Illustrazione di Maurizio AC Quarello |
Quel gesto costò a Rosa Parks l'immediato arresto, ma innescò anche il compatto boicottaggio dei mezzi pubblici da parte della comunità nera. Un boicottaggio che, sotto la guida di un allora sconosciuto Martin Luther King, si protrasse per ben 381 giorni e che generalmente è considerato il punto d'origine del movimento per i diritti civili. La protesta finì solo dopo che una sentenza della Corte Suprema americana "desegregazionò" gli autobus.
Un gesto insomma che segna un punto di non ritorno nella storia della società civile, non solo americana. E pensare che Rosa Parks non si sognava nemmeno, con il suo gesto, di diventare un simbolo della lotta contro la segregazione razziale: anni dopo, a chi le chiedeva il perché del suo gesto, rispondeva candidamente di non essersi alzata dal suo posto solo perché “… mi facevano tanto male i piedi!”
Come tutti i momenti altamente simbolici l'abbiamo bene impresso nella nostra memoria visiva. La vediamo, nella fotografia qui a lato della Corbis/Bettmann, la minuta donnina nera seduta al proprio posto sull'autobus.
Ovviamente, la foto è una ricostruzione, simbolica, a posteriori. Ma al nostro immaginario non interessa: quello di cui ha bisogno è di un'immagine, il più possibile idealizzata, da imprimere ad eterna memoria. Un esempio di "falso" fotografico talmente potente da sopravvivere, come paradigma dell'avvenimento rappresentato, ben oltre la stessa evidenza della ricostruzione.
Ed infatti, è proprio così che in fondo ci piace ricordare Rosa, seduta sull'autobus di Montgomery, Alabama, destinazione Cleveland Avenue, mentre si rifiuta di alzarsi nonostante le minacce dell'autista. Vedendola nella foto, siamo un po' partecipi anche noi della sua piccola, enorme rivoluzione.
Anche il nonno afroamericano che accompagna il nipotino a vedere il Museo Ford e che lo invita a sedersi al posto di Rosa Parks nell’autobus che portava a Cleveland Avenue è partecipe di quella rivoluzione. Ma lui su quell’autobus, quel primo dicembre 1955, c’era davvero; era un giovane che tornava dal lavoro ed era seduto accanto a Rosa. Lui si alzò, però, dal suo posto all’intimazione dell’autista di lasciare il posto ai bianchi. Rosa non si alzò e quei gesti, il suo e quello di Rosa, ancora gli pesano, sessant’anni dopo, sull’anima. Non ebbe abbastanza coraggio e la storia gli passò accanto senza saperla cogliere. In fondo è questa la lezione che il vecchio ha imparato e che oggi cerca di trasmettere al nipote.
“Per questo ti ho portato qui oggi, per ricordarti che c’è sempre un autobus che passa nella vita di ognuno di noi. Io l’ho perso tanti anni fa. Tu tieni gli occhi aperti: non perdere il tuo…”
Bello e asciutto il racconto di Fabrizio Silei che esce in questi giorni, con i disegni di Maurizio Quarello, per Orecchio Acerbo.
Illustrazione di Maurizio AC Quarello |
Un bel libro che Orecchio Acerbo pubblica in collaborazione con Amnesty International e che esce, in contemporanea, in Italia, Portogallo, Spagna, Francia, Germania, Grecia e Brasile.
Fabrizio Silei, Maurizio A.C. Quarello, L’autobus di Rosa, Orecchio Acerbo, 15,00 euro.
Illustrazione di Maurizio AC Quarello |
Nessun commento:
Posta un commento