta l’orco con le sue pietanze saporite, lo converte e alla fine, tagliata a lui la barba e cresciuta lei, convolano a giuste nozze; Allumette, piccola fiammiferaia scacciata da tutti nel mondo del consumismo e dell’antagonismo di classe, esprime un desiderio e tutto cade ai suoi piedi per essere ridistribuito ai poveri del mondo.
Nel mondo di quel ragazzaccio misogino di Tomi Ungerer sono quasi sempre le bambine i deus ex machina che danno sapore, sostanza e significato alle storie.
“Penso che bisogna essere misogini per apprezzare meglio le donne. Non si offrono alle donne sufficienti opportunità se non le si detesta abbastanza! Penso anche che un misogino, con il suo distacco, è più disposto a rispettarle. La morte e la donna sono il filo conduttore di tutta la mia opera. La morte è madre o matrigna. È naturale che i miei personaggi facciano dell’equilibrismo su questi due fili, spesso su entrambi allo stesso tempo.”
La guerra dei sessi scatenata nei suoi disegni ‘erotici’ non ha, quindi, mai vincitori: tutti sono vinti perché si avviano pian piano alla dissoluzione, al degrado, alla morte. Certo, si può ridere molto, guardando questi disegni, ma il riso è amaro, i corpi sono sfatti e la pelle ricade flaccida.
The Sexmaniak, 1968 |
Slow Agony, 1983 |
Forse quell’esito rovesciato, alternativo, dissacrante di Tomi Ungerer, giocattolaio e artista del nonsense.
Nessun commento:
Posta un commento