giovedì 29 dicembre 2011

Sergio Traquandi: utopia e realtà

A meno che non si voglia confinare il mondo dell’arte nella sfera del solipsismo, si deve riconoscere che ogni attività creativa è un tentativo di trasformazione della realtà, e quasi sempre di natura squisitamente politica. L’artista incide sul mondo che lo circonda, ne misura le distanze e opera, in ogni caso, uno stravolgimento di senso.

Sergio Traquandi, Cipresso

Dato questo per scontato si può affermare come gran parte della migliore arte contemporanea vada un passo più in là, e non si limiti a cercare un cambiamento attraverso una modificazione delle coscienze e del sentire di ognuno, ma operi direttamente  sulla realtà, cercando di piegarla ai propri fini, artistici e creativi  in primis, ma anche etici e ‘politici’.

Se la realtà non ci piace, quindi, quale atteggiamento più logico se non quello di volerla cambiare? Se il mondo consuma e rifiuta, in ciclo ininterrotto, le idee, i progetti, le merci della propria quotidianità, cosa meglio che recuperare quelle idee, quei progetti, quelle merci per dar loro vita nuova, collocandoli in un diverso contesto?

Sergio Traquandi, Elemosinatore automatico

Detto in poche parole, l’opera di Sergio Traquandi è tutta qui, in questo incessante recupero di idee e oggetti abbandonati, nella riappropriazione di qualcosa che sembrava ormai inutile e superato, da gettare inesorabilmente via.

Lo studio-laboratorio di Sergio Traquandi, Meleto Valdarno


La visita al suo studio è quindi come la discesa dantesca in una discarica: oggetti confusi, affastellati, diversamente recuperati, impolverati, arrugginiti, rotti. Oggetti di cui abbiamo dimenticato,  o abbiamo sempre ignorato, l’uso e il significato originario. Stanno là, poveri pezzi di legno, di ferro, di plastica,  portati via da quello che altri hanno definito “lo scorrere del fiume urbano” e aspettano che un atto di buona volontà creativa  (un atto politico?!) li riporti a riva, come la risacca, e dia loro un nuovo senso.

A volte succede,  a volte non succede, e mentre il catalogo delle opere di Sergio si accresce con parsimonia progettuale, il campionario delle possibilità si gonfia nelle migliaia di ‘reperti’ che riempiono le stanze del suo studio-laboratorio di Meleto Valdarno.

Le forme di legno di un cappellificio possono, allora, diventare ‘nani da soffitta’, un manichino rotto può trasformarsi in angelo cyborg, le componenti di un computer, superato dai tempi impietosi  dell’informatica, rivivere come gioielli singolarmente bellissimi, Pegasi o Pinocchietti misteriosamente tecnologizzati.

Sergio Traquandi, Cherubino Cyborg
Sergio Traquandi, Pegaso
Sergio Traquandi, Pinocchio computerizzato

Ma può anche darsi che l’oggetto da recuperare  sia uno scorcio di paesaggio che viene visto, attraverso  il gioco dei pieni e dei vuoti del grande cipresso sulla via del Chianti, in modo totalmente  e definitivamente  diverso. Può darsi che l’artista recuperi i poliedri di Luca Pacioli e li pieghi ad una sua ‘tignosa’ ricerca didattica,  può darsi che cuocia dei pani che riproducono il celebre marchio pacifista “… perché il pane della pace è sempre buono!”, può darsi che nella Torre Gattaia usi modelli e processi matematici per offrirli ad un uso più attento del territorio e al gioco dei bambini.

Sergio Traquandi, Questo pane che ho cotto nel 1991 è ancora fresco

Sergio Traquandi, modellino per la Torre Gattaia

Può darsi, infine, che segni con ottanta numeri giganteschi i quattrocento  metri del muro esterno delle ex acciaierie  Beltrame di San Giovanni Valdarno. Quei numeri sono uomini, e stanno rischiando, più che rischiando, di perdere il loro lavoro. E sono gli stessi operai che, con Sergio, tracciano  fisicamente sul muro il 'loro' numero in una performance che non è, né vuole essere, solo artistica.


L’impatto ambientale  è forte, come un pugno nello stomaco; più forte ancora ci si augura possa essere l’impatto politico, quell’incidere sulla vita reale di cui Sergio ha fatto la ragione necessaria e sufficiente del suo lavoro quotidiano.
 

Sergio Traquandi, Più di zero, numer/azione, San Giovanni Valdarno


Numer/azione. Progetto di immagine numerica atto a sensibilizzare sulla reale consistenza dei licenziamenti. Da anni i numeri dell'economia, della borsa, del PIL lo spred, ecc... vengono somministrati con dovizia e rapidità da ogni mezzo d'informazione, la loro rindondanza ha fatto sì che si perdesse il senso della loro influenza sulla vita reale, nella quale il benessere viene misurato dai cittadini con ben altri e più tangibili indicatori. Per reimparare a contare le persone! Ottanta numeri di grandi dimenzioni, bianchi su nero, che ci sfilano a fianco, cifra per cifra, per reimparare a contare e per contare di più. (Sergio Traquandi)

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