lunedì 20 febbraio 2012

Le ribellioni di Giannino Stoppani

"La famiglia, la campagna, la separatezza degli anziani, le improntitudini dei politici, le ragazze promesse agli adulti facoltosi e negate agli amori autentici, le infinite perfidie perpetrate negli interni borghesi, e soprattutto l’ansia frenetica di verità  contrapposta alla ineluttabile vocazione menzognera degli adulti: Giannino è certo collocato così, da leggersi così, da intendersi così." (Antonio Faeti)

Illustrazione di Andrea Rauch

Gian Burrasca nasce alla fine del XIX secolo, il 20 settembre 1897 e la data è stretta tra passato e futuro, tra ricordi risorgimentali e balli Excelsior oppure, citando sempre Antonio Faeti, tra Guido Gozzano e Gabriele D’Annunzio, tra rimozioni crepuscolari e esibizioni superomistiche.

Illustrazione di Andrea Rauch

Giannino Stoppani vive le sue avventure in una famiglia che è prototipo e specchio della borghesia dell’epoca e lui, come Luigi Bertelli (Vamba) che ne trascrive e ne completa le memorie, la subisce ma non sa adeguarsi. In lui non è potente e affermata quella pulsione all’ipocrisia che spesso contraddistingue il bon ton di facciata della borghesia. Non lo capisce. Lo rifiuta, semplicemente.

Illustrazione di Andrea Rauch

Illustrazione di Andrea Rauch

La ribellione di Giannino non si sa dove andrà a parare. Le sue vicende Vamba ce le racconta fino al 1907 e, crescendo, il ragazzo avrà davanti la strada che lo porterà forse all’interventismo e alla prima guerra mondiale. Sarà anche lui un ragazzo del ’99 anche se l’anagrafe segna ’97? e dopo? diverrà avanguardista? o cosa?

Illustrazione di Vamba
Il nostro Gian Burrasca riesce a riassumere molte delle generosità e delle contraddizioni della sua classe sociale agli inizi del XX secolo e ogni strada gli rimane aperta.

Giannino è gozzaniano e dannunziano, scrive ancora Antonio Faeti, ma si sono probabilmente perdute le tracce di tanti come lui, sempre divisi e sempre uniti, fino agli anni in cui prima andarono a Salò e poi nella repubblica di Montefiorino. Il Giannino “cattivo ragazzo”, oppure quello carnevalesco che, con travisamenti e balordaggini, arriverà fino alla televisione, oppure quello costantemente temuto da una pedagogia perbenista e incapace di comprenderlo, e ancora molti altri “giannini”, devono convivere perché è inevitabile che sia così. Nei libri per gli adulti si sta sempre molto attenti a scegliere il tipo di barricata dietro cui collocarsi e forse morire: occorre essere addirittura Louis-Ferdinand Céline per inventarsi una barricata monoposto, e infatti Giannino un poco assomiglia al Ferdinand adolescente e ragazzino di Morte a credito.

Illustrazione di Vamba

Vamba non scioglie il mistero e Giannino Stoppani è lasciato bambino alle soglie di un’adolescenza che non sappiamo se sarà felice e rassicurante, o deludente e accigliata. Se subentrerà la rassegnazione al proprio inevitabile destino sociale o se, con un colpo d’ala, sarà possibile riscattare gli ideali grandi dell’infanzia e della verità contro la menzogna e il tira-a-campare. Certo che, mentre sta faticosamente crescendo, Giannino sarà portato a risentirsi contro un destino che lo ha ridotto a misurarsi con la caricatura sempiterna di se stesso, monello a tutto tondo, briccone inguaribile, e a definirsi nei tempi come prototipo universale della ‘piccola peste’. Nomèa, questa, che accompagnerà sempre il povero Giannino, insieme al suo soprannome. Anche se lui avrebbe voluto altro. Ben altro.

Illustrazione di Vinicio Berti

Illustrazione di Vinicio Berti

Illustrazione di Vamba
Contrariamente a quanto successo all’altro libro cardine delle infanzie toscane, intendiamo dire Pinocchio, il Giornalino di Gian Burrasca è libro di pochissimi illustratori. I disegni che corredarono l’edizione di Vamba si attaccarono al personaggio come una seconda pelle da cui non riuscì a staccarsi. Nella finzione di Vamba quelli erano i disegni originali, fanciulleschi ed efficacissimi, di Giannino Stoppani e si fondevano in un unico corpo con le parole del racconto. Alla mancanza di interventi di altri illustratori giovò anche il copyright Bemporad (poi Marzocco e Giunti) che, fino al 1990, quando i diritti scaddero per il ricorrere dei settant’anni dalla morte dell’autore, non permise intrusioni. Unica eccezione lo stesso intervento dell’editore che, alla metà degli anni Cinquanta, commissionò a Vinicio Berti una nuova edizione del libro. Berti usò un’escamotage vincente: quello di disegnare la sua versione in sintonia con i primi disegni di Vamba, quasi che le sue tavole a colori fossero una specie di ‘fuori testo’ di quelli dell’autore, che continuava a veder stampate le sue figure in nero. Tanto è vero che l’edizione ancor oggi maggiormente diffusa del Giornalino è quella che vede le tavole a colori di Berti mescolate a quelle di Vamba. Anche allo scadere dei diritti non ci fu comunque ressa per disegnare Gian Burrasca. Unica versione da ricordare quella pubblicata da Nuages nel 2005, con i disegni a colori di Andrea Rauch che percorrono la stessa strada già praticata da Berti: accompagnarsi cioè ai primi disegni in bianco nero di Luigi Bertelli.

Illustrazione di Vinicio Berti

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