martedì 21 giugno 2011

La torre gattaia

Ci piace seguire i nostri autori anche quando sono, come dire, in libera uscita. Così, in questi giorni siamo andati a dare un’occhiata alla Torre gattaia, ultima installazione di Sergio Traquandi (per noi, una Biancaneve meccanica  e ‘di risulta’), presentata domenica scorsa, 19 giugno, nella Villa Barberino, a Meleto Valdarno.


Sergio Traquandi è figura d’artista sempre capace sempre di sorprenderci. Non appena pensiamo di aver capito qualcosa della sua personalità,  afferrato qualche brandello  della sua cifra stilistica, ecco che, come un'anguilla, ci sfugge di mano e ci rimanda alla casella iniziale.
Certo alcuni degli elementi in gioco si ripetono avvertibili nel tempo, ma sono gli elementi che costituiscono l’hardware del suo lavoro, il versante ideologico e etico: il tentativo, se non la pretesa, ad esempio, di dare a tutto un significato ‘politico’ di sentita partecipazione civile. Questo, ma poi, nei singoli segmenti che compongono la sua arte, Sergio non si lascia ingabbiare e si muove a ruota libera, pescando ovunque la sua vena creativa, o la sua riflessione progettuale, lo indirizzi al momento.



La Torre gattaia si nutre dunque di questi alimenti; del rapporto tra arte e territorio (tra arte, storia e cultura di ogni singolo territorio), con aperture che possono sembrare ecologismo di maniera (le canne che fanno la Torre vengono infatti dal canneto dietro alla Villa Barberino e quindi a Km e impatto zero) ma che poi si rivelano forma, e anche sostanza, del suo lavoro.
L’installazione  di Traquandi segue l’andamento dell’alto pino verso cui tende e su cui pare quasi appoggiarsi e ci fa riflettere sulle funzioni geometriche e matematiche (le ipotesi progettuali) che ne permettono la costruzione e la stabilità.  E in fondo anche sul tentativo, anch’esso se non politico, etico, di interagire con il suo pubblico e di offrirsi, ad esempio, ai giochi acrobatici e spericolati dei bambini che tendono a vedere la Torre non come opera 'sacrale' di arte ambientale e/o concettuale, ma come grande, fascinoso, giocattolo. Da usare e consumare.


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