L'arcangelo Gabriello |
Se oggi noi possiamo interpretare correttamente i modi della rappresentazione del presepio napoletano, certo il più importante in Italia, è per l’esistenza di un testo che con quella tradizione si intreccia saldamente: non è un testo popolare, ma per il popolo, scritto nel 1698 da un letterato di non modeste qualità, Andrea Perrucci. Ha un titolo torrenzialmente barocco (Il vero lume tra l’ombre, overo la Spelonca arricchita, per la nascita del Verbo umanato. Opera pastorale sacra), ma in verità è noto più semplicemente come Cantata dei pastori.
Maria e Giuseppe vanno verso Betlemme dove nascerà il Bambinello e nel loro viaggio saranno in parte accompagnati da due sconclusionate ‘maschere’ napoletane, lo scrivano Razullo, chiamato a ‘Bettelemme’ per collaborare al censimento, e il barbiere ‘pazzo’ Sarchiapone, piovuto in Terrasanta da chissadove.
Il viaggio di Maria e Giuseppe |
Maria con Sarchiapone e Razullo |
Col teatro popolare la Cantata ha un singolare rapporto, perché da un lato vi attinge, pigliandone i personaggi - vere maschere buffe e parenti di Pulcinella - inventando una fantasia natalizia surreale e sulfurea, dall’altro perché pretendeva proprio, assumendone i modi, di mitigare il linguaggio e la teatralità, spesso licenziosa, del dramma popolare sacro. L’opera ha avuto però un contrappasso caratteristico: da tre secoli viene rappresentata a Napoli da comici improvvisati, che ne hanno via via rifatto il copione a loro uso e consumo, riscrivendola a loro volta con più sguaiatezze fescennine. La sua relazione col presepio popolare napoletano non è né casuale, né tenue: né mancano anzi tentativi recenti di un’antropologia del presepio napoletano che mette a nudo i risvolti magici e le mosse di un autentico rituale iniziatico (il viaggio e le prove - il bosco, il torrente - che si frappongono a Giuseppe e Maria) che si nasconderebbe nella Cantata.
Ruzullo, scrivano |
Tutto il presepio popolare si costruisce su un monticello di sughero e legno a più strati (lo ‘scoglio’) che, con la sua struttura piramidale, suggerisce lo svolgersi della storia e condiziona i personaggi nel loro viaggio.
I pastori Benino e Armezio |
Le interpretazioni magiche del presepio napoletano insistono anche nel collegamento con un rituale del culto dei morti, che la nascita miracolosa esorcizza. Tutte le stradine e scalette che conducono pastori e popolani dallo ‘scoglio’ verso la grotta santa, sono in discesa: verso un baratro, ove, alla fine del groviglio dei vicoli, si porrà l’alternativa della elavazione o della condanna, dei piaceri sensuali o della redenzione
La strada del presepio attraversa villaggi operosi di artigiani e venditori, piazze occupate da carretti di frutta, di pesce, di formaggi; nel mezzo dell’abitato non è infrequente trovare, mescolati, gli attori di altra mitologia profana (Pulcinella, la Vecchia del Carnevale, il Turco Napoletano, o’ Pazzariello...).
Cidonio, il cacciatore |
Ruscellio, il pescatore |
Accanto, sulla destra, si intravede il carro di vino di Cicci Bacco e a sinistra l’Osteria, dove è spesso oste e commensale Belfegor, il diavolo tentatore che non riuscirà, comunque, a rubare le anime sante di Giuseppe e Maria.
Belfegor, il diavolo |
I disegni che accompagnano il post sono di Gennaro Vallifuoco e sono tratti da: Roberto De Simone, La Cantata dei Pastori, Einaudi, 2000.
Testi di Alessandro Savorelli e Andrea Rauch da: Storia di Natale, Protagon Editori, 2001.
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