Anche se il portfolio di Attilio Mussino, nato a Torino nel 1878 e morto a Cuneo nel 1954, soprattutto nella sua cinquantennale collaborazione con l’editore Bemporad, è ricchissimo di titoli (da Tom Sawyer a Huckleberry Finn, dal Barone di Münchausen al Ciondolino di Vamba) la sua fama è soprattutto legata ai due personaggi con cui convisse in maniera quasi simbiotica per gran parte della sua vita artistica, Bilbolbul e Pinocchio.
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Bilbolbul, 1908 |
Bilbolbul è, in pratica, le origini del fumetto in Italia: fu pubblicato nel
Corriere dei Piccoli, e comparve fin dal primo numero, il 27 dicembre 1908.
Bilbolbul è un bambino africano (un ‘negretto’ si scriveva allora in tempi non ‘politicamente corretti’) che, nel corso delle sue vicende, sempre scandite in tavole accompagnate da ottonari a mo’ di didascalia, diventa, letteralmente, ‘rosso dalla vergogna’ o ‘verde d’invidia’; è pieno di alacre buona volontà e riesce sempre ‘a farsi in quattro’ ecc.
Bilbolbul trasforma le metafore linguistiche in momenti figurali e di narrazione di gusto surreale. Questa peculiarità è quindi il tratto saliente del personaggio che non vive le difficoltà della trasposizione dal fumetto alla rima baciata (come succedeva agli originali americani), ma si muove su un binario diversamente allegorico (un simile atteggiamento narrativo si troverà, qualche anno dopo nel
Felix-Mio Mao che percorrerà anch’esso i limiti metaforici del disegno). Le tavole di
Attilio registrano questo continuo slittamento semantico, dal testo all’immagine, e in definitiva altro non sono se non una grande celebrazione delle potenzialità del disegno stesso.
Poco più tardi, attorno al 1910,
Attilio Mussino si incontra con l’altro personaggio fondamentale della sua vita d’artista,
Pinocchio, e l’incontro sarà epocale.
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Pinocchio, 1911 |
Pinocchio, che
con
Attilio abbandona la via grafica delle origini, tracciata da
Mazzanti e percorsa da
Chiostri, non ha più il cappello a cono ma una sorta di calottina, non porta più la gorgiera ma un collettone floscio e anche il vestito a fiori di carta manca dei consueti, evidenti, riferimenti al mondo del circo. È una operazione di differenziazione, quasi di riscrittura, che
Mussino porterà a fondo con la famosa edizione del 1911 (oltre quattrocento disegni), la prima a colori, la prima di lusso (lire 12.50: si pensi che fino a quel momento tutte le edizioni, da quella di
Mazzanti del 1883, avevano mantenuto il prezzo di lire 2.50), la prima a ‘tradire’
Collodi per riimmaginare
Pinocchio.
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Mastro Ciliegia |
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Geppetto |
È opera tecnicamente e artisticamente bellissima;
Mussino sperimenta a fondo la sua prodigiosa abilità giungendo a veri e propri pezzi di bravura quale, soprattutto, quello di cambiar tecnica quasi per ogni capitolo, riuscendo a mantenere un andamento formale perfettamente unitario. Oppure come nei ritratti, fuori testo, che introducono i personaggi della storia. Una galleria di tavole di grande formato che spiegano tutta la ricchezza suggestiva del libro ed evidenziano, se mai ce ne fosse stato ancora bisogno, la maestria impareggiabile dell'illustratore.
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Mangiafoco |
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Il pescatore verde |
Non solo qui l’innovazione;
Mussino non si limita al disegno di complemento o accompagnamento al testo; costruisce, bensì, sequenze d’immagine quasi cinematografiche (si pensi alla 'nascita' del burattino e ai suoi scherzi a Geppetto). Forse in questo suo gusto per il movimento non gli fu estranea l’influenza che, innegabilmente, dovette esercitare su di lui il grande disegnatore americano
Winsor McCay, il creatore di
Little Nemo, che proprio in quegli anni veniva presentato in Italia (e la riduzione era affidata a
Mussino stesso), sulle pagine del
Corrierino.
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Winsor McCay, Little Nemo, 1905 |
McCay aveva cominciato a disegnare
Little Nemo nel 1905 e
Mussino deriverà dall’esperienza del piccolo sognatore americano addirittura due serie di ‘fumetti’ dall’impianto se non uguale (ma graficamente si somigliano molto) certo apparentabile:
Tremarella e
Schizzo:
McCay, inoltre, nel 1909, aveva trasposto, quasi per primo, i suoi disegni in un cartone animato:
Gertie the trained dinosaur. Queste esperienze non erano certo ignote a
Attilio che usò l’iteratività dell’azione come momento importante di definizione completa del personaggio.
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Attilio Rubino, Schizzo, 1912 |
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Attilio Rubino, Tremarella, 1911 |
Mentre per quanto riguardava
Mazzanti e
Chiostri gli ascendenti erano stati, per lo più, letterari con, semmai, qualche riferimento agli incisori francesi e tedeschi del secolo diciannovesimo,
Mussino fruga attentamente nella cultura grafica emergente della sua epoca.
McCay come si è detto, ma certamente anche
Outcault. Certe scene dominate dai monelli (il Paese dei Balocchi oppure la battaglia in riva al mare) hanno il sapore di Hogan’s Alley e stupisce di non veder comparire il ghigno beffardo di
Yellow Kid; come stupisce che dietro i carabinieri che stringono
Pinocchio non compaia la penna umorosa di
Gabriele Galantara o d’uno dei tanti, coevi, grandi disegnatori satirici, siano essi
Golia o
Filiberto Scarpelli.
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I Carabinieri |
Non solo: certe figure di animali antropomorfi (il Gatto e la Volpe, per la prima volta vestiti di panni, oppure i dottori che assistono
Pinocchio nella casa della Fata dai Capelli Turchini) sembrano tratti di peso dalla
Vita pubblica e privata degli animali di
Grandville.
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Gatto e Volpe |
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I tre dottori |
Fin qui i riferimenti. Il disegnatore torinese veste però Pinocchio di una sensibilità nuova, meno discreta di quella di Mazzanti e Chiostri. Mussino è estroverso, ridondante, sanguigno; i suoi personaggi, siano essi lungo la via ad assistere all’arresto di Pinocchio da parte del Carabiniere, oppure attenti ai pifferi che annunciano il Gran Teatro dei Burattini, oppure negli spalti del Circo equestre, non sono mai la gente modesta che aveva caratterizzato le tavole angustamente toscane dei predecessori. La folla è ormai, definitivamente, scenario teatrale.
Scrive
Antonio Faeti: “
Mussino colloca Pinocchio in un mondo burlesco, assai vicino al territorio degli affiches degli inizi del secolo... Il libro è pieno di signorotti grassocci in tube verdi e rosse, mentre Mangiafoco sembra un baritono, nell’enfasi di un roboante a solo e l’Omino di burro, conduttore del carro che porta al Paese dei balocchi è clamorosamente pasciuto e rubizzo come i sacerdoti ladroni di Ratalanga. Il clima generale allude a quello del 'Cavallino bianco' o dello 'Zingaro barone' tanto che la Fatina è quasi in costume bavarese...”.
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L'Omino di Burro |
L’edizione di
Mussino, comunque sia, ebbe un successo enorme e conobbe un’infinità di riduzioni e adattamenti. Continua ancor oggi ad essere pubblicata in varie edizioni: di lusso, economica, cartonata, brossurata ecc. Può, per tutta la serie di significati che ha assunto negli anni, essere considerata ‘edizione principe’ del secolo.
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La Fata dai Capelli Turchini |
Per saperne di più: Antonio Faeti, Guardare le figure, pp 192-202, Donzelli, 2012.
Valentino Baldacci, Andrea Rauch, Pinocchio e la sua immagine, Giunti, 2006.
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