Paolo Guidotti, 2006 |
Autobersaglio, 1991 |
I bersagli che Guidotti disegna non appaiono soltanto, di conseguenza, oggetti dalla forte valenza estetica né semplici reperti di un’archeologia da bric à brac; sono le esche cui abboccano (in un sottile gioco di legni, colore, carta, metallo) spezzoni di storia o echi di cronaca, pretesti narrativi che coniugano la grande guerra con il tiro al merlo, le calaveras messicane con il regio Tiro a segno.
Paolo Guidotti, per «riuscire a guardare verso un punto solo» sceglie e trasforma la materia con la meticolosa attenzione di chi opera in quella terra di frontiera che si spinge (parafrasando il titolo di una mostra di qualche anno fa), sino al greto del fiume urbano.
Nella risacca che frantuma, sbriciola e leviga le storie quotidiane vengono individuati e catalogati con pignoleria i frammenti che possono ancora suscitare sensazioni.
Calendario Caleidoscopio messicano, tre tavole, tecnica mista, 2005 |
Guidotti non tradisce mai, in questo, la sua vocazione di narratore di storie minime. Ogni oggetto fa riaffiorare un ricordo, rivivere un’emozione. Non object trouvée che serva a testimoniare, assoluto e ineludibile, lo scorrere del tempo, ma madeleine che, dopo l’eccitazione del ricordo, faccia da coagulante per una nuova invenzione.
Diavolo, tecnica mista, 1991 |
Volto, tecnica mista, 1991 |
Devil, tecnica mista, 1996 |
Un pezzo di legno scheggiato può essere dunque la testa di un gatto; una falce di metallo mangiata dalla ruggine un quarto di luna. Solo a patto, però, che si voglia ritrovare quel gatto o quella falce di luna, facendoli riemergere da un antico ricordo d’infanzia o da un frammento di recente esperienza.
Guidotti è un solitario. Noi ce lo immaginiamo sempre per strade di notte, con gli occhi a terra, a chiedersi quali vicende siano state gettate via, oggi, dallo scorrere isterico di quel metaforico fiume urbano. Quali emozioni si siano arenate nei rifiuti che ingombrano gli angoli delle città.
Con un gesto di colore Paolo permette ai detriti di questa civiltà di raccontare ancora una storia, ancora una favola.
Acrobata, tecnica mista, 1999 |
Testo tratto da: Andrea Rauch, Il mondo come Design e rappresentazione, Usher Arte, 2009
Bellissimo... grazie per la scoperta!
RispondiEliminaLo conoscevo come illustratore di belle copertine, lo scopro bravissimo scultore.
RispondiEliminaLibreria Universalia