venerdì 8 luglio 2011

Storie di ombrelli, di paperi e pipistrelli...

          
In questi mesi abbiamo parlato molto di ombrelli. Soprattutto per il dilemma posto da Simone Frasca: papero o ombrello? Il problema era sottilmente identitario e lo scioglimento di Sono quello che mi pare?! appariva ondivago, appoggiato com'era alla sensazione e alla voglia del momento. Ma in questi giorni ci si è presentata un’alternativa altrettanto singolare: e se gli ombrelli fossero degli animali, magari della famiglia dei pipistrelli?

Un altro problema identitario, o meglio un problema di riconoscimento e di consapevolezza. Non loro, degli ombrelli cioè, che si pensa sappiano benissimo cosa sono, ma di chi, entrato in contatto con loro, ne ha tarpato la facoltà di cantare, li ha resi schiavi, e oggi non è più in grado di riconoscerli.


Questo libro di Alice Umana e Agostino Iacurci, La zampa dell’ombrello, appena edito da Orecchio Acerbo, racconta la storia antica di questi pseudopipistrelli con una zampa sola “… che gli umani, col loro solito antropomorfismo, hanno chiamato manico.”

"L'ombrello appartiene alla famiglia del pipistrello. Ce lo confermano l'assonanza
del nome e alcune precise caratteristiche fisiche comuni. Le ali palmate, per esempio, con pelle lucida e impermeabile, il muso stretto e appuntito, la tendenza a dormire rovesciato.
"

“Un tempo liberi di andare per il mondo – scrive Paolo Cesari nella presentazione editoriale per Orecchio Acerbo - non avevano il verso stridulo dei pipistrelli ma quello melodioso delle allodole. Anche se, allora come oggi, non mancavano le stecche...
Cantavano tutt'insieme, cori allegri e gioiosi, fino a quando gli uomini della stirpe Moghnai non decisero di sfruttarne il canto. Gli ombrelli si ribellarono, ma furono vinti e messi in catene. Quel laccio, piccolo ma resistente, che ancor oggi impedisce loro di spiegare liberamente le ali e ne fa degli schiavi al servizio degli uomini. Sono passati secoli da allora, ma nessuno ha più sentito un ombrello cantare.”

Un piccolo libro raffinato ed elegante. Opera prima dei giovani Umana e Iacurci mostra già una precisa personalità stilistica e grafica e un sicuro nerbo narrativo. Ed è proprio qui, secondo noi, la differenza tra La zampa dell’ombrello e Sono quello che mi pare?!, risolto appunto il primo sul piano della narrazione e il secondo su quello della ricerca di un'identità.
Da leggere e guardare entrambi per farne magari il raffronto. In fondo son ambedue storie di ombrelli. O di paperi? O di pipistrelli?


Due aperture da La zampa dell'ombrello, 2011

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