venerdì 9 dicembre 2011

La Cantata dei Pastori e il Presepio napoletano



L'arcangelo Gabriello

Se oggi noi possiamo interpretare correttamente i modi della rappresentazione del presepio napoletano, certo il più importante in Italia, è per l’esistenza di un testo che con quella tradizione si intreccia saldamente: non è un testo popolare, ma per il popolo, scritto nel 1698 da un letterato di non modeste qualità, Andrea Perrucci. Ha un titolo torrenzialmente barocco (Il vero lume tra l’ombre, overo la Spelonca arricchita, per la nascita del Verbo umanato. Opera pastorale sacra), ma in verità è noto più semplicemente come Cantata dei pastori.



Maria e Giuseppe vanno verso Betlemme dove nascerà il Bambinello e nel loro viaggio saranno in parte accompagnati da due sconclusionate ‘maschere’ napoletane, lo scrivano Razullo, chiamato a ‘Bettelemme’ per collaborare al censimento, e il barbiere ‘pazzo’ Sarchiapone, piovuto in Terrasanta da chissadove.

Il viaggio di Maria e Giuseppe

Maria con Sarchiapone e Razullo

Col teatro popolare la Cantata ha un singolare rapporto, perché da un lato vi attinge, pigliandone i personaggi - vere maschere buffe e parenti di Pulcinella - inventando una fantasia natalizia surreale e sulfurea, dall’altro perché pretendeva proprio, assumendone i modi, di mitigare il linguaggio e la teatralità, spesso licenziosa, del dramma popolare sacro. L’opera ha avuto però un contrappasso caratteristico: da tre secoli viene rappresentata a Napoli da comici improvvisati, che ne hanno via via rifatto il copione a loro uso e consumo, riscrivendola a loro volta con più sguaiatezze fescennine. La sua relazione col presepio popolare napoletano non è né casuale, né tenue: né mancano anzi tentativi recenti di un’antropologia del presepio napoletano che mette a nudo i risvolti magici e le mosse di un autentico rituale iniziatico (il viaggio e le prove - il bosco, il torrente -  che si frappongono a Giuseppe e Maria) che si nasconderebbe nella Cantata.

Ruzullo, scrivano

La struttura scenografica e compositiva del presepio popolare napoletano è direttamente influenzata dalla Cantata dei pastori che ne costituisce l’ossatura ideale e mescola il suo narrare con quello dei vangeli apocrifi e con altre tradizioni popolari del sud, a metà strada tra il cristiano, il pagano, il magico.
Tutto il presepio popolare si costruisce su un monticello di sughero e legno a più strati (lo ‘scoglio’) che, con la sua struttura piramidale, suggerisce lo svolgersi della storia e condiziona i personaggi nel loro viaggio.

I pastori Benino e Armezio

Perché di un viaggio iniziatico vero e proprio si tratta, con il Castello di Erode posto in alto e la capanna del pastore e del pastorello addormentato (Armenzio e Benino nella Cantata) poco più in basso. Tutta la struttura riflette l’idea della Cantata, un viaggio d’iniziazione verso gli inferi, durante il quale i protagonisti – Razullo e Sarchiapone - devono superare le tentazioni del demonio, (disseminate in una casbah affollata di botteghe e ricettacoli), ultima delle quali è il miraggio di una colossale abbuffata nella grotta/bettola.




Le interpretazioni magiche del presepio napoletano insistono anche nel collegamento con un rituale del culto dei morti, che la nascita miracolosa esorcizza. Tutte le stradine e scalette che conducono pastori e popolani dallo ‘scoglio’ verso la grotta santa, sono in discesa: verso un baratro, ove, alla fine del groviglio dei vicoli, si porrà l’alternativa della elavazione o della condanna, dei piaceri sensuali o della redenzione
La strada del presepio attraversa villaggi operosi di artigiani e venditori, piazze occupate da carretti di frutta, di pesce, di formaggi; nel mezzo dell’abitato non è infrequente trovare, mescolati, gli attori di altra mitologia profana (Pulcinella, la Vecchia del Carnevale, il Turco Napoletano, o’ Pazzariello...).

Cidonio, il cacciatore

Ruscellio, il pescatore
Molti sono gli ostacoli che Giuseppe e Maria (aiutati dal cacciatore Cidonio e dal pescatore Ruscellio) dovranno superare prima di trovare rifugio nella grotta della Natività, punto più basso e terminale dello ‘scoglio’.
Accanto, sulla destra, si intravede il carro di vino di Cicci Bacco e a sinistra l’Osteria, dove è spesso oste e commensale Belfegor, il diavolo tentatore che non riuscirà, comunque, a rubare le anime sante di Giuseppe e Maria.

Belfegor, il diavolo

Naturalmente, come dice l’adagio popolare ‘tutti i salmi finiscono in gloria’ e il Bambinello nascerà regolarmente, le forze maligne saranno disperse e i personaggi della Cantata (se visiterete Napoli in questi giorni da qualche parte va sicuramente in scena: memorabile quella di molti anni fa recitata dalla Nuova Compagnia di Canto Popolare con Peppe Barra e Giovanni Mauriello nei ruoli di Razullo e Sarchiapone e con la regia di Roberto De Simone), vi aiuteranno di certo a interpretare la struttura e la simbologia dei tanti meravigliosi presepi, da quelli popolari a quelli colti e aristocratici, che in questi giorni sono anima e cuore di quella città.


I disegni che accompagnano il post sono di Gennaro Vallifuoco e sono tratti da: Roberto De Simone, La Cantata dei Pastori, Einaudi, 2000.


Testi di Alessandro Savorelli e Andrea Rauch da: Storia di Natale, Protagon Editori, 2001.

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