domenica 20 gennaio 2013

Illustrazione d'antan. 9. Sergio Tofano

Aggiornato, 21 gennaio 2013.


Sergio Tofano nel 1971
Sergio Tofano (1886-1973) fu un attore elegante e raffinato. Sto fu un disegnatore elegante e raffinato. In qualche momento le due eleganze si fusero e il disegnatore elegante prestò la propria eleganza all’attore e uomo di teatro. Il Signor Bonaventura, che era nato nel 1917 sulle pagine del Corriere dei Piccoli, calcò quindi la scena e i set cinematografici, con l’autore nel ruolo principale, ma anche interpretato da altri signori della scena, quali Paolo Stoppa.

L’eleganza di Sto fu sempre misurata e mai sopra le righe; la sua recitazione in punta di voce, più allusiva che urlata, e anche il suo disegno non si legò mai a sguaiatezze e becerumi nazional popolari. Il disegnatore Sto occhieggiò per tutta la vita artistica al decò, all’asciugarsi continuo della linea, alla misura del colore.



La prima tavola del Signor Bonaventura, Corriere dei Piccoli, 1917

Bonaventura nacque nel 1917, abbiamo detto, e nella prima tavola si guadagna una medaglia che si trasformerà, per tanti anni di lì in poi, nel fatidico Milione, che, in tempi di inflazione e di rivalutazione della lira, diventerà un Miliardo.

Il grande Goethe sosteneva che la grande poesia è sempre ‘poesia d’occasione’. Vero? Non vero? Nel caso del signor Bonaventura pare proprio vero. Bonaventura nasce per caso, in stato di necessità. I sottomarini tedeschi rendevano difficile l’arrivo puntuale della posta dagli USA durante la prima guerra mondiale e così il “Corriere dei Piccoli” decise di affiancare ad Arcibaldo e Petronilla e Capitan Cocoricò una produzione autarchica, nazionale e chiese al giovane Sergio Tofano di realizzarla. Nacque così il signor Bonaventura. E, per una felice occasionale necessità metrica, a detta dello stesso Tofano nacque, per trovare una rima al signor Bonaventura sportosi troppo e caduto “di sotto”, “il fido suo bassotto”. Il resto però è virtù creativa di Sto" (Tullio De Mauro)

Bonaventura in scena, 1940
Bonaventura è una vera e propria maschera italiana e ancor oggi come tale viene ricordata. I versetti ottonari che scandivano le sue avventure hanno un andamento rapsodico, sono sempre variazioni sul tema che presuppongono da una parte l’improvvisazione tipica dei canovacci della Commedia dell’arte, ma dall’altra sottopongono quell’improvvisazione al controllo rigoroso della metrica, al suono e al ritmo della recitazione. Tutto questo non solo nelle tavole di fumetto: provatevi a leggere uno dei testi teatrali di Bonaventura e vedrete che non c’è un solo verso che zoppica, che i rimandi di voce a chiasmo tra un personaggio e l’altro sono perfettamente calibrati, che in ogni accento, in ogni pausa di recitazione, in ogni entrata, i tempi metrici e il ritmo che questi dettano sono sempre perfetti. Di perfetta eleganza, ripetendo un concetto e una parola che abbiamo già spesso usato.

Bonaventura e Barbariccia
Elegante il Signor Bonaventura, ma anche distaccato, ottimista nella volontà ma anche pessimista nella ragione. Il mondo che si muove intorno a lui, e che forse non gli piace troppo, si trasforma e prende altra via, meno distaccata e più sanguigna, nelle vicende dei suoi deuteragonisti, soprattutto il perfido Barbariccia, "dalla maschera verdiccia", attore e vittime delle bufere, delle tensioni e i contrasti della società e del vivere quotidiano, che lasciano invece inalterata la fisionomia surreale del protagonista.


Nota però Antonio Faeti che “… Bonaventura, in fondo, rappresenta il contraltare di quell’ottimismo che dovrebbe connotare le sue storie. Già visivamente è assai lontano dalla quotidianità e può spingere chi lo vede a chiedersi se l’evanescenza, se lo strano fascino atemporale che emanano da lui, non siano il frutto di una scelta che, sottilmente, colloca in questo modo l’ottimismo fra le cose più lontane, al livello delle entità più remote che si possono immaginare.”*

Sto, Tre tavole da I cavoli a merenda, 1920




Il Signor Bonaventura è centrale, nell’eperienza artistica di Sergio Tofano/ Sto, ma non è certo episodio unico. Tofano continuava comunque un’altra quotidianità: quella di disegnatore per riviste di moda, per libri illustrati, quella di commediografo e capocomico, di insegnante di recitazione, di scrittore di racconti e romanzi.
Eppure tutto sembra centrato su Bonaventura e anche gli altri momenti ‘autonomi’ ruotano attorno a quell’asse e succhiano linfa da quell’esperienza.
Nel 1921, ad esempio, Sto non seppe sottrarsi a quello che sarebbe diventato quasi un obbligo per tutti gli illustratori italiani: quello di disegnare un proprio Pinocchio.

Sto, due illustrazioni da Pinocchio, 1921



Il Pinocchio di Sergio Tofano deriva direttamente da Bonaventura, è un Bonaventura bambino, potrebbe dirsi, parco di segni ma ricco di movimento, un Pinocchio sobriamente teatrale, se ci si scusa l’ossimoro. In un’epoca in cui dominava già l’edizione magniloquente, ricchissima, quasi bulimica, di Attilio Mussino (con più di quattrocento disegni, tutti in pieno colore) il Pinocchio di Sto ci appare operazione minimale, con le esili linee in bianco nero e le poche illustrazioni. Non ebbe successo, naturalmente, e fu riproposto solo nel 1981 in occasione del centenario della scrittura del capolavoro di Collodi.

"A Pinocchio, Sto affida la sua immagine dell’infanzia: senza legnosità, leggero, flessibile, con un’espressione di stupore sempre fissa sul volto, sembra quasi non appartenere a questo mondo: appare etereo, senza peso, quasi sul punto di sollevarsi da terra..."**
Perché anche il Pinocchio si iscrive a tutto tondo in quella cifra stilistica che Tofano avrebbe conservato per tutta la vita. Quella di una continua, pervicace, ostinata, eleganza.


Antonio Faeti, Guardare le figure, Einaudi, 1972, Donzelli, 2012.
** Valentino Baldacci, Andrea Rauch, Pinocchio e la sua immagine, Giunti, 1981, 2006.

3 commenti:

  1. Conobbi le storie di Bonaventura grazie alla collana "I QUINDICI", dove era pubblicata una di esse. Poi ne scoprii altre in una raccolta. Mi affascinavano tantissimo, forse perchè c'era il lieto fine ma non c'era l'atmosfera da favoltetta, dove tutto finisce bene solamente perchè così vuole la prassi. Sì, anche qui si sapeva già che sarebbe finito tutto bene ma quello che mi rimaneva di queste storie non era il milione finale ma le peripezie che ad esso hanno portato: un mix di fortuna e sfortuna, di coraggio e casualità.
    Affascinante l'aspetto particolare del protagonista, non certo da principe azzurro o eroe, fenomenali le situazioni assurde ma perfettamente inserite nel mondo reale.
    Divertenti letture in cui, personalmente, più che l'intento di imprimere ottimismo, ho sempre percepito l'intento di imprimere onestà.
    Purtroppo non l'ho mai visto in versione teatrale!

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  2. Su you tube ci sono molti spezzoni da Carosello (1959) con Sergio Tofano e Luigi Pavese che recitano Bonaventura e Barbariccia per Lanerossi. Da notare le scenografie e i costumi, molto fumetto, molto surreali, molto teatrali (abbiamo aggiornato il post) .

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  3. Giusto, appena inviato il commento mi è venuto in mente di provare a cercare spezzoni su tou tube, così al volo ne ho trovato uno solo, proverò a riguardare meglio con più calma, grazie!

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