mercoledì 23 gennaio 2013

I balli del Carnevale

I giorni di Carnevale sono forse il momento in cui più evidenti appaiono gli elementi di quel processo di ‘opposizione’ nel quale l'antropologo Claude Levi-Strauss, ad esempio, situava una delle chiavi per interpretare e capire i riti e miti della società.

Pieter Bruegel, Il Corteo di Carnevale e Quaresima, 1559

Opposizione storica, innanzitutto, tra Carnevale e Quaresima, come nel famoso dipinto di Bruegel, mondi che si contrappongono tra allegria e mestizia, ascesi e crapula, mortificazione e godimento. Ma anche opposizione economica e sociale tra ricchezza e miseria, fame e sazietà.
Carnevale è il momento di sfogo, la valvola di compensazione che il potere concede al subalterno e in cui ogni licenza può essere permessa a patto che poi ci sia sempre un ‘mercoledi delle ceneri’ a riportare al suo posto l’ordine debitamente costituito.

Carnevale si situa temporalmente a metà inverno, nel buio, anche metaforico, della maschera che protegge e nasconde; a Carnevale l’uomo può essere donna, il povero ricco, i ruoli possono essere mischiati e invertiti. Ma, attenti, solo semel in anno

Johannes Lingelbach, Il Carnevale romano, 1651

Le maschere fanno con naturalezza parte di questo ordine disordinato. Nascondono il volto perché il loro carattere deve essere collettivo e non ha quasi bisogno di lineamenti propri; è il corpo che recita, gestuale, il suo canovaccio semplice e eterno. La maschera non ammette il grigio, è sempre bianca o nera: sempre affamata come Pulcinella o Arlecchino, sempre avara e gretta come il Magnifico Pantalone, sempre tronfia e vuota come il Dottor Balanzone.

Carnevale e i suoi personaggi recitano il conformismo dell’anticonformismo, anche se oggi si riferiscono a un universo rituale che non esiste più e di cui si conserva solo un ricordo sociologicamente pallido.


I Balli di Sfessania

La raccolta più completa e suggestiva di maschere e tipi della tradizione carnevalesca italiana si deve alla penna e al bulino di Jacques Callot (1592-1635) che visse e lavorò a Firenze dal 1612 e incise la serie di acqueforti dei Balli di Sfessania al suo ritorno in Francia, a Nancy, nel 1621.

Le maschere di Callot sono popolaresche, a volte (spesso) laide e scurrili, ammiccanti, sfrontate. Danza come motivo di liberazione dalla miseria del quotidiano, maschera come elemento di tipizzazione del carattere del personaggio, ma anche travestimento sotto il quale l'anonimato consente ogni licenza.



I Balli di Sfessania sono anche stati spesso accostati all'iconografia della Commedia dell'Arte, che si fa risalire alla fine del Cinquecento ed è la forma di teatro destinato, da quel momento, non più soltanto ai ceti nobili, ma anche al divertimento del popolo.

Le maschere della Commedia dell'Arte (Arte intesa come mestiere, teatro quindi 'professionale') sono tipologie fisse (servi astuti e sciocchi, padroni avidi e avari, dottori tronfi e presupponenti, capitani vanagloriosi, servette intriganti...). I canoni della Commedia dell'Arte, che si recitava 'a soggetto' e di cui restano canovacci, e anche alcune trascrizioni (commedie) complete, restarono validi per quasi due secoli e furono superati solo dalla metà del Settecento quando Carlo Goldoni propose la sua famosa 'riforma' che dette il via all'affermarsi di un teatro borghese moderno.

















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