domenica 3 aprile 2011

Le anime della Fiera



Un cadeau portafortuna dal nostro stampatore di Shangai

Confinati come siamo stati per quattro giorni all’interno del nostro stand, poco abbiamo visto della Bologna Book Fair appena conclusa, se non il bar per un panino veloce, il Caffè degli autori per un dibattito o due, una bella sfilata di amici (illustratori, bibliotecari, giornalisti, librai...) che sono venuti a sfogliare le novità,  appoggiare cartelle, libri, giubbotti e a brindare alla nostra salute.
Non sembra quindi la situazione ideale per poter dare un giudizio di merito esaustivo sulla manifestazione, difficile esaltarne i pregi o segnalarne i difetti.

In fila per mostrare il proprio book
Eppure qualcosa crediamo di poterla dire. In positivo e in negativo. Grande sfilata di giovanotti di belle speranze con la cartella sottobraccio, ad esempio, con molti sogni e poche certezze. Qualità tendenzialmente buona (ne abbiamo visti una quarantina circa, lo possiamo ben dire!); book e folder ben presentati, tablet divertenti, molte idee e realizzazioni sostanzialmente accettabili. 
Eppure l’acqua tende a scarseggiare e le papere non riescono quasi più a galleggiare.
Pochi gli editori che hanno continuato a ricevere i talenti prossimi venturi. In moltissimi stand si leggevano gelidi cartelli del tipo “inviare i cv per e-mail” che equivalgono agli “astenersi perditempo” dei vecchi annunci economici oppure ai “manoscritti non richiesti non si restituiscono” che ci siamo spesso sentiti ripetere dai nostri editori fratelli maggiori. Una brutta sensazione complessiva, come se la Fiera stesse poco a poco perdendo parte della sua anima storica, quella fatta di cartelle sotto il braccio, di contatti inaspettati e diretti, di occasioni e porte improvvisamente aperte.

Segno dei tempi, si dirà, ma anche una sconfortante sensazione di perdita di identità. Il libro arretra, l’illustrazione e la scrittura si scostano per lasciar passare il marketing. In molti stand (ben progettati da architetti di sicura stoffa, pieni di luce, di oggetti di bel design, di soluzioni fantasiose e spettacolari!), non c’è quasi più traccia di libri. Ci sono giocattoli, gadgets, hostess, pupazzi e soprattutto serissimi uomini marketing che, nel vuoto assoluto, si rapportano con altri serissimi uomini marketing. Tutti vestiti di grigio, o di blu. Stand costosissimi e raggelanti che somigliano più all’ambulatorio di una clinica medica che non ad un padiglione di offerta culturale, con le hostess-caposala in attesa di consegnare il numerino per l’inevitabile visita radiologica.

Non tutto certo era così, ma la percentuale di spazi che hanno ormai privilegiato la forma a detrimento della sostanza si è senz’altro andata allargando. Lasciando spazio, nella mattinata di giovedi, agli operai di efficentissime ditte di montaggio e trasporto che hanno occupato manu militari gli spazi che gli altri, i visitatori, gli illustratori, gli editori che non riusciranno certo a esaltare il proprio business, avrebbero voluto difendere ancora per guardare illustrazioni, discutere di testi, fiutare le novità. I manager avevano naturalmente già lasciato la Fiera di buon mattino con le loro cartelle di ordini e si affrettavano a rientrare in sede per il week end.

Poi anche gli ultimi brandelli della vecchia anima della Fiera hanno abbassato le loro saracinesche; i piccoli editori hanno riposto i libri nelle scatole di cartone, hanno caricato le scatole nelle automobili familiari e hanno ripreso, anche loro, la via di casa.

Arrivederci all’anno prossimo.


2 commenti:

  1. io sono tutto sommato soddisfatta della fiera di quest'anno.
    da aspirante illustratrice, ogni anno aumentano il coraggio e la faccia tosta.
    però, mannaggia: la coda per mostrare a voi i lavori me la sono proprio persa!!!!
    all'anno prossimo allora!
    buon lavoro a tutti

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  2. Fiera faticosa, come ogni anno, ma piena di persone amiche. Ogni tanto qualcosa di piacevole...

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