Bruno Munari |
Cercando rose nell'insalata
Nella nebbia di Milano, Emme 1968 |
Era il 1968 e il libro si chiamava Nella nebbia di Milano. Si avanzava in tram verso la periferia milanese attraverso una nebbia fatta di fogli di carta trasparente stampati in nero opaco. La nebbia era quasi tattile ma si diradava mentre ci si avvicinava «alle luci rosse e gialle del gran circo» dove si celebrava, poi, il completo trionfo della cartotecnica.
Pagine diverse, coloratissime, fustellate, tagliate, bucate. Ogni apertura una sorpresa, un’emozione nuova, un gioco diverso; perché Bruno Munari ha sempre giocato a suscitare emozioni, raccogliendo e manipolando oggettini minuti, trasformando piume, pietruzze o ritagli di carta.
Nella nebbia di Milano, Emme 1968 |
Ed è singolare che una delle figure più importanti del visual design contemporaneo (della cultura del progetto, quindi) fosse tanto interessato sia alla razionalità della progettazione quanto alla casualità con cui le idee possono associarsi e mescolarsi tra loro.
Ogni oggetto ha, per la curiosità fanciulla di Munari, una vita propria determinata non solo dall’uso ma anche, potremmo dire, dalle possibilità di uso che offre. Il catalogo completo della sua opera è quindi anche un campionario di oggetti possibili, di metamorfosi delle forme, di reinvenzione del quotidiano. Con quell’anarchia di fondo, quell’insofferenza delle regole, che diventa totale libertà creativa per sé e rispetto profondo per la fantasia di ognuno.
Filastrocche in cielo e terra, Einaudi, 1960 |
Le pagine di quel libro, lo avrete già capito, sono completamente bianche (Cappuccetto bianco sulla neve bianca) ma proprio per questo illustrano in maniera perfetta la storia.
Rose nell'insalata, Einaudi, 1982 |
Bruno Munari era, ovviamente e continuamente, attirato dalle cose piccole; dalla forma di un sasso (che poteva essere un’isola), da un intreccio di fili colorati, dalle rose che si possono stampigliare con un gambo di insalata, o un grumo di carciofo, e un tampone d’inchiostro.
Scimmietta Zizi, 1953 |
«Per progettare un giocattolo in maniera corretta – scriveva – bisogna immedesimarsi nella natura infantile. Considerare ciò che un bambino può aspettarsi da un giocattolo. E siccome il bambino è di fronte al mondo in maniera globale, non si può progettare un giocattolo che sia solo bello da vedere, senza preoccuparsi che sia anche piacevole da toccare, che sia modificabile, trasformabile, smontabile... Meglio ancora è insegnare ai bambini a costruirsi da soli i propri giocattoli.»
Durante la preparazione della mostra Disegnare il libro (Bologna, 1987), che si occupava della grafica editoriale nel secondo dopoguerra, Munari ebbe a dire:
«Mi si chiede come sia possibile conciliare il mestiere di graphic designer con quello di industrial designer e questo con quello di illustratore e poi magari con quello di pittore [...]
Un gatto ha le unghie, ha il pelo, ha le zampe agili e la coda flessuosa: tutti elementi che fanno parte di lui e lo definiscono. La personalità di qualunque artista dovrebbe sempre essere così, curiosa e variegata, complessa, capace di intervenire su ogni singola operazione con un rapporto pieno e aderente al momento. Purtroppo spesso non accade questo; l’artista, sia che gli si chieda di progettare un barattolo o un libro, pensa in modo univoco e progetta nel suo stile senza troppi sforzi di riferimento al problema che viene posto. Eppure Leonardo non faceva così. Quando disegnava la Gioconda non si poneva il problema, anche tecnicamente, nello stesso modo di quando progettava idee di idraulica o di meccanica.
Ecco, Leonardo interveniva rapportandosi con l’oggetto, come il designer dovrebbe sempre fare.»
Tantibambini, Einaudi, 1971 |
«Per un designer la collaborazione è sempre utile, spesso indispensabile. Un esempio. Quando ho progettato per Einaudi la collana ‘Tantibambini’ ho commesso, insieme però a tutto il comitato di redazione della casa editrice, l’errore di non interpellare un libraio. Cosa era successo?
Semplicemente che abbiamo cercato di coniugare la qualità con il prezzo e abbiamo dato alla libreria un prodotto a prezzo tanto basso da non incentivarne la vendita. I librai non erano motivati ad appoggiare l’operazione e si ebbero dei veri boicottaggi.
Senza il necessario appoggio della rete di vendita ogni operazione editoriale corre seri rischi.
Fu una grande delusione ma anche una bellissima esperienza complessiva. E pensare che nacque quasi per caso. Durante una riunione del comitato di redazione mi accorsi, infatti, che tutti parlavano di libri per bambini confondendoli con quelli per ragazzi. Lo dissi, e Giulio Einaudi prese la palla al balzo.“Falla tu, allora, una collana di libri per bambini!” E io la feci.
Tantibambini, Einaudi, 1971 |
Alla collana collaborarono, poi, non solo illustratori ma anche grafici che per la prima volta si avvicinavano allo specifico bambino: Pino Tovaglia, Giancarlo Iliprandi, André Francois, Ferenc Pinter, per fare solo qualche nome.»
Testo tratto da: Andrea Rauch, Il mondo come Design e rappresentazione, Usher Arte, 2009.
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