venerdì 5 agosto 2011

Maestri 3. Paul Rand

Paul Rand nasce a New York nel 1914. Tra i “padri nobili” della grafica americana, lega il suo nome ad alcuni progetti celebri di corporate identity. Oltre a IBM, la più nota delle sue brand images, Westinghouse, Cummings, UPS. Professore emerito all’Università di Yale, negli ultimi anni di vita pubblica alcuni volumi di riflessioni teoriche sul design in cui contrappone la propria visione di rigore metodologico a una certa “caoticità” che gli sembra di riscontrare nelle ultime tendenze della grafica americana e internazionale. Con i testi della moglie Ann pubblica, tra il 1956 e il 1962, quattro libri per bambini. Muore nel 1996.

Paul Rand, 1995
  
Piccolo Uno si sente solo

La trama è essenziale. Il Piccolo Uno cerca qualche altro numero per dare un senso alla sua solitudine. Ma nessuno lo vuole finché non incontra 'zero' e insieme diventano 'dieci'. Un delizioso, semplicissimo libro, scritto e disegnato nel 1962 a New York, pubblicato solo recentemente il Italia, insieme a tutti gli altri libri per ragazzi di Paul Rand, da Corraini.


Paul Rand,  Manifesto per IBM, 1962
Paul Rand è stato un grande maestro di grafica, uno dei padri nobili della Corporate Identity (disegnò quella di IBM, Westinghouse e Next, tra le altre), e del Graphic Design americano. Insieme alla moglie Ann, dalla metà degli anni '50 fino al 1970, produsse quattro albi illustrati di cui questo Little 1 è certo significativo perché riesce a mostrare tutta la voglia di essenzialità degli autori e le grandi potenzialità del disegno di Paul, che non si abbandona mai a compiacimenti inutili né indulge in segni superflui.
D'altra parte il libro è quasi un 'documento programmatico' della nuova via che in quegli anni stava prendendo l'illustrazione per bambini, fuori ormai dall'universo sciropposo degli anni '50 (bimbetti grassocci, con boccucce turgide e occhioni azzurri), nel solco del Piccolo Blu e Piccolo Giallo di Leo Lionni, appena uscito nel 1959, ma ancor più con un occhio alle avanguardie (i 'due quadrati rossi' di El Lissitskji, per dire, o i collages di Matisse).


Paul Rand,  Little 1, 1962

Paul Rand deriva il modo in cui disegna Piccolo Uno da queste suggestioni e questa cultura ma anche dal suo 'normale' lavoro di grafico, da quell'incessante mescolare segno e colore, campiture piatte e disegno, che lo aveva, negli anni, caratterizzato. Rand cerca cioè, in ogni modo, di comporre gli estremi. Vuole essere creativo senza rinunciare alla sistematicità, moderno senza rinunciare alla tradizione, semplice senza essere mai banale, essenziale senza essere sciatto. Ci riuscirà, in questo libro come nel complesso del suo lavoro, da maestro e tanto più i problemi da affrontare saranno complessi tanto più le soluzioni saranno semplici, complete, perfette.

La storia di Piccolo Uno è poi, naturalmente, una storia 'didattica'. Didattica, perché ci 'insegna' qualcosa sui numeri, ma anche 'morale', perché ci parla di solitudine, di esclusione, di rifiuto.


Paul Rand, Copertine per Little 1 e Sparkle and Spin

Scintille e piroette

Scintille e Piroette (Sparkle and Spin), come il Piccolo Uno, fu scritto da Ann Ozbekhan, la moglie di Paul, nel 1957 e si possono ripetere, per questo libro, le considerazioni fatte per Piccolo Uno. Paul Rand, nella sua attività di illustratore, pur naturalmente limitata all'interno della principale attività di designer, cerca di coniugare il massimo di complessità con il massimo di semplicità. Semplicità perché il particolare target, i bambini, impone una semplificazione del linguaggio, anche grafico; complessità perché proprio quel particolare target obbliga a un approccio pedagogicamente accurato e efficace. Quindi mentre nelle pagine, dedicate a tutti i bambini che amano il gelato, scorrono immagini ritagliate con apparente nonchalance e tratti di penna essenziali a completare l'immagine, il testo scritto da Ann (che vuol far riflettere sull'uso, il significato, l'importanza delle parole), si muove in un universo di collegamenti di senso.


Paul Rand, Sparkle and Spin, 1957

A cosa servono le parole? Le parole servono per far uscir fuori quello che ti capita di pensare e sono il modo per ricordare quello che potresti dimenticare. Le parole si possono urlare o sussurrare, possono avere il suono del tuono e annunciare la tempesta, possono dire però anche 'svegliati che è una bella giornata'.
Ancora una storia didattica dunque, che cerca di creare contatti tra le esperienze, che riflette in maniera creativa sulle cose.



Un libro essenziale e prezioso, creato, come ci ricorda Steven Heller nella sua monumentale monografia su Paul Rand, in una sola lunga seduta di lavoro. Ma con alcune abilità sintattiche che ritroveremo in tutta l'opera di Rand: dall'uso del lettering ritagliato ai disegni di matrice gestaltica, alle interazioni tra pieni e vuoti che creano figure efficaci e immediate.


Paul Rand, Copertina per Quante cose so, (1956, edizione italiana 2009)

Un rapporto esemplare (sottolineato e esaltato anche dal terzo libro di Paul Rand, Quante cose so, una ‘storia senza storie’ si potrebbe dire), tra creatività e progetto, tra fantasia e ordine, tra semplicità e complessità, che fu uno dei più rilevanti aspetti di quella stagione della grafica americana e mondiale.

Testi di Andrea Rauch tratti da Socialdesignzine, 2006-2009


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