domenica 9 settembre 2012

Jabberwocky: l'inferno del traduttore

Jabberwocky è forse la poesia nonsensical più famosa della letteratura inglese.
Alice la trova ‘al di là dello specchio’ e, mentre la storia che racconta ci appare istintivamente chiara, le parole che la compongono sono, per noi, così fuori di senso da risultare di interpretazione assolutamente e definitivamente ostica.

Sir John Tenniel

D’altronde lo dichiara la stessa Alice:

 – Sembra bella ma è piuttosto diffìcile a capire! (Come vedete, non confessava neanche a se stessa che non poteva comprenderla.) Però mi pare che mi riempia la testa d’idee... Soltanto non so di che idee si tratti. Certo qualcuno uccise qualche cosa: comunque sia questo è chiarissimo...



Orecchio Acerbo pubblica adesso Jabberwocky con i raffinatissimi disegni di Raphael Urwiller e la traduzione di Masolino D’Amico: un atto, come definirlo? d'orgoglio, di sfida, di coraggio, d’incoscienza? Secondo Fausta Orecchio, molto più semplicemente, un atto di grande apprezzamento per i disegni di Urwiller, talento giovane francese in bilico tra fumetto, grafica e libro d'artista.

Un Jabberwocky che non sappiamo se aprirà dibattiti ma che crediamo vedrà alzarsi in piedi molti paladini del politically correct a dichiarare che “questo non è un libro per bambini.” Perché le parole non sono comuni e il loro senso ci appare tosto e incomprensibile. Però, come sosteneva Alice, ci mette in testa molte idee, anche se non riusciamo a capirle appieno.

Lewis Carroll, Jabberwocky, traduzione di Masolino D'Amico, disegni di Raphael Urwiller, Orecchio Acerbo, euro 18,00.

Jabberwocky

‘Twas brillig, and the slithy toves
Did gyre and gimble in the wabe;
All mimsy were the borogoves,
And the mome raths outgrabe.

Raphael Urwiller

Beware the Jabberwock, my son!
The jaws that bite, the claws that catch!
Beware the Jubjub bird, and shun
The frumious Bandersnatch!

He took his vorpal sword in hand:
Long time the manxome foe he sought
So rested he by the Tumtum tree,
And stood awhile in thought.

Raphael Urwiller

And, as in uffish thought he sstood,
The Jabberwock, with eyes of flame,
Came whiffling through the tulgey wood,
And burbled as it came!

One, two! One, two! And through and through
The vorpal blade went snicker-snack!
He left it dead, and with its head
He went galumphing back.

Raphael Urwiller

And hast thou slain the Jabberwock?
Come to my arms, my beamish boy!
O frabjous day! Callooh! Callay!
He chortled in his joy.

'Twas brillig, and the slithy toves
Did gyre and gimble in the wabe;
All mimsy were the borogoves,
And the mome raths outgrabe.

Difficile sempre,  Jabberwocky diventa un campo addirittura minato per il traduttore che dovrebbe tener conto del senso delle parole, delle loro deformazioni vernacolari, della comprensibilità generale.
L’edizione ancor oggi forse fondamentale del ciclo di Alice, redatta e chiosata da Martin Gardner, tradotta da Masolino D’Amico per Longanesi nel 1971, si dilunga sul Jabberwocky con sette pagine di note, spulciando e sezionando ogni parola, ricercandone gli etimo e i suoni in una puntigliosa e quasi funambolica ricerca della quadratura del cerchio.
Molte delle parole, lo certifica lo stesso Lewis Carroll, sono la ricomposizione e la sintesi fonetica di altre parole che, cambiando il suono, assumono nuovi significati mediani.

Un inferno per il traduttore che, alla fine di tutto, dovrebbe anche preoccuparsi di rendere il ritmo metrico del nonsense. Inferno lastricato comunque di ottime intenzioni se è vero che traduzioni del Jabberwocky, come ci attesta Wikipedia, sono leggibili in tutte le lingue principali del mondo.

Sempre in Attraverso lo specchio, sarà Humpty Dumpty ad avventurarsi in una spiegazione ‘letterale’ della prima strofa del nonsense.
Riportiamo il brano nella traduzione di Silvio Spaventa Filippi, perché la predetta versione di Masolino D’Amico, molto filogicamente precisa, introduce nel testo italiano tutte le parole inglesi rendendo in qualche misura faticosa e poco scorrevole la lettura.

Sir John Tenniel

– Sentiamola, – disse Humpty Dumpty. – Io posso spiegare tutte le poesie che sono state scritte... e molte che non sono state scritte ancora.
Questo sonava molto attraente, e Alice ripetè la prima strofa:

S’era a cocce e i ligli tarri
girtrellavan nel pischetto,
tutti losci i cincinarri
suffuggiavan longe stetto.

– Basta per cominciare, – interruppe Humpty Dumpty: – qui vi sono molte parole difficili. “Cocce” significa le dieci della mattina, l’ora in cui si comincia a cuocere i cibi per la colazione.
– Bene, – disse Alice, – e “ligli”?
– Ligli significa agile e limaccioso.“Li” è lo stesso che “attivo”. Due significati in una parola sola.
– Ora comprendo, – osservò Alice pensosa, – e che sono i “tarri?”
– “Tarri” sono degli esseri simili ai tassi... alle lucertole... e ai cavaturaccioli.
– Che creature strane che debbono essere!
– Sì, – disse Humpty Dumpty, – e fanno i nidi sotto le meridiane e vivono di formaggio.
– E che vuol dire “girtrellare”?
– Girtrellare vuol dire ruotare come un giroscopio e far buchi come un trapano.
– E il pischetto?
– La zolla d’erba intorno alla meridiana. È detta pischetto perché si espande un po’ innanzi e un po’ dietro la meridiana...
– E un po’ da ogni lato, – aggiunse Alice.
– Appunto. “Losci” poi vuol dire deboli e miserabili (ecco un’altra parola con due significati... come un portamonete con due tasche). E “cincinnarro” è un uccellino con le piume piantate come
aculei intorno intorno al corpo; una specie di strofinaccio vivo.
– E “suffuggiare”? Mi dispiace di darvi tanto disturbo.
– Vuol dire qualche cosa tra muggire e fischiare, con una specie di starnuto in mezzo: però tu lo sentirai fare... nel bosco laggiù, forse; e quando l’avrai sentito, sarai contenta. “Longe stetto.” Non
ne sono certo, ma mi pare voglia dire lontano senza tetto. Stetto, senza tetto... per dire che avevan smarrita la strada. Chi è che t’ha ripetuto tutto questo brano difficilissimo?
(traduzione di Silvio Spaventa Filippi)


Avevamo usato la versione di Spaventa Filippi per la nostra edizione di Attraverso lo Specchio e, confessiamo che la motivazione principale della scelta era stata  la facilità con cui il traduttore aveva saputo rendere, nell’arco di tutto il libro, le filastrocche, i limericks e i nonsense che lo infarciscono. Ma Spaventa Filippi era stato il primo direttore del Corriere dei Piccoli: come dire che di ottonari se ne intendeva parecchio.


Giabervocco

S’era a cocce e i ligli tarri
girtrellavan nel pischetto,
tutti losci i cencinarri
suffuggiavan longe stetto.

Figlio attento al Giabervocco:
ha gli artigli ed ha le zanne,
ed attento, attento al Tocco,
e disprezza il frumio Stranne!

Egli prese in man la spada,
da gran tempo lo cercava,
e sull’albero di nada
in pensiero riposava.

Mentre stava sì in pensiero
ecco il Giabervocco appare
per il bosco artugio e fiero
tutte alunche fiamme pare.

Uno e due! Ecco che fa
l’itra spada zacche, zacche.
L’erpa testa ei lascia, e va
galonfando pel pirracche.

“Hai ucciso il Giabervocco!
Vieni, figlio, che t’abbracci,
vieni, figlio, al bardelocco
dei dì lieti di limacci!”

S’era a cocce e i ligli tarri
girtrellavan nel pischetto,
tutti losci i cencinarri
suffuggiavan longe stetto.

(traduzione di Silvio Spaventa Filippi)


1 commento:

  1. Un vrai couchemar....Capisco la difficoltà. Non sarei assolutamente in grado di tradurre questi versi.

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