mercoledì 28 dicembre 2011

Il Presepio di Mao

Della Rivoluzione culturale cinese, a ben guardare, esistono pochissime fotografie, molte delle quali chiaramente e quasi dichiaratamente artefatte. Eppure non crediamo sia mai esistito regime che più del maoismo si sia basato sulla forza dirompente dell’immagine e della propaganda. I numeri sono impressionanti: durante gli anni della Rivoluzione culturale (dal 1966 al ’76, quando il Presidente Mao morì) furono stampati e diffusi oltre cinque miliardi di copie del "Libretto Rosso", i distintivi in alluminio con il profilo del Grande Timoniere furono distribuiti in oltre quattro miliardi di copie, innumerevoli (negli stessi ordini di grandezza) furono le copie di manifesti con il volto, le frasi, gli insegnamenti di Mao.


Una bocca da fuoco propagandistica che alimenta ancor oggi un fiorentissimo mercato mondiale di memorabilia. Perché dunque questo fiorire di gadgets ante litteram e non di documentazione fotografica? “Perché - risponde la sinologa Renata Pisu – l’intenzione non era quella di trasmettere o documentare la storia ma di collocarla in un’epoca mitica, quando Ulisse cercava di raggiungere la sua Itaca, quando Attila cavalcava alla testa delle sue orde, quando Robespierre saliva anche lui, alla fine, sul patibolo. La grande rivoluzione andava illustrata, dipinta. Si documenta l’Utopia? Si documenta la Follia?” Storia quindi che prende la via del Mito e diventa immediatamente agiografica e, dal punto di vista iconico, completamente oleografica.

La banda dei quattro

Tra gli oggetti più notevoli di questa massiva opera di propaganda, dove ogni atto e ogni parola devono essere 'esemplari', restano le statuine di terracotta che raccontano, con colori squillanti e caramellosi, le storie piccole e grandi dell’epopea. Un vero e proprio ‘esercito di terracottine’ come, a simiglianza e parodia di un più imponente ‘esercito di terracotta’, le chiama Philippe Daverio. Le statuine sono la vulgata popolarissima che racconta in ogni provincia e in ogni campagna, in ogni villaggio e città, nelle scuole e nelle fabbriche, la vita e le vicende leggendarie del Grande Timoniere.

Il Grande Nuotatore

Non manca la famosa nuotata nel fiume giallo e lui, Grande Nuotatore, che ne esce asciugato nel celebre accappatoio bianco; non mancano neanche gli altri protagonisti, i buoni e i cattivi dell’epopea, da Lin Piao alla banda dei quattro, ai medici scalzi delle campagne, alle guerrigliere che aiutano l’Esercito popolare, ai soldati, agli operai, ai contadini, “uniti nella lotta” sotto il pensiero e la guida del capo. Un vero e proprio presepio che del presepio ha la ritualità e la codifica, con i personaggi e le situazioni archetipiche, le figure caratteristiche e quelle simboliche.


La compagna della Brigata delle Oche

La Guardia rossa


Lei Feng: servire il popolo
Come il soldato Lei Feng, ad esempio, che di notte si alzava dal letto nella camerata, toglieva i calzini sporchi dai piedi dei compagni addormentati, li lavava, li asciugava e stirava per poi infilarli di nuovo ai piedi degli addormentati. Lei Feng era la personificazione di come si possa con abnegazione ‘Servire il popolo’ e lui (che non si sa nemmeno se davvero sia esistito!), con la sua stucchevole e stolida bontà chissà cosa penserebbe vedendo la sua statuetta ridotta oggi ad un contenitore di preservativi. Anch’essi ‘servono al popolo’, in modo meno virtuoso, ma certo più piacevole e ammiccante.

Oppure come l’operaia-ballerina del “Distaccamento rosso femminile”, Wu Qionghua, che salta ancora impettita sulle punte con il fucile pronto a far fuoco. O ancora le tante Guardie rosse occupate nella ‘rieducazione’ forzata degli intellettuali controrivoluzionari che hanno dimenticato, poveretti loro, gli ‘insegnamenti’ della lotta di classe.

Il Distaccamento rosso femminile

La rieducazione degli intellettuali

Colpirne uno per educarne cento

Una continua epifania popolare, come ogni presepio, da ricostruire e raccontare, secondo schemi dedotti dal “Libretto Rosso”, in ogni casa, in ogni circolo, in ogni aula scolastica. Statuine che narrano ognuna una propria storia che non sarebbe stata possibile senza il 'Mao Zedongpensiero' che tutte le ispira e le comprende. E che oggi, esaurita la loro funzione didattica e scaramantica, vanno tutte ad alimentare i mercatini internazionali della nostalgia e del bric à brac.



Bibliografia essenziale: Mai dire Mao, a cura di Gherardo Frassa, Nuages, 2008.

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