lunedì 29 agosto 2011

Maestri 7. Seymour Chwast

Seymour Chwast, nato a New York nel 1931, e cresciuto nel Bronx, tra Harlem e Queens, è tra i fondatori, nel 1954, dei Push Pin Studios, che raccoglieranno tutte le forze emergenti e innovative della grafica americana del secondo dopoguerra. 
Dopo la separazione dal nucleo originario, Chwast continuerà a dirigere, fino ad oggi, i Push Pin Studios, con risultati straordinari per intelligenza e creatività.




Seymour Chwast è una delle figure più importanti del design americano contemporaneo. Da quando, nel 1954, con Ed Sorel e Milton Glaser, iniziò l’avventura dei Push Pin Studios, determinanti per cambiare il modo di intendere la grafica nella seconda metà del ventesimo secolo, si occupa di illustrazione, di corporate identity e di brand image. “Push Pin Graphic”, l’house organ dello studio (1955-1981), che Chwast ha diretto fin dal primo numero, è ancor oggi considerata fondamentale tra le riviste di grafica e illustrazione del Novecento.


Chwast interviene nel progetto grafico indifferentemente come designer, come art director, come illustratore. Il suo stile è sempre perfettamente riconoscibile. Disegna prevalentemente a tinte piatte e con una voluta, quasi virtuosistica, assenza di prospettiva. Un disegno brut e raffinato allo stesso tempo.

Attento sempre ai valori etici e sociali del graphic design, Seymour Chwast ha prodotto alcuni dei più duri tra i manifesti sociali e/o politici. Tra questi una segnalazione di merito senz’altro per End Bad Breath (sicuramente uno dei più bei manifesti mai disegnati contro la guerra!), un’incisione su legno colorata a mano, con lo zio Sam che alita bombardieri e che, nel testo, ironizza sui rapporti tra politica, pubblicità, propaganda, commercio. Il manifesto è del 1968 e quella guerra, il Vietnam, fu conclusa da Richard Nixon «con onore» (?) nel 1975. Dopo il 1974, e la separazione da Glaser, Chwast continuerà, fino al giorno d’oggi, ad animare i Push Pin Studios.

Fin qui uno stringato e essenziale testo biografico. Ma Chwast non è certo tutto in questa nota e, se proprio dobbiamo cercare di inquadrarlo, lo vedremmo bene, come il titolo del suo ultimo libro, tutto all’interno delle proprie ossessioni grafiche (The Obsessive Images of Seymour Chwast), alla ricerca della perfetta quadratura del cerchio nei miti disparati della modernità, tra carrozzerie rotonde d’auto sportive anni Cinquanta e scarpe pre-made in Italy, tra maschere fantasmatiche di lottatori messicani e creature “non del tutto umane”. Una raccolta di temi grafici e di ricorrenze visive che non riescono a esaurire la propria “necessità” all’interno della commissione editoriale che le ha originate ma che ritornano costantemente, riaffiorano alla coscienza della matita e del pennello e cercano il loro completo esaurimento in una sorta di “feticismo” disegnato che reinterpreta, maniacalmente, gli stessi soggetti, o le loro infinite variazioni. Alla ricerca, forse, di una pacificazione illustrata.


D’altra parte è anche difficile parlare di pacificazione tanto l’essenza stessa di Chwast, il suo modo d’essere, si compenetra indelebilmente con la sua arte di pittore, illustratore, designer. E quindi l’ossessione tout court per il disegno, e per gli oggetti del disegno, è la sua cifra significante. Ragione sufficiente e necessaria.
Scrive Steven Heller nella prefazione al volume che «... Seymour è la sua arte. Egli è davvero ciò che fa. Le sue mani sono sempre coperte d’inchiostro, i suoi abiti sono sporchi di colore, i suoi capelli intricati di pigmenti», per dire che la sua vita è tutt’uno con la sua espressività e al di fuori di quella nulla può meritare un briciolo di attenzione.



L’esperienza di illustratore di libri per bambini non è forse centrale nella biografia professionale del nostro ma vale comunque la pena di accennarne perché alcune di quelle ‘ossessioni’ di cui abbiamo parlato, compaiono anche qui, e in maniera prepotente. Ci stiamo riferendo ad una passione quasi incontrollata per le nursery rhimes, per le filastrocche, i limericks, che danno spesso origine, nel corso degli anni, ai suoi libri, dai primi tentativi degli anni '70 con Mother goooose, alla recente Ode to Humpty Dumpty.
Naturalmente in quasi nessuno dei casi Chwast si limita a un ‘normale’ lavoro di illustratore ma la sua anima di graphic designer, di progettista visivo, interviene sempre piegando la carta, tagliando bordi, fustellando pagine, scavando all’interno della filastrocca una logica progettuale che forse quella filastrocca non pensava di avere.


Così The House That Jack Built, quasi un pop up, si anima e cresce via via che la filastrocca diventa tormentone e si allunga, aggiungendo personaggi e situazioni che vengono a infittire la pagina, mentre il testo, all’inizio, con pochi versi, di corpo piccolissimo, si ingrandisce in maniera invadente fino al contadino “che semina il grano” insieme a tutti gli altri personaggi “nella casa che Jack costruì”.



Seymour Chwast, The House That Jack Built, Random House, 1973

E Mother Goooose e Limerickricks (in italiano Mamma Ooooca e Tante Riiiime, pubblicati negli anni '70 dalla Emme Edizioni), due volumetti quasi complementari, si muovono nella logica di scoprire a poco a poco il gioco della poesiola, con una piega beffarda nella pagina che nasconde  l’intero disegno fino a che la pagina stessa non viene completamente aperta e svela l’illustrazione intera. Un gioco, si dirà, ma i limericks e le nursery rhimes hanno intrigato, negli anni, le forze migliori dell’illustrazione angosassone, da Maurice Sendak (Hector Protector) a Etienne Delessert (A long long song).




Seymour Chwast, Limerickricks, Random House, 1972

Più recentemente Chwast è tornato sui suoi passi illustrando un testo di Harriett Ziefert contenente un’Ode to Humpty Dumpty, con il poveretto che, caduto da muro, e rottosi la testa, acquista nuova forma e memoria tra le mani di un giardiniere, di un gelataio, di uno scultore e di un architetto fino ad avere un bel ritratto sopra il caminetto del Re perché “…now lives in loving memory”.


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