Antonio Rubino, Autoritratto |
Antonio Rubino (1880-1964) è figura centrale nella storia dell’illustrazione italiana del XX secolo; collaborò al Giornalino della Domenica, fu tra i fondatori del Corriere dei Piccoli, per cui ebbe anche a disegnare la testata, arrivò a dirigere, negli anni trenta, il Topolino mondadoriano, e scrisse testi, romanzi, poesie, disegnò scenografie teatrali, illustrò libri e abbecedari per bambini. Il suo stile grafico si mantenne sempre costante e uguale a se stesso, dedicato interamente alla visitazione attenta di un liberty floreale immaginoso, coniugato sempre a misura di bambino.
Tre illustrazioni per Il Giornalino della Domenica, 1906-1909 |
Ma il suo stile immutabile e riconoscibilissimo è anche un coacervo di contrasti grafici e concettuali. È geometricamente sobrio ma indugia continuamente in volute e ghirigori di gusto decorativo, è essenziale ma spesso anche ridondante, netto nel bianco nero ma indulgente e affascinato dal colore. In Rubino c’è tutto e il contrario di tutto, in una summa di elementi che non riescono mai a contraddirsi davvero ma che sono, al contrario, l’esaltazione della cifra stilistica, inimitabile, dell’artista.
Copertina di La città di Abaco, Cartoccino, 1928 |
Copertina e pagina interna di Belle lettere, Istituto editoriale italiano, 1922 |
Per il Corrierino Antonio Rubino creò le tavole di oltre trenta personaggi che accompagnarono il giornale fin dalla nascita nel 1908. Furono Quadratino, Pierino e l’odiato burattino, ma anche Polidoro Piripicchi, il Collegio la Delizia, Caro e Cora, Kikì pappagallo del Kilì, Luca Takko ecc.
A volte le storie si limitano a poche tavole e scompaiono, altre volte l’andamento iterativo delle pagine del Corrierino diventa un vero e proprio tormentone.
Pierino e l'odiato burattino, Corriere dei Piccoli, 1909 |
Quadratino, Corriere dei Piccoli, 1910 |
Quadratino, Corriere dei Piccoli, 1910 |
Ha la zia dimenticata
La dispensa spalancata
Quadratino di soppiatto
V’entra lesto come un gatto.
Ma mentr’ei si dà vorace
A mangiare in santa pace
Tra se stessa la zia pensa
Non ho chiuso la dispensa.
A richiuderla s’affretta
Con due giri di chiavetta
Resta il bimbo prigioniero
In quel luogo nero nero.
Attraverso un finestrino
Cerca scampo Quadratino
E adagin pel foro angusto
Fa passar la testa e il busto.
Ma lo sforzo gli è fatale
La finestra esagonale
Gli ha fornito i connotati
D’un poligono a sei lati.
Fatto esagono ei s’adonta
Ma la mamma giunge pronta
E pian piano con gran cura
Gli ridà la quadratura.
Rosaspina, Corriere dei Piccoli, 1922 |
Abbiamo citato l’epopea di Pierino che non riesce a liberarsi del suo “odiato burattino” (forse bastava metterlo in un cassetto e non pensarci più, no?), e a misura di quel giocattolo costruisce tutte le sue ragioni. Ma l’esempio che forse meglio si presta a capire quanto Rubino si sia avvicinato alle complessità e ai disagi del mondo dell’infanzia resta il suo grande romanzo, Viperetta.
Viperetta, Vitagliano, 1919, Einaudi, 1975 |
Viperetta, Vitagliano, 1919, Einaudi, 1975 |
Poi, purtroppo, la fine del racconto paga il consueto tributo alla morale dell'epoca; non si può cantare fuori del coro e Viperetta finirà 'svelenita', e farà la 'brutta' fine di Pinocchio, tristemente ridotto a 'bambino perbene'. Viperetta cambierà, in omaggio al suo nuovo look, addirittura il nome:
" - Come intende chiamarsi?
- Violetta! - disse pronta Viperetta. - Avevo il nome di una bestia, ora voglio avere il nome di un fiore.
Così fu che Viperetta fu disinviperita."
Ahimè!
Viperetta, Vitagliano, 1919, Einaudi, 1975 |
Per saperne di più: Antonio Faeti, Guardare le figure, Einaudi, 1972, Donzelli, 2012;
Paola Pallottino (a cura di), La matita di zucchero, Antonio Rubino, Cappelli, 1978.
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