Nel quadro della rassegna Retrovista, inaugura sabato 18 maggio, alle ore 18.00. a San Giovanni Valdarno, presso la Casa Giovanni Mannozzi, in Corso Italia 105, la mostra La Wunderkammer di Andrea Rauch, che raccoglie opere di Enrico Baj, Fabio De Poli, Mimmo Di Cesare, Giampaolo Di Cocco, Gianni Fanello, Jean-Michel Folon, Milton Glaser, Leo Lionni, Emanuele Luzzati, Andrea Rauch, Guido Scarabottolo, Ben Shahn e Sergio Traquandi. La mostra resterà aperta fino al 30 giugno.
Per informazioni: Tel. 055 9126283 Fax. 055 9123367
casamasaccio@comunesgv.it
(a. r.) È certo pretenzioso chiamare ‘collezione’ questa raccolta di artefatti (disegni, pitture, sculture, libri, manifesti…), perché il termine ‘collezione’ implica una ricerca, uno studio e una passione specifica, a volte maniacale e compulsiva. Questi ‘oggetti’, invece, sono in primo e principale luogo la testimonianza di un’attività professionale lunga più di quarant’anni e dei rapporti di collaborazione e, quasi sempre, di amicizia che hanno legato il designer a grafici, illustratori, pittori e scultori spesso di fama e spessore internazionale.
Opere d’arte che poco o nulla hanno di sistematico ma sono, al contrario, ricordi sparsi di comunanza e di lavoro, sedimenti di memoria, occasioni su cui continuare a riflettere. Una ‘camera delle meraviglie’ caotica e complessiva che risulta dalla sommatoria di tutte le particolari ‘camere delle meraviglie’ che tanti grandi artisti hanno lasciato a chi con loro ha progettato e condiviso momenti unici e indimenticabili.
Gran parte delle opere, alla fine della mostra, resteranno nella disponibilità del Museo Casa Masaccio di San Giovanni Valdarno, perché entrino a far parte della collezione permanente del Museo.
Fabio De Poli ha disegnato, nel 2006, il progetto della grande vetrata nella sala d’attesa centrale dell'Ospedale pediatrico Meyer di Firenze. 42 pannelli per uno sviluppo di oltre 60 metri lineari. I collages preparatori sono un esempio poetico e significativo dell’arte di uno dei maggiori pittori della seconda generazione pop italiana.
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Enrico Baj
Pinocchio per uno spettacolo disegnato, con Enrico Baj, nel 1980, per il Teatro Porcospino. Le avventure di Pinocchio si snodano, naturalmente, tra il Gran Teatro dei Burattini, il Paese dei Balocchi, il Circo. E i personaggi sono ancora l’Omino di Burro, Gatto e Volpe, la Fatina dai Capelli turchini. Con il contorno di ‘improbabili’, patafisiche, presenze pittoriche.
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Milton Glaser
Per la mostra Milton Glaser, Piero della Francesca, voluta in occasione del Quinto centenario della morte del grande artista rinascimentale, con Italo Lupi progettammo un gioco di cavalletti e velari a scandire lo spazio barocco della Chiesa di Sant’Ignazio in Arezzo. Le luci dei candelabri, riflesse sulle cornici, disegnavano un gioco di rimandi luminosi in contrasto suggestivo con l’oscurità severa della chiesa.
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Leo Lionni
La matita e il pennello di Leo Lionni (1910-1999) corrono, per più di mezzo secolo, con agile disinvoltura dalla grande pittura, alla scultura, al design, all’illustrazione di deliziosi e importanti libri per l’infanzia. Sempre con una vibrante e profonda tensione morale.
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La matita e il pennello di Leo Lionni (1910-1999) corrono, per più di mezzo secolo, con agile disinvoltura dalla grande pittura, alla scultura, al design, all’illustrazione di deliziosi e importanti libri per l’infanzia. Sempre con una vibrante e profonda tensione morale.
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Gianni Fanello
Il laboratorio di Gianni Fanello, nella bellissima casa del Mandorlo, nei pressi di Monteriggioni, è anche un ‘magazzino’ di incredibili reperti di ferro, legno, rame con cui l’artista realizza le sue opere. Che sono, di conseguenza, ricomposizioni di oggetti che prendono nuova forma e vita nel momento stesso che Fanello li sceglie, li accosta, li salda tra loro.
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Il laboratorio di Gianni Fanello, nella bellissima casa del Mandorlo, nei pressi di Monteriggioni, è anche un ‘magazzino’ di incredibili reperti di ferro, legno, rame con cui l’artista realizza le sue opere. Che sono, di conseguenza, ricomposizioni di oggetti che prendono nuova forma e vita nel momento stesso che Fanello li sceglie, li accosta, li salda tra loro.
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Sergio Traquandi
Per Sergio Traquandi il mondo è una palestra sterminata di cose che si offrono alla riflessione, in un montaggio, smontaggio e rimontaggio di senso. Può essere una pagnotta che diventa simbolo del ‘No nuke’ ("Perché - ci dice - il pane e la pace sono alimenti ed elementi essenziali"), in uno slittamento semantico che trasporta l'dea pacifista nel quotidiano. Oppure può essere una pace 'di strada'. Un vecchio biciclo con una gomma vulcanizzata ad hoc che, con un complicato sistema di inchiostrazione copiato dai rulli di stampa, lascia sull'asfalto un simbolo pacifista che è una dichiarazione d'intenti politica e poetica.
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Per Sergio Traquandi il mondo è una palestra sterminata di cose che si offrono alla riflessione, in un montaggio, smontaggio e rimontaggio di senso. Può essere una pagnotta che diventa simbolo del ‘No nuke’ ("Perché - ci dice - il pane e la pace sono alimenti ed elementi essenziali"), in uno slittamento semantico che trasporta l'dea pacifista nel quotidiano. Oppure può essere una pace 'di strada'. Un vecchio biciclo con una gomma vulcanizzata ad hoc che, con un complicato sistema di inchiostrazione copiato dai rulli di stampa, lascia sull'asfalto un simbolo pacifista che è una dichiarazione d'intenti politica e poetica.
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Ben Shahn
Ben Shahn (1898-1969) si impegnò su temi sociali e politici per tutta la sua vita artistica. Collaborò con il governo degli Stati Uniti quando si trattò di combattere il nazismo, fu naturalmente emarginato durante la caccia alle streghe maccartista all’inizio degli anni cinquanta, si impegnò nel movimento contro la proliferazione delle armi nucleari, guardò con simpatia e adesione al popolo ebreo che cercava la “terra promessa” (e anche all’exodus dedicò disegni e grafica). L’ultimo suo impegno fu contro la guerra in Vietnam.
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Ben Shahn (1898-1969) si impegnò su temi sociali e politici per tutta la sua vita artistica. Collaborò con il governo degli Stati Uniti quando si trattò di combattere il nazismo, fu naturalmente emarginato durante la caccia alle streghe maccartista all’inizio degli anni cinquanta, si impegnò nel movimento contro la proliferazione delle armi nucleari, guardò con simpatia e adesione al popolo ebreo che cercava la “terra promessa” (e anche all’exodus dedicò disegni e grafica). L’ultimo suo impegno fu contro la guerra in Vietnam.
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Emanuele Luzzati
L’ispirazione essenziale di Emanuele Luzzati (1922-2006) è il fantastico, il fiabesco, l’immaginoso; temi continui che tornano e rimbalzano dalla scenografia al costume, dal libro alla ceramica, al cartone animato. Un mondo ricco di curiosità e preciso di riferimenti, quello di Luzzati; una poetica la cui mappa ideale non può non tener conto di archetipi fondamentali come la prediletta musica di Rossini (Il Turco in Italia, Il Barbiere di Siviglia, l’Italiana in Algeri, la Gazza ladra...) e quella di Mozart (Il flauto magico).
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L’ispirazione essenziale di Emanuele Luzzati (1922-2006) è il fantastico, il fiabesco, l’immaginoso; temi continui che tornano e rimbalzano dalla scenografia al costume, dal libro alla ceramica, al cartone animato. Un mondo ricco di curiosità e preciso di riferimenti, quello di Luzzati; una poetica la cui mappa ideale non può non tener conto di archetipi fondamentali come la prediletta musica di Rossini (Il Turco in Italia, Il Barbiere di Siviglia, l’Italiana in Algeri, la Gazza ladra...) e quella di Mozart (Il flauto magico).
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Jean-Michel Folon
Jean-Michel Folon (1931-2005) fu davvero, dagli anni ‘60, l’ultimo grande affichiste. Continuò e concluse l’opera di Cassandre e Savignac. In ogni suo manifesto c’era una sorta di magica autoreferenzialità. L’adesione al tema era un modo per trasportare l’oggetto nel suo universo grafico rarefatto, nei suoi deserti magicamente acquarellati.
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Jean-Michel Folon (1931-2005) fu davvero, dagli anni ‘60, l’ultimo grande affichiste. Continuò e concluse l’opera di Cassandre e Savignac. In ogni suo manifesto c’era una sorta di magica autoreferenzialità. L’adesione al tema era un modo per trasportare l’oggetto nel suo universo grafico rarefatto, nei suoi deserti magicamente acquarellati.
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Giampaolo Di Cocco
Per molti anni Giampaolo Di Cocco è stato lo scultore delle catastrofi. Aerei schiantati al suolo, dirigibili precipitati, autobus sinistrati. Tutti in proporzioni uno a uno, giganteschi reperti in latta e, a volte, piombo, tenuti insieme da cerniere e ribattini. Monumenti alla futilità e alla fragilità dei tempi moderni.
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Mimmo Di Cesare
Accade qualche volta che la scultura si trasformi in architettura. O meglio, che quella componente spaziale cui entrambe le arti partecipano trovi la sua estrinsecazione in un ambiente architettonico – casa, chiesa, stadio – di cui la scultura diventa parte integrante; oppure che lo spazio, scandito dall’opera, faccia di questo un organismo “tettonico” a se stante. (Gillo Dorfles)
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Accade qualche volta che la scultura si trasformi in architettura. O meglio, che quella componente spaziale cui entrambe le arti partecipano trovi la sua estrinsecazione in un ambiente architettonico – casa, chiesa, stadio – di cui la scultura diventa parte integrante; oppure che lo spazio, scandito dall’opera, faccia di questo un organismo “tettonico” a se stante. (Gillo Dorfles)
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Guido Scarabottolo
Il mondo disegnato di Guido Scarabottolo è un mondo solitario, quieto, dove non ci sono mai gesti facili o azioni magniloquenti, quasi privo, com’è, di narrazione evidente. È un mondo abitato da disegnini, da segni di lapis animati dalla poesia, sporcati con il dito e colorati con Illustrator.
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