Che André François sia stato un grande maestro non ci sono dubbi. Più difficile semmai circoscrivere i contorni della sua arte.
Pittore? Scultore? Illustratore? Affichiste? Umorista? A ben guardare tutte le definizioni gli si possono attaccare come una seconda pelle. Per poi lasciare insoddisfatti perché nessuna di esse riesce ad abbracciare la complessità dell’artista. Certe sue pitture (o sculture) hanno i tratti che caratterizzano l’umorista. Certe illustrazioni sono dei veri e propri manifesti, certe copertine e certi cartoons pittura e così via.
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Napoleonic cat, 2001 |
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Chat-parque, 1980 |
Se comunque si considera la storia personale e il momento storico in cui si era trovato ad operare, la cosa appare meno stupefacente, quasi normale. Negli anni ’30 André François era stato allievo di Cassandre, forse il più grande dei maestri francesi dell’affiche, poi si era cimentato a lungo con la scenografia (i balletti di Roland Petit e Zizi Jeanmaire, o quelli di Gene Kelly, ad esempio).
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Copertina di The New Yorker, 1971
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Aveva disegnato centinaia di manifesti e copertine per
The New Yorker e per
Punch ed era, a tutto diritto, sodale e amico dell’aristocrazia della grafica mondiale in un momento in cui (gli anni ’50, ’60, ’70…) non c’era parcellizzazione dei ruoli e il grafico disegnava vignette umoristiche, illustrava le sue copertine, si dedicava con profitto alla pittura. In tutte le attività portando sempre la sua personalità, in questo caso ironica, umorosa, surreale.
Per certi aspetti François può essere avvicinato a Saul Steinberg, ma con in più un pizzico di cordialità e un’abbondante dose di autoironia che ci rendono le sue opere forse più vicine delle geometrie intellettuali e dei teoremi grafici, raffinati e siderali, del grande Steinberg (e significativamente entrambi erano rumeni di nascita).
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Copertina di The New Yorker, 1968
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Copertina di The New Yorker, 1973
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Il piccolo Marroncini, Einaudi 1972 |
L’attività di André François come illustratore di libri è, se non sterminata, certo importante e spazia da opere di Boris Vian ad un
Ubu Roi di Jarry, da Raymond Queneau a Aldous Huxley.
In italiano, a nostra memoria, fu pubblicato
Il piccolo Marroncini, nella benemerita
Tantibambini di
Bruno Munari (1972, ma il libro, scritto da
Isobel Harris, è del 1949) e, per i tipi della
Emme, negli anni ’70 e proprio quest’anno riproposto da
Babalibri,
Chi è il più buffo?, un contrasto surreale tra un
Pulcinella, nasuto e spigoloso, e un
Pu, panciuto e rotondo.
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Copertina di Chi è il più buffo?, Babalibri 2011
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Tra un versetto e l’altro
Pulcinella e
Pu giocano a farsi dispetti e a vantare una supremazia per il più buffo di loro. I disegni sono veloci, quasi sommari.
Pulcinella è chiaramente
Punch, l’omologo inglese, tante volte raffigurato per le copertine del settimanale satirico, e il suo profilo, come ha osservato
Walter Fochesato nel numero di dicembre di
Andersen, è un quarto di luna. La testa rotonda e gialla di
Pu ricorda invece il sole e il contrasto tra i due, anche se giocato con leggerezza divertita, è il contrasto tra la notte e il giorno, tra le tenebre e la luce. Chissà se
André François, schizzando veloce il duetto tra i due aveva pensato a un conflitto di natura cosmica?!
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Illustrazione per copertina di Punch |
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Copertina di Punch |
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