martedì 29 gennaio 2013

Alice in Steadmanland

It is difficult to explain in words what the pictures are trying to say, and therefore my explanations are not precisely what I had in mind because they add shades of meaning which are not there. The reader can only interpret them in his own way, bringing his own observations to bear on the image he is looking at, so that he may agree or disagree with what I have tried to convey. When I set out to draw an idea, part of that idea is not yet formed and only takes shape and reveals itself as the drawing progresses. Consequently, the drawing acquires a life of its own and virtually takes over the direction it will follow – or so it seems.Ralph Steadman




Se, come dice Ralph Steadman commentando i suoi famosi disegni per Alice in Wonderland (usciti in Italia nel 1967 in un sontuoso in-folio edito da Milano Libri, oggi purtroppo pressoché introvabile), l’idea originale delle tavole s’era andata via via modificando e precisando mentre il lavoro prendeva corpo, è anche vero che il punto di partenza stilistico e artistico era del tutto definito e la chiave di lettura che l’illustratore offriva al lettore, chiarissima.




Si era nel 1967, abbiamo detto, e non v’è chi non veda, nelle tavole del grande artista inglese, l’eco della popop art, sopratutto, in quel modulare geometrico e rigoroso delle tavole, nelle campiture quadrettate in bianco e nero. Non solo, perché il segno della penna di Steadman si intreccia, si complica in tratteggi complessi che, se nella parte concettuale richiamano la grande lezione di Steinberg, da questa se ne allontanano perché la linea non cede mai alla semplicità assoluta ma si arrampica in virtuosismi grafici ai limiti dell’astrazione.


Poi, sotto traccia, si trova in Alice anche una vena ironica mal dissimulata, una lettura moderna del testo e dei suoi personaggi. Alice non è più, nei disegni di Steadman, quella fanciullina saccente e inteccherita, noiosetta e, in fondo in fondo, antipatica, che ci avevano mostrato i disegni famosi di John Tenniel, ma una ragazzetta pop, fan magari dei Beatles o dei Rolling Stones, che si veste in Carnaby Street, modernamente scarmigliata, dai tratti sghembi e assai poco vittoriani, inquieta e nervosa.




Anche gli altri personaggi del libro si riferiscono e si ispirano alle realtà della cronaca e agli umori di quegli anni sessanta ma oggi, quasi cinquant’anni dopo l’uscita di quell’edizione del libro, la cronaca si è decantata, si è fatta storia, e resta soltanto la sostanza artistica delle tavole. Che restano, al dunque, bellissime anche se, abituati ai disegni consolatori di Tenniel, che aveva dettato nel tempo quasi la ‘lezione autentica’ di Alice, sono state sempre considerate “troppo raffinate, per essere davvero popolari”.

Lewis Carroll, Alice nel Paese delle Meraviglie, illustrazioni di Ralph Steadman, Milano Libri, 1967.


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