mercoledì 28 settembre 2011

Maestri 14. Leo Lionni

Nato ad Amsterdam nel 1910, Leo Lionni passò tutta la vita tra l’Europa e l’America. Futurista della seconda generazione, attivo a Milano negli anni Trenta, nel 1938 emigra negli Stati Uniti a seguito delle leggi razziali. Tra i fondatori della grafica americana moderna. Art director di Time Life, Fortune, Print. Autore di fondamentali libri per bambini (Piccolo blu Piccolo giallo, Federico...) che hanno venduto, nel mondo, decine di milioni di copie. Muore nella sua casa di Radda in Chianti nel 1999. In Italia i libri di Leo Lionni sono pubblicati da Babalibri.


Pezzettino, 1975
(…) Ricerca di identità: a ben guardare ogni opera, ogni libro di Leo Lionni, è fondato su questo elemento.  

Pezzettino intraprende un lungo viaggio nella terra dei mosaici chiedendosi, e chiedendo a tutti ostinatamente, chi egli sia, di quale società, di quale insieme, possa far parte. Cornelius, il coccodrillo che cammina eretto e che quindi vede più lontano degli altri, impara a dondolarsi ai rami degli alberi con la coda e, insegnandolo ai coccodrilli della palude, schiude a tutti un mondo nuovo di conoscenza.

«La vita lungo il fiume non sarebbe più stata la stessa.»

Con la precisazione doverosa che, in genere, il raggiungimento dell’identità cercata dai protagonisti delle storie si realizza pienamente solo in rapporto con il proprio contesto. La consapevolezza di sé passa sempre, nelle storie di Lionni, dal riconoscere appieno la propria natura, nell’accettarla con serenità e nel viverla in accordo con gli altri.

Cornelius, 1983

Swimmy, 1963
Il banco di pesciolini rossi di Swimmy esalta quindi la propria collettività (ma al tempo stesso riafferma anche le singole identità) col disegnare, unendosi a schiera, un enorme squalo, spauracchio per i grandi pesci che prima inseguivano i più piccoli. Naturalmente Swimmy, il pesciolino nero progettista dell’illusione, ne sarà l’occhio, il punto focale e riuscirà in questo modo a trovare un proprio, appagante, ruolo essenziale.

Il piccolo camaleonte di A colour of his own, che non sa rassegnarsi al suo ondivago cambiar di colore ad ogni cambiar di erba e stagione, trova pace solo quando un camaleonte più saggio lo fa riflettere sulla loro natura comune: «Non potremo mai avere un colore tutto nostro?». «Ho paura di no. – ma aggiunse – Perché non stiamo insieme? Cambieremo colore ogniqualvolta ci sposteremo ma tu ed io saremo sempre uguali

A color of his own, 1975

C’è però, come sempre, una significativa eccezione che tende a confermare la regola. Frederick, il topo che raccoglie i suoni, le parole e i colori dell’estate per rendere alla comunità dei topini più sopportabile l’inverno, è forse l’unico personaggio di Lionni pienamente consapevole del proprio stato. Frederick dà soluzione positiva alla fiaba esopica della Cicala e della Formica: «... sognando, e a volte solo sognando, è possibile superare i momenti brutti e grigi della vita

Ma Frederick, come dice il finale della storia, «è un poeta, e lo sa» «... you are a poet! Yes, I know!».
In questo caso la consapevolezza della propria identità è il fulcro essenziale della favola.

Frederick, 1967

Little Blue and Little Yellow, il primo libro per bambini di Leo Lionni, è datato 1959. La notazione temporale non è un semplice dato bibliografico. Nel 1959, a 49 anni, Lionni ha raggiunto la completa affermazione professionale e la piena maturità culturale e artistica. Da quasi dieci anni è il celebrato art director di Fortune, è direttore della rivista di grafica Print, consulente apprezzato del Museum of Modern Art di New York, del Metropolitan Museum, di Olivetti of America. È stato presidente dalla International Design Conference di Aspen e dell’American Institut of Graphic Art. Per non citare la sua amicizia, ormai annosa e fortemente cementata, con artisti quali Ben Shan, Bob Osborn, Sandy Calder. (...)

Little Blue and Little Yellow, 1959

Little Blue and Little Yellow nasce direttamente dall’esperienza grafica di Lionni. Pochi i contatti con l’illustrazione per bambini coeva, ancora fortemente ancorata a bambinerie sciroppose e a rappresentazioni tradizionalissime. Leo Lionni entra nelle nurseries americane degli anni Cinquanta con un libro dirompente, che non offre soltanto una storia edificante e belle illustrazioni, bensì un progetto grafico razionale sostanziato da segni colorati che assumono valore narrativo per la loro straordinaria carica suggestiva.

«Quando sentiamo una parola – è ancora Lionni che parla – prima di associarla a una figura precisa, anzi invece di associarla a una figura precisa, compiamo una sorta di ‘gesto’ interno che ce ne permette l’identificazione. A tutte le parole (casa, albero ecc.) non accoppiamo un’immagine ma un nostro proprio ‘gesto’ interno. Questa è la base comune per l’identificazione degli oggetti e quindi il minimo comun denominatore per ogni astrazione.»

Little Blue and Little Yellow è, naturalmente, pieno dei gesti di cui parla Lionni. Con pochi pezzetti di carta e con l’illusione creata dalla loro disposizione e dal loro muoversi sulla pagina si costruisce un sistema minimo di vita e d’avventura. Seguendo i suggerimenti dell’artista si può davvero pensare che il Piccolo blu e il Piccolo giallo, con le loro avventure domestiche e i loro giochi infantili, siano i gesti di rappresentazione di bambini, ma può anche darsi che siano solo quello che sembrano: pezzetti di carta affidati alla sapienza illusionistica del narratore.

«Mi capita spesso di fare conferenze o lezioni a bambini piccoli. Allora chiedo di disegnare un cane o un gatto o un topo e tutti sanno cosa sono un cane o un gatto o un topo. Poi dico di disegnare un coniglio e ancora non ci sono difficoltà. A questo punto tutti sono interessati e io dico: Adesso disegnate un ‘biba’. Tutti rimangono zitti perché non sanno che cos’è un ‘biba’ che, naturalmente, è qualcosa che non esiste. “Come, dico io, non siete capaci di disegnare un ‘biba’? Adesso vi racconto una storia: un ‘biba’ si trova in un prato quando incontra un altro ‘biba’. Come stai? chiede il primo ‘biba’. Bene, risponde l’altro. Perché non facciamo una passeggiata?” La storia che racconto non ha nessuna importanza ma fa sì che il ‘biba’ non sia più una parola senza significato ma un qualcosa che, si muove, parla, entra in rapporto. Il ‘biba’ comincia ad esistere e ad essere definito non dai suoi connotati ma dalle sue azioni. I bambini cominciano a vedere davvero il ‘biba’. Il passo successivo potrà essere la sua rappresentazione grafica.»

Little Blue and Little Yellow, 1959

Con Little Blue and Little Yellow comincia la riflessione grafica di Lionni intorno al tema dell’identità e a quello della rappresentazione: «Sono convinto che sia molto più facile per un bambino identificarsi nell’immagine di un topo, o di un pezzetto di carta colorata, piuttosto che in quella di un bambino. Il problema dell’immedesimazione è enorme: se il bambino che legge è nero e il protagonista del libro è bianco come è possibile l’immedesimazione? Se il protagonista del libro è un topo il problema non esiste, perché è un simbolo, come lo è Piccolo Blu.»
E ancora: «Nei libri per bambini ci deve essere una metafora decifrabile ma anche qualcosa di indecifrabile... Penso che le cose che un bambino non capisce subito agitino la sua immaginazione, accendano la curiosità: questo è importantissimo.»
Quello del contatto tra il bambino e l’esperienza, tema centrale nei libri per l’infanzia di Leo Lionni, ha giustificazione teorica nella lunga introduzione che Bruno Bettelheim ha dedicato, nel 1985, alla raccolta The Frederick’s Fables:

Fish is fish, 1970
«Nella storia Fish is Fish, la sequenza delle immagini racconta al bambino che due individui identici da piccoli possono, crescendo, diventare esseri molto diversi... La storia è l’esempio di come la nostra immaginazione possa portarci alla deriva se non fa i conti con l’esperienza diretta.
La rana si sforza di dire al pesce cosa sa di un mondo che il pesce non ha mai visto. Le informazioni sono tutte corrette eppure ciò che il pesce fantastica sulla base di quanto ascolta è ben lontano dal vero. Il pesce immagina gli uccelli come pesci con le ali; le mucche come pesci con quattro zampe, due corna e le mammelle; e la gente come pesci vestiti di tutto punto ed eretti sulle gambe. 

Le immagini di questa storia contengono, nella più semplice e diretta delle forme possibili, il pensiero di quel filosofo greco il quale aveva intuito che se una mucca potesse pensare a Dio, gli attribuirebbe le sembianze di una mucca. 
Senza rendersene conto in maniera esplicita il bambino impara implicitamente da queste immagini che se un pesce pensa a tutte le altre creature come se fossero pesci, così anche lui è probabile che commetta lo stesso errore e immagini il mondo nei termini della sua personale esperienza...» (…)

In uno dei suoi ultimi libri, Matthew’s dream, Leo Lionni racconta la sua vita artistica sotto forma di parabola: è la storia del topino Matteo che sogna di essere pittore e di esporre le sue opere nel grande museo.
Le tele che Matteo ha visto in sogno, naturalmente, sono dei grandi Matisse, dei grandi Mirò, dei grandi Lionni.

Testo tratto da: Andrea Rauch, Il mondo come Design e rappresentazione, Usher Arte, 2009.  

Matthew's dream, 1990

2 commenti:

  1. grazie di queste parole davvero preziose! Di quelle con cui ti svegli la mattina e rivedi sotto una nuova luce la tua esperienza professionale e artistica! Il libro da cui è tratto il testo (di Casa Usher?) è ancora in catalogo e disponibile, che voi sappiate?

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  2. Il libro è intitolato "Il mondo come design e rappresentazione", edito nel 2009, e dovrebbe essere ancora in circolazione. È edito da Usher Arte (Casa Usher).

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