domenica 27 gennaio 2013

Illustrazione d'antan. 10. Antonio Rubino



Antonio Rubino, Autoritratto

Antonio Rubino (1880-1964) è figura centrale nella storia dell’illustrazione italiana del XX secolo; collaborò al Giornalino della Domenica, fu tra i fondatori del Corriere dei Piccoli, per cui ebbe anche a disegnare la testata, arrivò a dirigere, negli anni trenta, il Topolino mondadoriano, e scrisse testi, romanzi, poesie, disegnò scenografie teatrali, illustrò libri e abbecedari per bambini. Il suo stile grafico si mantenne sempre costante e uguale a se stesso, dedicato interamente alla visitazione attenta di un liberty floreale immaginoso, coniugato sempre a misura di bambino. 

Tre illustrazioni per Il Giornalino della Domenica, 1906-1909



Ma il suo stile immutabile e riconoscibilissimo è anche un coacervo di contrasti grafici e concettuali. È geometricamente sobrio ma indugia continuamente in volute e ghirigori di gusto decorativo, è essenziale ma spesso anche ridondante, netto nel bianco nero ma indulgente e affascinato dal colore. In Rubino c’è tutto e il contrario di tutto, in una summa di elementi che non riescono mai a contraddirsi davvero ma che sono, al contrario, l’esaltazione della cifra stilistica, inimitabile, dell’artista.

Copertina di La città di Abaco, Cartoccino, 1928

Copertina e pagina interna di Belle lettere, Istituto editoriale italiano, 1922



Per il Corrierino Antonio Rubino creò le tavole di oltre trenta personaggi che accompagnarono il giornale fin dalla nascita nel 1908. Furono Quadratino, Pierino e l’odiato burattino, ma anche Polidoro Piripicchi, il Collegio la Delizia, Caro e Cora, Kikì pappagallo del Kilì, Luca Takko ecc.
A volte le storie si limitano a poche tavole e scompaiono, altre volte l’andamento iterativo delle pagine del Corrierino diventa un vero e proprio tormentone.

Pierino e l'odiato burattino, Corriere dei Piccoli, 1909

Pierino si vuol disfare dell’ “odiato burattino” e le prova tutte: cerca di bruciarlo, di affogarlo, di abbandonarlo, di distruggerlo in ogni modo e con ogni mezzo, ma il burattino torna sempre a casa, inesorabile e puntuale come una catastrofe da cui non si può scampare.

Quadratino, Corriere dei Piccoli, 1910


E Quadratino, il bambino costruito con riga e squadra che ha per parenti la Nonna Matematica, la mamma Algebra e la Zia Trigonometria, vive disavventure rigorosamente geometriche.

Quadratino, Corriere dei Piccoli, 1910

Ha la zia dimenticata
La dispensa spalancata
Quadratino di soppiatto
V’entra lesto come un gatto.

Ma mentr’ei si dà vorace
A mangiare in santa pace
Tra se stessa la zia pensa
Non ho chiuso la dispensa.

A richiuderla s’affretta
Con due giri di chiavetta
Resta il bimbo prigioniero
In quel luogo nero nero.

Attraverso un finestrino
Cerca scampo Quadratino
E adagin pel foro angusto
Fa passar la testa e il busto.

Ma lo sforzo gli è fatale
La finestra esagonale
Gli ha fornito i connotati
D’un poligono a sei lati.

Fatto esagono ei s’adonta
Ma la mamma giunge pronta
E pian piano con gran cura
Gli ridà la quadratura.


Rosaspina, Corriere dei Piccoli, 1922
Gli ottonari del Corriere dei Piccoli, cui non pende mai un capello (se ne ricordassero, di quando in quando, molti dei poeti contemporanei per bambini e ragazzi cui, di capelli, ne pendono fin troppi!), sono spesso stati giudicati zuccherosi e contrapposti ad una pretesa ‘ruvidezza’, ingenuamente naif, dei primi fumetti americani.  Giudizio in gran parte esatto, certamente impietoso, che con Antonio Rubino non ha però luogo a procedere perché di zucchero, nelle vignette del nostro, ce n’è davvero poco. Si può invece rilevare l’esistenza di un mondo grafico che riduce gli eventi tutti a sua misura, amplificando, riducendo, torcendo e fuorviando. Interpretando e dando misure bambine agli accadimenti, che prendono corpo e sostanza a volta epocale, proprio perché inquadrati da quel particolare punto di vista.

Abbiamo citato l’epopea di Pierino che non riesce a liberarsi del suo “odiato burattino” (forse bastava metterlo in un cassetto e non pensarci più, no?), e a misura di quel giocattolo costruisce tutte le sue ragioni. Ma l’esempio che forse meglio si presta a capire quanto  Rubino si sia avvicinato alle complessità e ai disagi del mondo dell’infanzia resta il suo grande romanzo, Viperetta.

Viperetta, Vitagliano, 1919

Viperetta nasce, cresce e vive nel contrasto: è personaggio dialettico che al mondo adulto, prevedibile e noioso, contrappone sempre la sua personalità ribelle, il suo tentativo di creare un'esistenza a sua immagine, non fosse che, per questo intento, si debba raggiungere la luna. Ma anche lassù Viperetta non cesserà di essere ‘sgradevole’ e ‘irritante’, contrapposta alle famiglie Ghingheri e Gangheri, alla fantesca che è sorda pur di non sentire i suoi strilli, ai principini lunatici e arroganti, alle bamboline paffute, irrilevanti e vuote.
Viperetta si mostra sgradita e difficile già dal suo nome, ma questo è paradigma, in tutto e per tutto, del percorso di formazione della sua personalità bambina, del suo voler crescere libera dai lacci di una pedagogia del consenso ipocrita e, questa sì, parecchio zuccherosa.

Viperetta, Vitagliano, 1919, Einaudi, 1975
Viperetta, Vitagliano, 1919, Einaudi, 1975

Poi, purtroppo, la fine del racconto paga il consueto tributo alla morale dell'epoca; non si può cantare fuori del coro e Viperetta finirà 'svelenita', e farà la 'brutta' fine di Pinocchio, tristemente ridotto a 'bambino perbene'. Viperetta cambierà, in omaggio al suo nuovo look, addirittura il nome:

" - Come intende chiamarsi?
- Violetta! - disse pronta Viperetta. - Avevo il nome di una bestia, ora voglio avere il nome di un fiore.
Così fu che Viperetta fu disinviperita."

Ahimè!

Viperetta, Vitagliano, 1919, Einaudi, 1975

Per saperne di più: Antonio Faeti, Guardare le figure, Einaudi, 1972, Donzelli, 2012;
Paola Pallottino (a cura di), La matita di zucchero, Antonio Rubino, Cappelli, 1978.


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