venerdì 26 agosto 2011

La stanza di Sara e Pietro


Nel consueto bell’articolo che Andersen, a firma di Walter Fochesato, dedica a quello che potremmo definire l’autore di copertina, nel mese di Settembre si parla di Letizia Galli, fiorentina di nascita, milanese di formazione, parigina di vita.

Proprio questo è il dato e la considerazione iniziale dell’argomentare di Walter, quell’essere uscita, nel 1990, dal mercato italiano in cui aveva operato fino a quel momento. Noi diremmo piuttosto che Letizia non è uscita dal mercato italiano ma è entrata nel mercato internazionale, dove crediamo si trovi benissimo. Saltuari, da quel momento, i contatti con l’editoria italiana e, quasi sempre, di ritorno.

L’articolo di Andersen ci ricorda che il suo ultimo libro pubblicato in Italia è La mitologia. Le avventure degli dei, scritto da Laura Fischetto, e questa notazione ha stimolato un ricordo da cui sarà forse possibile trarre qualche considerazione.

Alla fine del 1987 Laura e Letizia proposero alla Aemmezeta, in seguito diventata De Agostini Junior, una serie di libretti, agili, di piccolo formato, intitolati Nella stanza di Sara e Pietro. Gli argomenti erano di semplicità disarmante: una scatola, una palla, un bottone, capitati chissà come tra le cose dei due fratelli. Seguendo a ritroso le tracce di quei piccoli oggetti si evidenziava un percorso di formazione importante: erano libri apparentemente disinvolti ma mostravano già quali percorsi misteriosi e affascinanti siano alla base dei processi di conoscenza del mondo ‘a misura di bambino’.

La Aemmezeta, allora, si proponeva come casa editrice certamente non di élite, nazionalpopolare si potrebbe dire, con prodotti non sempre raffinati per forma e contenuto, a prezzi contenuti. Diversissima dalla Emme e dalla EL, quindi, la Aemmezeta aveva però una rete di promozione e vendita propria molto forte, inserita nel territorio fino al livello della cartolibreria, allora come oggi difficilissima a raggiungersi per la piccola editoria di qualità.

Il manager della casa editrice non era per niente convinto della proposta delle due autrici e si convinse a pubblicare i tre volumetti della collana solo dopo le loro gentili, ma insistenti pressioni. Difficile sfuggire a due donne sicure e determinate!
I libri furono stampati, mandati in distribuzione e il risultato fu molto modesto, per vendita, dando quindi ‘ragione’ alle perplessità del manager che colse la palla al balzo per chiudere la collana e non pensarci più.



In una riflessione posteriore si sarebbe potuto dire che era stato un errore affidare una moto a chi è abituato ad andare in bicicletta e che l’Aemmezeta, fuor di metafora, non aveva una rete di vendita abituata a promuovere prodotti di qualità e tenore diversi da quelli suoi consueti, ma è restata sempre l’impressione che il relativo 'insuccesso' commerciale fosse stato una 'vittoria' della linea editoriale d’antan, cui derogare era rischioso e inopportuno. Una vittoria, di Pirro naturalmente, della 'preveggenza' e del 'buon senso' di quel manager, che in anticipo aveva saputo vedere il risultato. Conosceva i suoi polli, lui.

La stanza di Sara e Pietro andrebbe oggi riproposta perché, a distanza di quasi venticinque anni, conserva intatta la sua fresca vitalità, ma la considerazione cui volevamo arrivare è un’altra; come sia difficile, a volte impossibile, andar contro le opinioni, le vocazioni e, spesso, i preconcetti della rete di vendita, che resta uno degli snodi fondamentali per ogni attività editoriale, capacissima com'è, per la sua capacità o incapacità, di esaltare o affossare, di promuovere con efficacia o di rendere invisibile qualsiasi prodotto. Le forzature, o anche gli atti di normale coraggio, appaiono sempre, nelle mani sbagliate, delle pericolose fughe in avanti. E quand’anche non lo fossero possono facilmente diventarlo. Ma questa, si dirà, è la scoperta dell’acqua calda.

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