Ma il feeling tra l'artista e il territorio non si limita al retaggio 'pubblico' della sua opera. Zavrel aveva vissuto a mezza costa, sopra il paese, nella frazione di Rugolo, in una casa che aveva trasformato e ampliato, una casa laboratorio 'costruita' in collaborazione con tutti gli amici che, nel corso del tempo, si trasformavano, sotto la sua guida e al riparo della sua personalità prorompente, in carpentieri, manovali e muratori; lasciavano matite e pennelli e, per un sentiero ai limiti della praticabilità, dove giungere in macchina è complesso e tornare indietro difficoltoso, trasportavano pietre e mattoni con cui davano vita e facevano crescere i sogni e le follie dell'artista.
Il nucleo originale della costruzione è quindi andato via via ampliandosi (e anche oggi gli eredi continuano a costruire e ingrandire quel sogno), con archi e muretti, cappelline e saloni di fattura e di inspirazione quasi romanica, con affreschi murali e pavimentazioni che ripercorrono tutte le fantasie modulari, decorative e materiche di Zavrel.
Un buen ritiro, la casa di Stepan Zavrel alle pendici del Cansiglio, esclusivo e partecipato al tempo stesso; un luogo dove si poteva 'ciacolare' intorno al camino (bellissimo, con il fuoco centrale e tre grandi panche che circondano la fiamma che dà luce e calore alla stanza), bere vino bianco, cuocere, con un enorme girarrosto mosso dall'acqua che aziona una grande ruota di mulino, un maiale intero per una festa paesana e amicale a cui avremmo voluto partecipare.
Non vogliamo scomodare paragoni illustri e forse troppo impegnativi (visitando la casa ci venivano in mente la Sagrada Familia di Gaudi e il Palazzo ideale del postino Cheval) ma la 'casa' di Stefan Zavrel, abbarbicata sul monte, protetta dalla natura rigogliosamente verde che gli cresce intorno, ampliata dalle pietre che si accumulano e crescono in continuità evidente con la natura stessa, ci sembra quasi una metafora del come si possa vivere completamente, e in ogni minuto, la propria essenza d'artista. Lo spirito di Zavrel si aggira ancora, quasi fisicamente avvertibile, sotto i noci e i susini selvatici, e dialoga ancora con le pietre sbozzate e i mattoni sagomati che ha lasciato là, a sua futura memoria.
che meraviglia!
RispondiEliminaE' verissimo!! Ho vissuto in prima persona come amica negli anni 60-70 questa esperienza. L'enorme umanita' e disponibilita' verso il prossimo, come era Stephan, non l'ho mai piu' trovato in nessun essere umano. Grazie a Dio che ora i sassi e le sue opere possono parlare per lui!
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