martedì 25 ottobre 2011

Il meraviglioso mondo di Oz


Quando noi oggi leggiamo o sfogliamo il Mago di Oz, generalmente abbiamo negli occhi Judy Garland che canta Over the Rainbow, e poco o nulla sappiamo della simbologia, coperta o scoperta, della storia, delle chiavi di lettura e interpretazione con cui possiamo aprire le porte di quel meraviglioso paese. Certo, possiamo anche non saper niente di tutto questo e leggerci la storia come una gran favola, una girandola di colori e di meraviglie visive, una narrazione incalzante, in cui ogni momento succede qualcosa, dove ogni pagina ci riserva sorprese, avventure e colpi di scena,


Simone Frasca (il suo Mago di Oz, edizioni Prìncipi & Princípi, va in libreria il 27 ottobre) crediamo abbia guardato al testo del libro con gli occhi di un bambino e non sappiamo quanto sia stato sedotto dalle ipotesi di lettura che abbiamo appena citato.
I disegni di Simone ci appaiono freschi e immediati, coloratissimi come il paese del mago, deliziosamente naïf  e certo riferiti ad un modo di fare illustrazione oggi poco praticato se non desueto; vanno indietro nel tempo e attingono ad un patrimonio grafico forse degli anni cinquanta. Poi nei disegni di Simone non ci sono soltanto riferimenti alla storia dell’illustrazione o pseudo ingenuità ‘bambinesi’. Simone Frasca è artista troppo intelligente e preparato, in tecnica e ispirazione, per limitarsi a questo; il suo Mago di Oz si veste quindi di forme originali e ghiotte, essenziali e complesse, ingenue e sapienti al tempo stesso.



Illustrazioni di Simone Frasca, 2011

Detto questo, e accennato quindi alla complessità delle interpretazioni possibili del libro e dei disegni che lo accompagnano, non sarà forse inutile riandare alla storia di quelle interpretazioni. Per accorgersi che anche la più fantastica e irreale delle fiabe può nascondere significati, simbologie, metafore complesse.

Copertina di W. W. Denslow, 1900
D’altra parte il libro di Frank Baum si prestò subito, dalla sua prima uscita nel 1900, alle interpretazioni le più varie. Si passò dalla più sviscerata adesione (Oz fu subito amatissimo dai bambini americani che gli decretarono un successo immediato e completo) alla più stolida avversione. Sottovalutato dalla critica e osteggiato ‘politicamente’ il Mago di Oz visse sempre una vita duplice. In certi periodi per una pretesa lettura ‘socialisteggiante’ fu addirittura bandito dalle biblioteche pubbliche americane.
Negli anni Cinquanta, quelli della caccia alle streghe del senatore McCarthy, in cui anche la leggenda di Robin Hood può essere sospettata di marxismo, qualcuno afferma che le opere di Baum “non hanno alcun valore”, incoraggiano al “negativismo” e fuorviano le menti con un atteggiamento vile verso la vita. (Renato Gorgoni, 1978)


Illustrazione di W. W. Denslow, 1900

Il periodo in cui Frank Baum svolge la sua vicenda, e il luogo in cui la vicenda stessa inizia, una prateria del Kansas, si prestano certamente ad interpretazioni, in qualche modo, se non ‘socialiste’, sociali. La crisi finanziaria e la deflazione che colpirono la società americana alla fine del XIX secolo paiono riflettersi in modo esemplare negli eventi della fattoria in cui cresce la piccola Dorothy e il ciclone che, all’inizio, colpisce quel mondo in difficoltà, sembra voler alludere alla necessità di un cambiamento radicale. È questa una lettura ‘politico-economicistica’, e relativamente recente, del libro, dovuta all’analisi di uno studioso del settore, Hugh Rockoff (1990), che assegna a tutti i fatti e personaggi della storia un ruolo preciso nella politica del momento: così la Città degli Smeraldi dovrebbe rappresentare Washington, la capitale della politica americana, e il palazzo del Mago la Casa Bianca; le Scimmie alate, burlone e ridanciate ma anche asservite al potere, sarebbero gli schiavi afroamericani e addirittura nel Mago di Oz, gran ciarlatano e imbroglione, Rockoff riconosce una caricatura di Marcus Alonzo Hanna, al tempo presidente del Partito Repubblicano statunitense. E così via.

Copertina di John R. Neill, 1913
Più interessante, però, è seguire le piste 'colorate' del libro. Oz è un arcobaleno cromatico continuo; ogni paese che Dorothy attraversa, ogni personaggio che incontra, è caratterizzato da un colore proprio e significante. I Munchkins sono vestiti di azzurro e il loro paese è anch’esso azzurro, la Città degli Smeraldi è verde e tutti sono vestiti di verde, le fate sono bianche ecc.
Il carattere di quelle popolazioni e i loro modi di essere si nutrono del loro colore di riferimento. E se l’azzurro è oggi, come ci ha insegnato Michel Pastoureau, un colore pacato, conformista, che non spiace a nessuno, ecco che il paese dei Munchkins, liberato dalla Strega dell'Est, è tal quale, bello, luminoso, un tantinello noioso, senza conflitti, ed è aiutato dalla buona Strega del Nord, che, vestita di bianco, è immagine di saggezza e di tranquillità. Un po’ noiosa anch'essa, magari.


Copertina di John R. Neill, 1913
Il paese di Oz, la Città degli Smeraldi, è verde e, poiché sin dai tempi antichi il verde è stato una tinta difficile da produrre e rendere stabile, ecco che, per traslato, quel colore è sempre stato associato a qualcosa che cambia, si trasforma, tende a ingannarci (e forse non per caso il paese di Oz è solo un’illusione prodotta dagli occhiali dalle lenti verdi che tutti indossano e che fanno virare ogni colore). Il giallo del paese dei Winkies racconta la viltà, quasi la follia e l’infamità  (caratteristiche che hanno accompagnato, nei secoli, il colore giallo)  di quel popolo, finché è soggiogato dalla crudele strega dell’Ovest.
Per finire con il luminoso mondo di Glinda, la Strega buona del Sud, anch’essa bianca (che regna però su un paese rosso, caldo quindi, passionale, positivo, simbolicamente in marcia ‘verso l’avvenire’), che offre a Dorothy la soluzione dei suoi problemi.

Che, in fondo, chi pensava che Frank Baum fosse un poco ‘socialista’ e guardasse ad una società diversa, non avesse ragione?

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