domenica 21 agosto 2011

Maestri 5. Mario Mariotti

Mario Mariotti era nato a Montespertoli (Firenze) nel 1936.  Famoso per alcune grandi performance collettive nel quartiere fiorentino d’Oltrarno. I suoi libri più diffusi (Animani, Umani...) gli hanno fruttato il Premio Grafico Fiera di Bologna (1981) per l'infanzia. Tra gli altri premi ricevuti quelli dell’Art Directors Club di New York e del Festival della Pubblicità di Cannes. Muore improvvisamente a Firenze nel 1997.

Mario Mariotti, 1988

Nella primavera del 1988 si inaugurò a Pistoia la prima delle Aree Bambini, che in seguitò si chiamò 'gialla', una delle strutture di punta del progetto pedagogico di quell’amministrazione. Alla giornata inaugurale vennero a giocare e a lavorare con i bambini Roberto Innocenti, Emanuele Luzzati e Mario Mariotti. Mario fece foderare i tavoli da lavoro con dei grandi fogli di carta da pacchi bianca: poi chiese ai bambini seduti: «Cosa avete per colazione?» Chi aveva portato una merendina, chi un panino, chi una schiacciatina, chi un frutto. «Ma – chiese ancora Mario – non vi piacerebbe qualcosa di diverso? Un pollo arrosto, un piatto di pastasciutta, un’aragosta con la maionese? E allora disegnatevela e buon appetito!»

Mario Mariotti, Pistoia, 1988
E i bambini si disegnarono sul foglio bianco, ognuno al proprio posto, il piatto, le posate, il bicchiere, il pane, il companatico, la frutta e il dolce.

Fu un vero banchetto, raffinato e completo. Virtuale certo, disegnato e pasticciato con i colori, ma forse più reale del vero, perché ognuno aveva dato corpo e possibilità al suo desiderio.

Una mattinata di grande fantasia creativa attivata da quelle poche, semplici, parole iniziali: «… allora disegnatevela e buon appetito!»

Era difficile definirlo, Mario. Artista, certo, ma anche designer, artigiano, grafico. Suo era stato il manifesto della mostra di Henry Moore al Forte di Belvedere di Firenze (1972), forse la prima grande esposizione popolare d’arte del dopoguerra, sue le celebri copertine della collana de La Nuova Italia “Il Castoro”, costruite e fotografate tutte con objects molto trouvées, particolari inventati per rendere creativamente visibile, in qualche modo, il nome dell’autore del libro.

Oppure, sempre andando per citazioni che possono essere, e lo sono, casuali note di memoria, a lui si deve il celebre happening delle proiezioni sulla facciata brunelleschiana del Santo Spirito fiorentino con tutti (artisti celebri, studenti, amici del quartiere...) a disegnare suggestioni e tracce dentro la silhouette stampata dall’artista per completare, in un gioco però molto serio, la facciata di un capolavoro dell’architettura rinascimentale che Ser Filippo aveva lasciato incompiuta.



Mario Mariotti, Firenze, Piazza Santo Spirito, 1980

In questo Mario Mariotti era peculiare, forse unico: sempre gelosamente personale, anarchicamente creativo, ma anche, al tempo stesso, singolarmente capace di far lavorare e coinvolgere tutti nelle sue emozioni e nei suoi progetti, siano essi stati, e qui la notazione dovrebbe diventare un lungo elenco di performance urbane, i panni alle finestre di Fire enze, i giochi nell’acqua di Arnò, i trecento e passa quadri appesi alla Stazione Leopolda per Al muro; tutte installazioni collettive, preparate giocando anche su suggestioni letterarie e linguistiche.

Mario era però famoso soprattutto per le mani dipinte. Con esse aveva realizzato molti libri, per Nuova Italia prima, poi per Fatatrac, stampati e diffusi in tutto il mondo. Libri su animali ma anche su uomini (Animani e Umani... fino all’ineffabile Fallo di mano in occasione dei campionati del mondo di calcio “Italia 90”), libri di invenzione e fantasia, libri per insegnare ai bambini (ma anche agli adulti) a guardare la realtà non come è ma come dovrebbe essere e come vorremmo che fosse, come riusciamo a trasformarla magari con un segno di colore.

Diceva Mario che questi libri «[…] hanno una stessa mamma: l’ombra, e le stesse mani: le mie. Differenza è nei verbi, essere e avere. Animani è avere tra le mani un estraneo di natura selvatica, Umani è essere ridotti nelle mani con tutto il corpo che ci è naturalmente domestico».

Mario Mariotti, Animani, Fatatrac, 1980

Mario Mariotti, Umani, Fatatrac, 1987


Mariotti era innamorato della sua città e del suo quartiere (aveva studio e bottega in Oltrarno, via Toscanella) e a Firenze aveva dedicato molta della sua intelligenza e della sua arte. Ma anche molta della sua causticità pungente.
Quando fu posizionato un cassonetto per i rifiuti all’angolo tra via Toscanella e Borgo San Jacopo in una nicchia sovrastante, una delle tante che bucherellano i muri di Firenze, Mario pose una sua sculturina leggiadramente e drammaticamente perfida: un busto di donna altera che distoglie lo sguardo verso l’alto e con una mano si tura il naso. La Madonna del puzzo, oggetto devozionale contemporaneo e popolare, icona assoluta della dilagante incuria urbana.

Mario Mariotti, Firenze, La Madonna del Puzzo, 1990 ca.

Mario Mariotti era comunque un artista; e ci vien voglia di aggiungere un aggettivo, grande, che a lui non sarebbe certo piaciuto. Ma di essere artista lo rivendicava con orgoglio. Resta solo da capire, e non è facile, quale fosse la sua tela, quale il suo blocco di marmo («Che scultore sono se non scolpisco il marmo?»), quale il suo pennello.
Il suo operare artistico sembrava né più né meno che una proiezione della sua intelligenza e il supporto da animare era il contesto in cui si trovava a operare. Solo così si spiega, lo abbiamo già sottolineato, quel suo essere completamente isolato e totalmente inserito in medias res, completamente capace di lavorare con tutti rivendicando, al tempo, una sua completa e speciale autonomia creativa.

"La notte di lunedi primo marzo di quest’anno proietterò la mia immagine sulla luna nuova. Mi proietterò da una collina nei pressi di Firenze e il luogo terrò gelosamente nascosto alle eminenze e ai mercanti perché non ne facciano uso e commercio, e, nelle notti di luna nuova, vi condurrò soltanto le donne e gli uomini che si chiamano Narciso, per riprodurre nel chiaro di luna la loro immagine sconosciuta e comune."

L’artista Mariotti ovviamente non aveva uno 'stile', né cercava di averlo. Lo stile avrebbe preso prigioniera la sua intelligenza, l’avrebbe costretto a ripetersi e quindi ad annoiarsi. Ogni sua opera, ogni performance nasceva invece sempre altrove, da una parola, da un gioco, da un ricordo.
O da un proverbio: «Chi sputa nell’acqua e piscia nel foco, bene ne avrà sempre poco» è posto a esergo di uno dei suoi happening più spettacolari, Fire enze, che giocava, di conseguenza, sul contrasto tra i fuochi d’artificio e l’acqua dell’Arno.

Mario Mariotti, Fire enze, Piazza Santo Spirito, 1985


Per anni ha venduto una serigrafia, continuamente aggiornata e ristampata che lui chiamava il posto a teatro. Era la pianta della disposizione del Teatro Comunale di Firenze, quella che il botteghino usa per vendere i posti degli spettacoli. Il prezzo era quello reale e ognuno poteva comprare la sua posizione e ricevere la serigrafia con la crocetta al posto giusto. Ogni tanto la serigrafia veniva ristampata con gli aggiornamenti e così si andava a costituire il pubblico ideale degli amici di Mario, di tutti quelli che avrebbero voluto assistere (per affetto, per ironia, per complicità!) a quello spettacolo inesistente.

 Forse per ricordare Mario Mariotti non sarebbe stato male riunire tutto questo suo pubblico nel suo Teatro Comunale e tributargli un lungo, commosso, applauso di ringraziamento. Per averci fatto sorridere, per averci divertito e per averci fatto pensare.

Testo tratto da: Andrea Rauch, Il mondo come Design e rappresentazione, Usher Arte, 2009. 

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